Il dissenso cresce e i dubbi restano

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Mentre il mondo scientifico persegue questi obiettivi avanzando rapidamente nel campo della ricerca, il dissenso cresce in modo direttamente proporzionale ed alimenta un intenso dibattito sulla sicurezza e l’impatto ambientale degli alimenti geneticamente modificati.
Già nel 2000, la Western Ecology Division dell’Epa (Environmental Protection Agency, Usa) indagava sull’impatto ambientale di piante transgeniche resistenti ai parassiti; gli studi riscontrarono tutta una serie di effetti sui microrganismi del suolo e dimostrarono che gli enzimi derivanti dai geni manipolati si combinano con le particelle del terreno, risultando protette dalla biodegradazione.
Alla genomica viene anche imputato il rischio che l’inserzione di geni stimoli la produzione di un allergene da parte di una pianta che altrimenti non ne sarebbe stata in grado, come è successo quando si inocularono geni della Noce del Brasile in un cultivar di soia.
Infine, il 19 luglio scorso, la Commissione Europea ha autorizzato per 10 anni l’importazione di mais geneticamente modificato NK603 destinato all’alimentazione del bestiame e prodotto da una multinazionale, la Monsanto, che è stata più volte bersaglio di accese critiche da parte degli ambientalisti.
(Maura Vendemia)