Vulcani, conoscerli per conviverci

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Il decimo congresso Cities on Volcanoes a Napoli. La Città Metropolitana di Napoli, con più di 3 milioni di persone e una densità di popolazione di circa 2,700 abitanti/km2, è la Città sui Vulcani per eccellenza. Con due vulcani esplosivi attivi, Vesuvio e Campi Flegrei, e l’isola vulcanica di Ischia, l’area napoletana è una delle regioni caratterizzate dal rischio vulcanico più alto al mondo


Porre l’attenzione sulla resilienza intrinseca dell’uomo al rischio vulcanico, in una millenaria storia di convivenza con i vulcani, che dimostra quanto questi abbiano rappresentato, e possono rappresentare, una risorsa oltre che un problema, questa la motivazione che ha portato a scegliere per il decimo congresso Cities on Volcanoes (Cov 10) il titolo «Millenni di Stratificazione tra Vita dell’Uomo e Vulcani: strategie per la coesistenza».

Un appuntamento quello con i vulcani e le città che li ospitano che, organizzato dall’Ingv in collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile (Dpc), la Regione Campania, il Comune di Napoli, il Parco nazionale del Vesuvio, l’Università di Napoli «Federico II» e l’Associazione nazionale di vulcanologia, si sta svolgendo a Napoli e proseguirà sino a venerdì prossimo.

Una cinque giorni in cui i vulcanologi di tutto il mondo si sono dati appuntamento e che offre l’opportunità di promuovere un collegamento tra comunità scientifica vulcanologica e chi si occupa della pianificazione territoriale e della gestione delle emergenze, con l’obiettivo di costruire un luogo di confronto e integrazione di esperienze tra le città sui vulcani.

Perché lo scambio di idee ed esperienze di «città sui vulcani» è proprio la finalità che l’Associazione internazionale di vulcanologia (International association of volcanology and chemistry of earth interiors, Iavcei), ebbe vent’anni fa quando organizzò la prima edizione del congresso svoltosi per l’appunto in Italia, a Roma e Napoli.

Ma perché riportare il congresso in Italia, e nello specifico a Napoli?

L’Italia è uno dei paesi più esposti a rischio vulcanico. L’area napoletana in particolare, con i due vulcani esplosivi attivi di Vesuvio e Campi Flegrei, così come l’isola vulcanica di Ischia, è una delle regioni caratterizzate dal rischio vulcanico più alto nel mondo. La Città metropolitana di Napoli, con più di 3 milioni di abitanti ed una densità di popolazione di circa 2,700 abitanti/km2, è uno dei migliori esempi di Città sui Vulcani.

La città di Napoli ha parte del suo settore occidentale all’interno della Caldera attiva Campi Flegrei, mentre la sua periferia orientale è ai piedi delle pendici del Somma-Vesuvio. I due vulcani, separati dalla pianura alluvionale di Sebeto, sono molto diversi. Il Somma-Vesuvio (ultima eruzione 1944) è uno strato-vulcano alto 1.281 metri, visibile da gran parte dell’area campana. I Campi Flegrei (ultima eruzione 1.538), invece, sono una caldera complessa, e sono caratterizzati dalla presenza sia di resti di antichi edifici vulcanici precedenti la formazione della caldera, che di vulcani monogenici più recenti.

I vulcani attivi nell’area napoletana possono generare sia eruzioni effusive sia esplosive. A quest’ultime sono associati i fenomeni vulcanici più pericolosi cioè lo scorrimento di flussi piroclastici e l’ingente accumulo di cenere vulcanica. In particolare, lo scenario più pericoloso in caso di ripresa di attività, è rappresentata da un’eruzione esplosiva, con la formazione di una colonna eruttiva di grandi dimensioni, suscettibile di un collasso parziale con conseguente generazione di flussi piroclastici aventi un potere distruttivo talmente ingente, che nessuna misura protettiva può essere considerata efficace, tranne la preventiva, completa evacuazione della zona a rischio, da attuare prima che inizi la fase eruttiva.

Per Carlo Doglioni, Presidente dell’Ingv: «Il Cov 10 a Napoli rappresenta un importante appuntamento per la comunità internazionale che si dedica agli studi di pericolosità e rischio vulcanico. Il Congresso, infatti, vuole porre l’attenzione sui meccanismi di accumulo e risalita dei magmi che provengono dal mantello terrestre e che producono in superficie una varietà di fenomeni vulcanici controllati in particolare dalla composizione chimica, temperatura e viscosità dei fusi mantellici.

«Ogni vulcano – prosegue Doglioni – comporta una diversa pericolosità e necessita di una resilienza specifica dell’uomo. È quindi necessario monitorare con sempre maggiore attenzione le aree vulcaniche con tutte le tecniche analitiche moderne a disposizione, dai movimenti registrabili dalle stazioni sismiche, i dati Gps (sistema di posizionamento globale), l’interferometria satellitare, l’idrogeochimica e le temperature dei fluidi, fino alla petrologia dei magmi, la stratigrafia eruttiva e la tettonica, per arrivare a produrre modelli evolutivi affidabili».

Avere approcci multidisciplinari per migliorare la comprensione delle dinamiche vulcaniche e della pericolosità, valutare e gestire il rischio vulcanico, migliorare la preparazione e la resilienza delle Città sui vulcani, questi gli argomenti di discussione durante i lavori.

Ma durante il congresso si sta affrontando anche la necessità di comunicare il rischio alla popolazione e di come i social media possano essere uno strumento veritiero e utile alla comunità, di come per studiare le dinamiche e i pericoli di un vulcano sia necessario un approccio multidisciplinare che comprenda studi geofisici, geologici e geochimici, nonché dati sperimentali e scienze computazionali della Terra che l’European plate observing system (Epos) promuove utilizzando capitale umano e infrastrutture in diversi campi, di come la minaccia globale derivante dall’eruzione vulcanica è cronicamente sottostimata perché gli intervalli di riposo sono abbastanza lunghi da far svanire la memoria delle precedenti eruzioni nelle comunità vulnerabili.

Perché quello che risulta necessario quando si convive con i vulcani e con il rischio (R = Pericolosità x Vulnerabilità x Esposizione) che dalla loro presenza ne deriva è che ci sia un confronto continuo e proficuo tra la conoscenza scientifica e la pianificazione dell’emergenza e questo soprattutto in aree come Napoli in cui il rischio aumenta per l’elevata urbanizzazione dell’area circostante il vulcano, silenzi che inconsapevolmente influenzano le comunità residenti e le strategie di mitigazione del rischio.

Elsa Sciancalepore