Il meeting ministeriale di giovedì sull’adattamento ai cambiamenti del clima e misure di sviluppo sostenibile

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Nella giornata di giovedì si è svolto il meeting ministeriale in cui si è discusso sull’adattamento ai cambiamenti del clima e misure di sviluppo sostenibile

Alcuni Paesi, nella fase introduttiva hanno rimarcato che la discussione sull’adattamento ai cambiamenti climatici non può essere una discussione a se stante o avulsa dal contesto complessivo dei problemi dei cambiamenti del clima. In altre parole la questione dell’adattamento (ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici e minimizzare i possibili danni creati dai cambiamenti del clima) non può essere una scusa per evitare le azioni prioritarie sulla mitigazione (ridurre le emissioni di gas serra e svincolare l’economia mondiale dai combustibili fossili). Il processo di messa a punto delle strategie di adattamento è subordinato alla attuazione delle misure di mitigazione salvo il caso dei Paesi più poveri. Più mitigazione si fa, meno adattamento è necessario, ha sottolineato il ministro dell’Ambiente ungherese.

La discussione

Molti dei Paesi prospicienti l’Artico (Islanda, Norvegia, Finlandia, Canada) hanno evidenziato che, a seguito degli studi compiuti sull’Artico, dai quali è emerso che il riscaldamento polare artico sta procedendo a velocità doppia che nel resto del mondo, il problema dell’adattamento è un problema attuale e non solo per i paesi in via di sviluppo ma anche per quelli sviluppati. Il problema dell’adattamento, quindi deve andare di pari passo con quello della mitigazione in tutti i Paesi, perché il problema è globale.
La Tanzania ed altri Paesi in via di sviluppo, invece, hanno sottolineato il fatto che per i Paesi più poveri il problema dell’adattamento è un problema prioritario di equità tra i popoli. I Paesi ricchi inquinano e cambiano il clima. I Paesi poveri che non inquinano e non cambiano il clima, ne subiscono, invece, le conseguenze. Gli Stati delle piccole isole del Pacifico ed in particolare Kiribati e le isole Fiji hanno voluto puntualizzare che l’adattamento e le misure di adattamento devono essere intese come azioni da effettuare contro le conseguenze negative e i danni dei cambiamenti del clima e con come azioni contro i danni economici causati dalle minori vendite di petrolio provocate dal Protocollo di Kyoto, come da tempo asseriscono e come vorrebbero i Paesi produttori di petrolio e di combustibili fossili. L’Unione Europea è, invece, dell’idea che il problema dell’adattamento non è un problema tipico dei cambiamenti climatici, ma è un problema che riguarda anche la biodiversità, la desertificazione, la protezione della aree umide, la protezione degli oceani, ecc.
Di conseguenza, fatta eccezione per la particolare situazione e criticità dei Paesi più poveri, è un problema trasversale a tutte le grandi questioni globali e come tale troverebbe migliore collocazione entro le azioni delle Nazioni unite sullo sviluppo sostenibile e sull’Agenda 21.
Anche qui la discussione si è conclusa senza una indicazione precisa e le idee o proposte sull’adattamento non appaiono convergenti, salvo sul fatto che il problema dell’adattamento è un sicuramente un problema attuale e cruciale per Paesi in via di sviluppo più poveri. La Presidenza Unfcc si è assunta il


compito di proporre un documento finale su questo argomento da sottoporre venerdì in sessione plenaria.