Dagli anni di Del Viscio in poi, la sistematica dei frutti ha radicalmente abbandonato le impostazioni metodologiche di Gallesio e di Risso, che tendevano fare di ogni tipo distinte varietà, riunendo ad esempio numerose «varietà» di allora in un’unica varietà o gruppo che abbiamo imparato a conoscere come Arance bionde. Rimane, tra le arance, il Sanguinello (l’arancia sanguigna di Del Viscio), si rivela nuova varietà la Duretta del Gargano, che stranamente non è affatto segnalata da Del Viscio. Tra le diverse varietà di limoni individuati da Del Viscio, con ogni probabilitа è probabilmente tale almeno quella che lui classifica come «Limone a scorza gentile»; per il resto si tratterebbe dei diversi tipi che fanno parte della variabilità ecologica del noto Femminello comune. Considerazioni queste che rimangono sommarie poiché manca tutt’oggi una sistematica analisi del germoplasma che è ancora possibile rilevare tra gli agrumeti del Gargano. Il merito va al nostro Del Viscio per averci consegnato con il suo libro una indispensabile coordinata per comprendere l’agrobiodiversità di questo straordinario serbatoio di geni qual è il paesaggio agrumario di Vico, Rodi ed Ischitella, con un valore elevatissimo di diversità e pertanto meritevole di conservazione.
Fin qui abbiamo letto solo le prime pagine di «Coltivazione, malattie e commercio degli agrumi»; sì perché dopo, come è naturale aspettarsi, si ha a che fare con qualcosa di più di un vero e proprio testo universitario, che gioverebbe a molti studenti di Agraria per imparare di Agronomia generale, di Coltivazioni arboree, di Patologia vegetale e di Entomologia agraria. Ecco motivo già sufficiente per apprezzare questa copia anastatica. Ma voler vedere quest’opera in un ambito strettamente specialistico o come si è soliti scrivere, di cose d’agricoltura, è sicuramente riduttivo. Le cose di agricoltura con Del Viscio diventano oggi patrimonio di conoscenze di inestimabile valore, soprattutto quando si vuole parlare di agricoltura sostenibile, di agricoltura come identità di un territorio. E allora, come si prepara il semenzaio, come e quando si innestano gli agrumi, quali sono le condizioni climatiche favorevoli, come si impianta l’agrumeto, come lo si alleva, come lo si protegge dai freddi venti marini, come si prepara la rete irrigua fatta di ingegnose canalette a pelo libero…, non sono da leggersi come un insieme di tecniche che oggi più che mai possono interessare l’agrumicoltore, ma è letteratura. I continui raffronti che Del Viscio fa tra quelle in uso nel Gargano e quelle di tutte le altre regioni agrumicole italiane, specialmente quella siciliana, fanno di quest’opera un vero e proprio trattato, lo stato dell’arte della pratica agricola specializzata che l’Italia era riuscita ad esprimere fino agli inizi del 900.
«Coltivazione, malattie e commercio degli agrumi» è dunque un Trattato di agrumicoltura, storico, perché documenta il cammino, il massimo livello di specializzazione che l’agricoltura italiana, mediterranea, raggiunge con la coltura degli agrumi. Il raffronto con le altre regioni agrumicole Del Viscio lo fa anche sul piano produttivo, economico e commerciale. Quanto costa l’impianto di un agrumeto? Quanto rende? E infine, quale profitto? Difficile rispondere, ma Del Viscio ha metodo e sa cercare; conosce gli studi in proposito di economisti agrari come Mancini, Aloi, ed esamina fino a nove conti colturali di aranceti e limoneti siciliani (contrade del siracusano e del catanese), della riviera ligure, di Sorrento, per approntare distinti bilanci agrari e confrontarli con quelli del Monte Gargano, «unico luogo della regione Meridionale adriatica in cui si coltivano gli agrumi…con prospero successo». Per il Monte Gargano appronta due distinti conti colturali: «un aranceto del comune di Vico Gargano ed un limoneto del comune di Rodi». Un’utilissima tabella ci darà le risposte attese e se non basta, comprenderemo fino in fondo il valore di un agrumeto garganico che poteva arrivare allora fino a 90mila lire per ettaro. I massimi valori li avevano gli agrumeti di Como che si pagavano fino a 100mila lire, ma «con questa differenza ? scrive ? che ivi il prezzo d’affezzione ha per obietto la superfluità nei trattamenti della vita dei milionari del mondo, mentre nel Gargano è relativo alla rendita terriera».
Ecco a mio avviso la vera risposta, il vero senso di «Coltivazione, malattie e commercio degli agrumi» di Del Viscio: un’opera concepita per raccogliere, valorizzare e non disperdere il patrimonio di conoscenze che l’agrumicoltura garganica era riuscita ad elaborare e pertanto con forti caratteri di unicità. Una storia lunga, di mille difficoltà: «nemici vegetali ed animali…, cause meteorologiche e commerciali». ma soprattutto una straordinaria storia di grandi successi. Con essa il Gargano, conosce momenti di altissima capacità imprenditoriale, mercantile, mai più visti da allora. Questa storia può essere ancora la chiave di volta per Del Viscio di fronte alla «una nuova iattura… affacciata fosca sull’orizzonte agrumario, gettando in una orribile crisi questa importante produzione italiana»: le nuove tariffe doganali del Stati Uniti d’America. Dal problema delle nuove tariffe doganali, l’agrumicoltura garganica è dovuta passare attraverso altre numerose «iatture» che oggi rischiano di cancellarla definitivamente se non si riesce a cogliere le nuove prospettive tra l’altro concrete, prima fra tutte le attenzioni crescenti dei consumatori verso tutto ciò che è tipico, che ha storia. L’opera di Del Viscio in tal senso si è rivelata fondamentale, anche per dimostrare la storicità quale requisito fondamentale per il riconoscimento del marchio Igp, per approntare lo stesso disciplinare di produzione cui lo scrivente ha lavorato con grandi difficoltа, visto che le conoscenze relative alla tradizionale tecnica colturale si stanno progressivamente perdendo.