Le prime riflessioni sui cicli naturali, sui rapporti reciproci tra i viventi e sulla struttura delle comunità si trovano, già nel XVIII secolo, nella riflessione di Georges Buffon e Carl von Linnè, studiosi distanti nelle loro posizioni ma con una medesima sensibilità scientifica.
I loro resoconti sono prevalentemente descrittivi1 e inseriti all’interno di una teologia naturale che conferisce un luogo privilegiato all’uomo e cerca l’ordine e l’equilibrio del mondo vivente.
Un secolo più tardi, le fondamenta teoriche su cui erano edificate le loro storie naturali crollano. La teologia naturale vacilla insidiata dallo «scientismo», gli studi biologici perdono il loro carattere tipicamente descrittivo e assumono connotati più specificamente esplicativi, basandosi su osservazioni, ipotesi ed esperimenti (Mayr, 1998).
L’intero secolo è caratterizzato dalle grandi spedizioni esplorative, la scoperta del tempo come parametro decisivo della dinamica delle popolazioni, la ricerca degli schemi dei grandi cicli: «La terra [appare come] il risultato di una ristrutturazione fondamentale dei rapporti tra la fisica e la chimica da un lato, e le scienze del vivente dall’altro» (Deléage, 1994, p. 36).
1 Il metodo dei naturalisti del 700, sostiene Michel Foucault, è quello di identificare, nominare e descrivere: «…durante il XVIII secolo la continuità della natura è richiesta all’intera storia naturale […] per instaurare nella natura un ordine e scoprirvi categorie generali, indipendentemente dal fatto che queste siano reali e prescritte da distinzioni manifeste, o comode e semplicemente circoscritte dalla nostra immaginazione» (Foucault, 1966, p. 164-165).