Gli orientamenti del turismo

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Approfondiamo quindi la problematica del turismo.
C’è stato un periodo, negli ultimi trent’anni, in cui il turismo è aumentato in maniera continua grazie ad una crescita economica progressiva del mondo occidentale e alla disponibilità di mezzi di comunicazione veloci e a costi contenuti. Ciò ha portato ad una forte trasformazione di vasti ambiti territoriali considerati «mete turistiche» con uno sviluppo urbanistico eccessivo, non pianificato e coordinato, come se il fenomeno non dovesse arrestarsi mai.
Oggi la possibilità di scelta tra località turistiche è elevatissima e, sebbene siano sempre molte le persone che ogni anno si muovono per turismo, ogni sito si trova a competere con una moltitudine di altre mete. Nella competizione globale, quindi, non conta più molto la «fama» di un certo luogo e si vince solo operando su una politica dei prezzi che, in molte zone, dove il costo del lavoro è maggiore, provoca la chiusura di molte infrastrutture.
La stagionalità del turismo è un problema comune alla maggior parte dei centri turistici, soprattutto in Europa. La recessione economica globale, unita ad un livello culturale medio più elevato, ha portato comunque ad un cambiamento di approccio dei turisti. I periodi di vacanza sono sempre più brevi, ma vengono scelte mete di migliore qualità, sia per l’accoglienza, sia per «ciò che si può fare». In altre parole, la competizione si gioca su nuovi parametri che non sono più collegati unicamente all’urbanizzazione, ma piuttosto ai servizi e alla qualità dell’offerta, intesa in senso generale.
Nell’offerta turistica va incluso anche «ciò che si può fare», il come si sta in un certo posto, cosa si può vedere, l’ospitalità e, soprattutto, la qualità del territorio che ci circonda.
Non è un caso, quindi, che molte tipologie di flussi turistici siano in regressione, mentre il turismo nelle aree protette sia in progressiva crescita.