Le decisioni raggiunte alla Cop-10 di Buenos Aires

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Dopo tutta una nottata di discussioni, tra venerdì 17 e sabato 18 dicembre 2004, sul documento conclusivo (discussione che ha riguardato le opposte visioni est-ovest tra Paesi industrializzati, e le opposte visioni tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo e nell’ambito stesso dei Paesi in via di sviluppo), la presidenza Unfccc ha convocato la Sessione Plenaria della Cop-10 alle 5,54 del mattino di sabato per l’approvazione finale del documento conclusivo.
L’approvazione del documento finale ha richiesto altre 5 ore di ulteriori discussioni soprattutto sulla forma, sulle frasi e sulle singole parole usate nel documento.

Prima conclusione

Il Protocollo di Kyoto che entrerà legalmente in vigore il 16 febbraio 2005 è ormai una realtà acquisita e su questo ormai non vi è più nulla da discutere e decidere. Le questioni tecniche rimaste in sospeso (quelle sui meccanismi flessibili, i sink forestali, il Cdm, ecc) sono state risolte dagli appositi organi tecnici della Unfccc. Le altre questioni riguardanti la gestione del Protocollo di Kyoto, così come le verifiche ed i controlli sulla sua attuazione, saranno prese in carico dalla Cop-Mop (l’organo supremo di amministrazione e gestione del Protocollo) che si riunirà per la prima volta nel novembre 2005.

Tutto ciò significa che per la Cop della Unfccc, che aveva l’incarico di mettere a punto il Protocollo di Kyoto e di farlo partire, ora il Protocollo di Kyoto è ormai una pratica archiviata. Dal 16 febbraio 2005 in poi, le questioni diventano gestionali e la palla passa alla Cop/Mop del Protocollo di Kyoto. La Cop- Unfccc d’ora in poi si occuperà di mettere a punto, ed avviare a partire dal 2012, il nuovo accordo (protocollo) per la fase 2 della strategia della mitigazione, e cioè nel post-Kyoto.

Seconda conclusione: mitigazione dei cambiamenti del clima nel Post-Kyoto (dopo il 2012)

Preso atto che nessuna conclusione era stata raggiunta sugli impegni da assumersi alla scadenza del Protocollo di Kyoto (31 dicembre 2012), è stato deciso di convocare un seminario di esperti governativi da tenersi nel mese di maggio a Bonn, per valutare le diverse opzioni del post Kyoto. Dopo alcune polemiche innescate dall’India che temeva che tale seminario potesse costituire una pregiudiziale sugli impegni di riduzione delle emissioni da assumere anche dai Paesi in via di sviluppo a partire dal 2012, il Presidente Unfccc ha emendato il documento finale introducendo la frase: «le conclusioni del seminario tecnico saranno disponibili a tutte le Parti (i governi dei 189 Paesi che hanno ratificato la Unfccc) per le loro considerazioni (commenti, osservazioni e proposte) tenendo ben presente che il seminario non costituisce alcun presupposto di negoziato che conduca a nuovi impegni».

Tutto ciò significa in sintesi che tutti i Paesi, per ora, si sono impegnati a non impegnarsi: si vedrà solo successivamente il da farsi.

Terza conclusione: adattamento ai cambiamenti del clima attuali e futuri

Le Parti riconoscono che il problema dell’adattamento ai cambiamenti climatici è una questione critica e cruciale dei paesi più poveri e si impegnano


a portare avanti un programma di lavoro sull’adattamento e sulle misure per diminuire la vulnerabilità ai cambiamenti del clima di tali Paesi (programma di azione di Buenos Aires), e di rimandare la discussione di dettaglio, per quanto riguarda il funzionamento del Fondo Speciale per l’adattamento ai cambiamenti del clima costituito presso la World Bank e del Fondo per i Paesi più poveri, all’organo tecnico della Unfccc (Sbi: Subsidiary Body for implemantation) che si riunirà fra sei mesi.

Tutto ciò significa, in sintesi, che il problema dell’adattamento ai cambiamenti del clima non è un problema che necessità di un accordo globale formale (come ad esempio un protocollo), ma siccome i problemi della vulnerabilità ai cambiamenti del clima sono diversi da paese a paese ciascuno dovrà risolverselo in casa sua. Tuttavia, l’adattamento rimane un problema di interesse globale, solo per i Paesi più poveri (soprattutto quelli dell’Africa) o più vulnerabili (soprattutto gli Stati delle piccole isole), non essendo tali Paesi in grado di risolverlo da soli e necessitano dell’aiuto della comunità internazionale. Per tali Paesi, le Parti concordano, pertanto, di fornire aiuti e collaborazione, anche se, per ora, non sono stati identificati i dettagli di tali aiuti e collaborazioni che la comunità internazionale è disposta a fornire.