Oms – «Come stabilire un dialogo sui rischi dei campi elettromagnetici»

    784
    tralicci energia
    Tempo di lettura: 2 minuti

    Il manuale è nato dalle crescenti preoccupazioni nella opinione pubblica sui possibili effetti dannosi sulla salute umana di una prolungata esposizione ai campi elettromagnetici

    L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato il manuale «Come stabilire un dialogo sui rischi dei campi elettromagnetici». Questo scritto è nato dalle crescenti preoccupazioni, nella opinione pubblica sui possibili effetti dannosi sulla salute umana di una prolungata esposizione ai campi elettromagnetici.
    L’uomo è sempre stato esposto ai campi elettromagnetici in quanto sono presenti in natura; nel corso del XXI secolo, l’esposizione ambientale a campi elettromagnetici di origine artificiale è costantemente aumentata in seguito alla crescente domanda di elettricità, allo svilupparsi delle tecnologie di comunicazione senza fili. I potenziali effetti sanitari dei campi elettromagnetici di origine artificiale sono stati oggetto di interesse scientifico sin dal 1800. I campi elettromagnetici possono essere suddivisi in campi elettromagnetici statici e a bassa frequenza e in campi elettromagnetici ad alta frequenza. Le sorgenti dei primi sono gli elettrodotti, gli elettrodomestici ed i computer; questo tipo di campi influenza la distribuzione delle cariche elettriche sulla superficie dei tessuti conduttori e provocano un flusso di corrente elettrica nel corpo. I campi elettromagnetici ad alta frequenza sono prodotti da impianti di telecomunicazione e di diffusione radiotelevisiva, i telefoni mobili e le loro stazioni radio base, i riscaldatori ad induzione ed i sistemi antitaccheggio; questo tipo di campi penetrano soltanto per una breve profondità dentro il corpo e provocano un leggero innalzamento della temperatura.
    Gli effetti sanitari sull’uomo sono ancora oggetto di studio. Tuttavia, i singoli paesi stabiliscono le proprie normative nazionali per l’esposizione ai campi elettromagnetici, in base alle linee guida prodotte dalla Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni non Ionizzanti (Icnirp). Questa organizzazione non governativa è formalmente riconosciuta dall’Oms; tale istituzione valuta risultati scientifici provenienti da tutto il mondo e da questo flusso di dati nascono le linee guida che raccomandano i limiti di esposizione: esse vengono periodicamente riesaminate ed eventualmente aggiornate. Queste linee guida coprono le radiazioni non ionizzanti nell’intervallo di frequenza fino a 300 GHz. I limiti di esposizione si basano su effetti legati alle esposizioni acute a breve termine piuttosto che quelle a lungo termine poiché l’informazione scientifica posseduta attualmente non è in grado di definire con precisione quali potrebbero essere gli effetti a lungo termine di una esposizione prolungata ai C.e.m. sulla salute umana.
    L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha anche lanciato nel 1996 il Progetto Internazionale C.e.m.: tutte le valutazioni di rischio sanitario saranno completate entro il 2006. Il progetto è gestito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a Ginevra con la collaborazioni di 8 agenzie internazionali ed oltre 50 enti nazionali e 7 centri di collaborazione nel campo della protezione dalle radiazioni non ionizzanti, appartenenti a istruzioni governative nazionali di rilievo. Anche questa iniziativa ha lo scopo di informare maggiormente l’opinione pubblica e la collettività su i reali rischi di una esposizione ai campi elettromagnetici. Questa paura che serpeggia attualmente nella società dipende anche da una scarsa informazione su i C.e.m e sull’esposizione involontari verso questi ultimi. Inoltre questo fenomeno si è inserito in un quadro di complessiva sfiducia, da parte dei cittadini, verso le autorità pubbliche, negli esperti tecnico-scientifici e nei dirigenti industriali, in particolare quelli delle grandi imprese sia pubbliche che private. Per questo è importante formulare giuste campagne di comunicazioni per informare correttamente i cittadini e per ridimensionare la variabile rischio-pericolo.

    (Fonte Arpa Toscana)
    (30 Giugno 2005)