La diversità si vendica

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Da qualche decennio a questa parte si è improvvisamente scoperto che la diversità biologica, che si era cercata di livellare e annullare, nasconde tesori sfruttabili commercialmente.

Dopo aver assistito alla perdita di produttività delle piante e degli alberi tradizionali si è scoperto che questi potevano essere «corretti» scegliendo altre varietà, realizzando ibridi più resistenti all’attacco dei parassiti, utilizzando altre specie e varietà fra le centinaia di migliaia di quelle fino allora sconosciute, fra quelle che crescono nelle condizioni diverse dai climi temperati tipici dei paesi industriali. Chimici e botanici anzi hanno scoperto che molte di tali varietà e specie contenevano sostanze chimiche utili a fini umani e commerciali.

Una interessante storia di utilizzazione delle sostanze ancora sconosciute, sparse nel mondo della natura, che si rivelano miracolose non appena qualcuno ne studia la composizione, è raccontata nell’autobiografia di uno di questi «esploratori», Carl Djerassi, intitolata «La pillola» (Milano, Garzanti). Djerassi, analizzando le sostanze presenti nelle radici di igname messicano, nei cactus, nei residui della lavorazione del sisal, eccetera, riuscì ad ottenere le materie prime per la sintesi del progesterone, del testosterone, del cortisone (1951) e, sempre nel 1951, del primo contraccettivo steroideo orale, il norprogesterone, «la Pillola». E tutto questo in un piccolo laboratorio di Città del Messico.

Si tratta di un esempio di come la curiosità umana può ottenere dall’enorme riserva di sostanze racchiuse nella biodiversità nuovi impensabili beni per gli umani.

I nativi delle foreste e delle giungle hanno così visto calare a frotte i funzionari delle grandi industrie che hanno cercato le specie da cui estrarre sostanze biologicamente attive, farmacologicamente utili, e hanno visto che i nuovi colonizzatori si portavano via le loro piante per coltivarle altrove e per trarne ricchezza.

Naturalmente i paesi, per lo più sottosviluppati, nei cui boschi vengono scoperte le fonti di nuove materie prime rivendicano la loro «proprietà» di tali risorse e il loro diritto ai relativi benefici commerciali, al punto che si è dovuto cercare di arrivare ad accordi, a trattati, per assicurare un risarcimento a coloro che sono espropriati del patrimonio vegetale o animale a fini commerciali. I trattati sulla biodiversità, inoltre, impongono limiti allo sfruttamento delle risorse vegetali e animali terrestri al fine di salvaguardare la sopravvivenza delle piante e degli animali (oggi) meno commercialmente attraenti ma che pure rappresentano un serbatoio di ricchezza genetica e chimica.