Energia solare, alghe microscopiche e produzione di cibo nel mare

433
Tempo di lettura: 3 minuti

Il cibo che l’umanità ricava dal mare è soprattutto di origine animale (pesci, molluschi, crostacei) e deriva principalmente dalle catene alimentari il cui primo anello è rappresentato da alghe microscopiche (fitoplancton) la cui distribuzione è limitata alla disponibilità di luce, più o meno nei primi 200 m di profondità. La produttività primaria dovuta al fitoplancton è correlata non soltanto alla disponibilità di luce ma anche a quella di nutrienti (azoto, fosforo, ferro etc.) nonché a particolari fonti di energia sussidiaria (correnti ascendenti, flussi di marea etc.) (Nybakken, 1997).

Pertanto, essa si differenzia moltissimo tra acque costiere, estuari, mare aperto, zone con correnti ascendenti delle acque e così via. L’energia fissata dai produttori primari viene trasferita nei successivi anelli delle catene alimentari marine.
Come prima riportato, nei processi di trasferimento si verifica una consistente perdita di energia e pertanto la sua quantità, insieme alla biomassa, si riduce passando dai primi agli ultimi livelli trofici, generalmente occupati dai carnivori terminali (o predatori di vertice delle piramidi alimentari).
Assumendo un’efficienza di trasferimento del 10% tra il primo e il secondo livello trofico, occorrerebbero 100 kg di fitoplancton per formarne 10 kg di zooplancton. Considerando ancora un’efficienza del 10% nei successivi passaggi, dai 10 kg di zooplancton si potrà formare 1 kg di alici e soltanto 100 g di tonno. A fronte di tale esempio, si comprende che la quantità di risorse presenti in una determinata area marina dipenderà non soltanto dalla produttività primaria ma anche dall’efficienza di trasferimento nella piramide alimentare.

Poiché l’efficienza di trasferimento nel mare è generalmente maggiore che negli ecosistemi terrestri (produttori e consumatori primari sono soprattutto organismi microscopici o molto piccoli di più facile consumo e assimilazione) le catene alimentari possono presentarsi più lunghe (anche con 6-7 livelli trofici). Comunque, l’energia disponibile per i predatori di vertice è sempre piuttosto esigua e questo spiega non soltanto la rarità di questi organismi negli ecosistemi ma anche il fatto che maggiori quantità di risorse (e di cibo) si ricavano nei primi livelli trofici piuttosto che negli ultimi.
Le stime effettuate da Pauly e Christensen (1995) indicano che in media l’8% della produttività primaria globale del mare sostiene la pesca a livello mondiale o, in altri termini, questa è la percentuale di produttività primaria che diventa cibo per l’uomo.
Questa percentuale si abbassa per l’oceano aperto (circa 2%) e aumenta nelle zone costiere e con correnti ascendenti (tra 24 e 35%) confermando la maggiore produttività di questi ultimi sistemi ambientali anche in termini di risorse sfruttate dall’uomo.

Le statistiche della Fao (2002) riportano che le catture degli organismi marini a livello mondiale si attestano intorno alle 90 tonnellate per anno. Considerando le catture non controllate dalle statistiche ufficiali nonché quelle non regolate o illegali è probabile che le catture mondiali di specie marine oscillino tra 100 e 140 milioni di tonnellate/anno (King, 1995). I pesci costituirebbero oltre l’85% di queste catture, i molluschi circa il 9% e i crostacei soltanto il 5-6%. In base


a quanto prima detto sulla produttività dei sistemi acquatici, le rese medie per l’oceano aperto sarebbero di appena 0,02 tonnellate/km2/anno per le acque tropicali e 0,5 per quelle temperate, 2 e 6 tonnellate/km2/anno per le acque della piattaforma continentale rispettivamente temperata e tropicale fino a circa 18 tonnellate/km2/anno per le zone con correnti ascendenti delle acque (Marten e Polovina, 1982).

Pesci, cefalopodi, crostacei e altri organismi, costituiscono risorse del mare utilizzati dall’uomo, soprattutto per scopi alimentari ma anche per la produzione di farine di pesce, prodotti per l’acquacoltura e prodotti artigianali e ornamentali di vario tipo. Queste risorse sono potenzialmente rinnovabili (gli organismi, nascono, crescono, si riproducono e muoiono) ma non inesauribili. La loro consistenza ed evoluzione è legata ai numerosi fattori selettivi che agiscono nell’ecosistema marino (condizioni idrografiche, produttività, predazione etc.) nonché alle attività umane, prima fra tutte l’attività di pesca.