Ai fini di una buona fruizione turistica, compatibile con le finalità di tutela ambientale dell’area protetta visitata, è fondamentale innanzitutto una corretta e ben definita identificazione del soggetto al centro della fruizione stessa.
In tal senso il Parco del Ticino rientra nella cosiddetta categoria dei «Parchi aperti» (meglio sarebbe definirli come «Parchi permeabili»). Ovvero quelle aree che non vengono percepite esattamente secondo i loro confini, ma soprattutto da una serie di elementi che si manifestano soprattutto quando si è «già dentro» al Parco.
A tale percezione contribuiscono vari fattori:
1 – La posizione geografica del Parco, in un ambito territoriale facilmente raggiungibile;
2 – la forma e le dimensioni del Parco;
3 – l’assenza di barriere fisiche o morfologiche molto evidenti che ne segnano i confini;
4 – la sua accessibilità, che avviene non attraverso pochi ingressi ma in maniera diffusa;
5 – la storia della sua istituzione, che è avvenuta non in aree poco abitate ma, al contrario, in un territorio densamente antropizzato e carico di storia e cultura pregressa, nella quale il Parco si inserisce come «ultimo arrivato»;
6 – la comunicazione dell’immagine che il Parco da di sé, attraverso il suo ente gestore ma anche tramite i mass-media ed il «passa parola».
In ogni caso pur essendo un parco «aperto» l’accesso al Ticino avviene in prevalenza, da parte di visitatori e fruitori esterni o residenti in altre zone del Parco, attraverso alcune direttrici prioritarie, che a loro volta tendono a confluire in un numero relativamente limitato di punti, che potremmo definire come vere e proprie «porte del Parco».
Da qui i visitatori si irradiano nelle immediate vicinanze abbandonando spesso i mezzi di arrivo, a piedi o con nuovi mezzi per spostamento ridotto (biciclette, cavalli, carrozze, schettini, canoe e imbarcazioni varie).