֎ Stiamo assistendo alla parte conclusiva della fine della nostra civiltà. Troppe guerre, tanta violenza e la fine di valori fondamentali come quello della vita, della dignità dell’uomo e del nostro pianeta. Il ruolo delle multinazionali ֎
Sono decenni che l’ambientalismo denuncia la necessità di tagliare il cordone ombelicale fra politica ed economia. Ma i partiti, per qualche anno in più di potere, preferiscono glissare e andare avanti.
Ma ora la situazione è diventata altamente pericolosa e, combinata con la crisi climatica, sta diventando un De Profundis per l’umanità.
La guerra civile spagnola rappresentò una messa a punto delle alleanze fra ideologie contrapposte che, altro non erano se non un confronto fra sistemi economici.
Poi, con la seconda guerra mondiale, le potenze pensarono bene di dividere il mondo in aree di dipendenze precise. Ora, guardando le cose a distanza e, senza snocciolare i vari punti deboli di quell’accordo, è facile dire che in realtà non siamo mai usciti da uno stato di guerra.
Ora, con il conflitto in Ucraina ed ancor più con la situazione africana e il confronto armato fra eserciti in Sudan, l’economia è entrata direttamente a gestire i suoi interessi; dopo aver devastato quel continente con lo sfruttamento senza regole delle risorse che ha portato alla creazione di milioni di profughi, alle guerre, alla corruzione e ad un disastro incalcolabile dal punto di vista ambientale.
Gli oligarchi, quindi, hanno fatto quel passo in avanti che ancora mancava: un esercito. In Russia sono in corso le prove generali con l’esercito Wagner, nato nel 2013 per volontà dell’oligarca Evgeny Prigozhin, e negli Usa, l’uscita antidemocratica di Trump è fallita proprio in mancanza di un esercito. Anche se va sottolineato che esiste un potere gigantesco che è quello dei fabbricanti di armi.
Purtroppo, visto l’andamento della politica, non c’è da stare tranquilli. E fare una scelta di campo, senza intercettare e rendere inoffensivi i burattinai, non serve.
Se non si isola il potere economico il nostro destino è segnato.
Braccio operativo sono le multinazionali. Un allarme fu lanciato a Rio de Janeiro nel 1992 e in un libro del 1994 scrissi: «C’è un altro soggetto, quasi sempre in ombra, che compare nelle questioni di regolamentazione e riequilibrio globale: le multinazionali. Questi potentati economici, sorti con la maturità del sistema capitalistico, dialogano direttamente con i governi, determinano scelte economiche, condizionano lo sviluppo di una nazione. Hanno stravolto completamente i processi e il sistema di diffusione e produzione delle merci, si sottraggono all’identificazione.
«L’industria ottocentesca era individuabile in un padrone, in un processo di produzione, in un rapporto col territorio e con la gente, nel bene e nel male. Ma soprattutto aveva nel tempo un riferimento preciso, anzi era soggetta al tempo e allo spazio.
«La multinazionale, con i suoi programmi di ricerca e sviluppo a lunga scadenza, esce da questi canoni. Con il sistema di gestione fatto da un insieme di persone che hanno come loro unico scopo l’esecuzione dei programmi, praticamente non ha un termine che coincida con l’esistenza anagrafica dei soggetti. Inoltre non è legata al territorio: può produrre là dove la manodopera sia più conveniente e le leggi più permissive, e collocare il prodotto dove sia più vantaggioso. Prova macroscopica del tentativo di evadere le leggi ambientali sono i danni terribili che avvengono nei paesi in via di sviluppo meno attrezzati legislativamente».
E Marx, dileggiato, profanato, falsificato…, aveva fatto lucide considerazioni sull’ideologia (lo scudo dietro cui si trincera la destra nascondendo la propria ideologia) individuando il fulcro di tutto nel lavoro. E non a caso il primo obiettivo e nemico da abbattere è il lavoro come dimostra lo stato di crisi mondiale in cui versano gli strati sociali.
Manteniamo quindi la barra dritta, non prendiamo vie traverse che altro non sono che depistaggi e disinformazione. La nostra battaglia resti la libertà, la difesa della dignità umana, l’abbandono della violenza e la difesa del pianeta.
Sulla tomba di Marx, continuamente deturpata, è scritto: «I filosofi hanno finora soltanto interpretato il mondo in diversi modi; ora si tratta di trasformarlo». Ma è anche scritto: «Proletari di tutti i paesi, unitevi!», e questo esercito di malati dell’ambiente, di disoccupati, di impoveriti dalle leggi predatorie dei vari governi stanno aumentando paurosamente, quando avranno preso coscienza delle cause del loro stato si disgregherà come neve al sole l’impalcatura costruita per reggere il potere di pochi.
Ignazio Lippolis