L’energia, il turismo, le aree protette temi ambientali che confluiscono comunque nel grande filone della cultura ambientale e cultura ambientale vuol dire educazione all’ambiente e capacità di comunicare. Per questo le ultime conferenze delle Agenzie dell’ambiente si sono occupate del come e del cosa comunicare. Opportunamente.
Ma forse, al di là dei facili entusiasmi e dei tornaconti politici, soltanto ora i decisori si stanno rendendo conto dell’immane sforzo ancora da compiere per scalfire appena la mole di ritardi che il nostro paese registra.
I fiumi esondano senza pietà, le frane distruggono strade e paesi, i rifiuti sommergono le città, e la Guardia di finanza, in volo di controllo con l’Arpa Puglia, segnala ben 700 siti definiti «di abbandono», cioè quelle piccole discariche ai bordi delle periferie e nelle strade di campagna.
È la conseguenza di un’educazione ambientale che ancora non ha raggiunto i livelli più profondi della nostra società. Questo perché nel nostro Mezzogiorno manca quello che Robert Putnam chiama «civicness», lo spirito civico, come ha sottolineato il prof. Franco Chiarello, docente di sociologia economica nella facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bari, nell’ultimo numero di «Villaggio Globale» dedicato alle emergenze.
Una cartina di tornasole è anche la capacità di intraprendere la via della certificazione ambientale. È la prova che la sensibilità ambientale si fa impresa e diventa produttiva e cinghia di trasmissione della cultura ambientale. In questo settore al Sud i ritardi sono enormi. La Sicilia ha dimostrato nel campo dell’ecolabel turistica una qualche vivacità, la Basilicata ha fatto una buona campagna informativa, la Puglia niente. Le strutture turistiche certificate sono targate Grosseto, Rimini, Cuneo, Ravenna, Torino…
Forse le Arpa dovrebbero imparare a comunicare meglio non solo con il potere e con gli specialisti tramite bollettini tecnici e rapporti tematici, ma con i media tradizionali, a sollecitare informazione corretta e a fornire dati per far capire ai cittadini che per lo meno si è corresponsabili nei ritardi quando non si spingono i politici locali a fare scelte compatibili, quando si coonestano certe scelte nell’eventualità di averne un tornaconto, quando si crede che le maglie larghe dei controlli significano più libertà.
Ci si accorge solo dopo che abbiamo perso tutti e il danno non è né di destra né di sinistra ma dei nostri figli.