Il lavoro della task force

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Capitanerie di Porto/Guardia Costiera hanno messo in campo il Nucleo Sommozzatori per mappare i fondali marini contaminati, mentre un velivolo specializzato ha effettuato rilievi aerei dell’intera costa libanese e ha definito l’evoluzione dell’oil spill. All’Apat è stato affidato il coordinamento e la supervisione tecnico-scientifica delle operazioni.
Anche le Agenzie regionali hanno dato un importante contributo alle attività: Arpa Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Sicilia e Calabria hanno collaborato alla bonifica dei fondali marini, al monitoraggio del mare, alle analisi dei campioni di acqua di mare e sedimenti, alla gestione e stoccaggio dei rifiuti prodotti. La parte operativa delle bonifiche è stata portata avanti dalla Castalia/Ecolmar e dalla Ong Bahar Lubnan.
L’onda inquinante ha colpito anche le Palm Islands, un’area naturale protetta costituita da tre isole (Palm, Sanani e Ramine). In passato l’area ha costituito un’importante zona di riproduzione per gli uccelli marini e proprio qui nidificano le tartarughe marine Caretta Caretta. Greenpeace ha guidato le attività di monitoraggio subacqueo proprio in questa porzione di mare.
La prima fase di «Bahar» si è chiusa il 24 novembre 2006 a causa delle cattive condizioni climatiche, mentre la seconda dovrebbe partire a breve prima dell’estate. Infatti, una verifica effettuata recentemente dalle autorità libanesi ha individuato circa venti siti, in particolare piccole spiagge e zone rocciose, che necessitano ancora di bonifica. Potrebbe essere opportuno effettuare un lavoro di rifinitura, per rimuovere piccoli grumi di materiale. Aspetta ancora una soluzione definitiva, invece, il problema dello smaltimento del materiale raccolto dalle varie organizzazioni durante i mesi precedenti.
Ma il dato importante è che la maggior parte delle spiagge oggi risultano fruibili. «L’opera fatta dall’Italia è stata ottima», ha ringraziato il ministro libanese Melhem Mistou, auspicando che la collaborazione fra Italia e Libano continui in futuro. Purtroppo – come ha sottolineato il Ministro Pecoraro Scanio – le buone notizie hanno sempre meno pubblicità di quelle cattive. Per questo motivo la missione «Bahar» è poco conosciuta. Ma, al contrario, il successo delle operazioni condotte dal team italiano ha dimostrato la professionalità e la competenza scientifica del nostro Paese. Il costo della missione ambientale in Libano è stato di 4 milioni di euro ed è stata finanziata interamente dal ministero dell’Ambiente.
L’Apat ha documentato la missione grazie a splendide immagini raccolte in un volume fotografico, che mostrano la situazione ambientale all’indomani dell’oil spill e le principali attività della missione in supporto alle autorità libanesi.