Lo smog può danneggiare il Dna

912
dna scienza
Tempo di lettura: 6 minuti

È ciò che emerge dai dati parziali di un progetto multidisciplinare, il «Tosca», che valuta la tossicità del particolato atmosferico in ambiente urbano. Una maggiore esposizione al PM provoca effetti più invasivi sull’individuo

L’inquinamento da PM10 estivo è più dannoso alla salute di quello invernale, il PM2,5 invernale, ricco di idrocarburi, causa alterazioni nel Dna delle cellule polmonari; le particelle ultrafini (PM1) sono responsabili di effetti cardiocircolatori e di alterazioni funzionali in altri organi.

Sono questi i risultati parziali della seconda parte del progetto «Tosca» (Tossicità del particolato atmosferico e marker molecolari di rischio) realizzato dal Centro Polaris (Polveri in Ambiente e Rischio per la Salute) del dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio dell’Università di Milano-Bicocca per valutare la tossicità del particolato atmosferico in ambiente urbano e finanziato da Fondazione Cariplo. I dati sono stati presentati, presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca.

I risultati dello studio sono stati presentati dalla prof.ssa Marina Camatini (biologo cellulare), dal prof. Ezio Bolzacchini (chimico dell’atmosfera) dal prof. Giancarlo Cesana (epidemiologo) docenti dell’Università di Milano-Bicocca e dal prof. Paolo Carrer (medico del lavoro) docente dell’Università di Milano, con la partecipazione del prof. Joel Schwartz, docente di Epidemiologia Ambientale presso l’Harvard University di Boston, esperto degli effetti del PM sulla salute pubblica che nel suo intervento ha affermato che «l’inquinamento atmosferico fa più morti di Aids, cancro a prostata e mammella messi insieme».

Il progetto di durata triennale, iniziato nel luglio 2008, esamina per la prima volta le ricadute del particolato atmosferico di Milano sulla salute umana. L’indagine multidisciplinare prevede campionamenti e caratterizzazione del PM fine e ultrafine, analisi di tossicità in vitro e in vivo, e indagini sulle ricadute cliniche. L’ultima fase prevede la valutazione di 15mila ricoveri ospedalieri e 1,5 milioni di prescrizioni farmaceutiche in Lombardia.

L’obiettivo principale di questo progetto è di valutare la tossicità del PM campionato in ambiente urbano, mediante lo studio degli effetti, e il conseguente livello di rischio per la salute, in funzione delle diverse frazioni dimensionali (comprese particelle ultrafini) e della composizione chimica del PM. I risultati finali saranno poi interpretati a seconda della variabilità stagionale della concentrazione e composizione del PM, delle sorgenti di emissione e delle predisposizioni individuali delle categorie di popolazione considerata. Obiettivo finale sarà la correlazione tra i dati chimici, biologici, clinici e epidemiologici per l’individuazione di marker molecolari associabili alle diverse tipologie e ai diversi livelli di rischio, per definire la «carta d’identità» del particolato atmosferico di Milano

Com’è articolato lo studio

Lo studio è articolato in quattro parti: caratterizzazione del particolato atmosferico, sperimentazione biologica, risultati clinici ed epidemiologia.

«A garanzia di un elevato livello di correlabilità dei risultati ottenibili il progetto si avvale della competenza di ricercatori con affermata esperienza in discipline chimiche, biologiche e mediche» ha affermato la Camatini, responsabile scientifica del «Tosca». I ricercatori fanno parte dei dipartimenti di Scienze dell’Ambiente e del Territorio, di Medicina Clinica e Prevenzione e di Medicina Sperimentale dell’Università di Milano-Bicocca, del dipartimento di Medicina del lavoro e dell’Ambiente e dell’Istituto di Tisiologia e malattie dell’apparato respiratorio dell’Università degli Studi di Milano.

I risultati finora raggiunti hanno evidenziato che:

– l’inquinamento da PM10 estivo, ricco di endotossine batteriche produce, sulle cellule alveolari dei polmoni, tossicità e infiammazione più rilevanti rispetto al PM10 invernale,

– il PM2,5 invernale ed estivo inducono una risposta infiammatoria meno importante rispetto al PM10;

– il PM2,5 invernale, ricco di idrocarburi, causa alterazioni nel Dna delle cellule polmonari;

– il PM2,5, più in generale, risulta meno tossico per le cellule rispetto al PM10;

– le particelle ultrafini (PM1) sono responsabili di effetti cardiocircolatori e di alterazioni funzionali in altri organi.

Campionamento e caratterizzazione chimico fisica del PM

I campionamenti delle frazioni di PM10, PM2,5, PM1, e PM0,4 sono state effettuate dal gruppo di ricerca del prof. Ezio Bolzacchini tra luglio e settembre 2008 e tra novembre 2008 e febbraio 2009 nel sito Torre Sarca (situato nella zona nord-est di Milano) ad alto traffico veicolare, rappresentativo dell’ambiente atmosferico urbano di Milano. I campioni sono stati poi caratterizzati per la loro composizione chimica e microbiologica (una componente potenzialmente co-responsabile delle risposte infiammatorie e allergiche scatenate dall’inquinamento atmosferico), creando successivamente una banca dati dei risultati ottenuti.

Le analisi di concentrazione del PM fine (PM2,5) hanno rivelato alte concentrazioni con una media annuale nel 2008 di 34 µg/m3, evidenziando la difficoltà di rientrare nei limiti previsti dalla nuova Direttiva quadro 08/50/CE del 21 maggio 2008 che pone come «valore obiettivo» 25 µg/m3 da raggiungere al 1°gennaio 2010.

In inverno circa l’80 % del PM10 è costituito dalla frazione fine, mentre in estate è circa il 60 %. In estate vi è un contributo importante del particolato di origine secondaria che si forma per reattività fotochimica, come i solfati e gli acidi carbossilici. In inverno si ha un maggior contributo di composti organici da combustione: gli idrocarburi policiclici aromatici(Ipa) incrementano di 4-5 volte rispetto al particolato estivo.

Gli studi microbiologi hanno evidenziato notevoli differenze nella composizione delle comunità batteriche tra i PM estivi e quelli invernali. È di rilevante importanza la presenza nella stagione estiva di popolazioni numerose di microrganismi normalmente associati alla vegetazione, che, data la composizione della loro parete cellulare, possono contribuire al potenziale infiammatorio del PM estivo. È stato inoltre dimostrato che molti microrganismi associati al particolato atmosferico portano resistenze alle più comuni classi di antibiotici, ma la possibilità di trasmissione di queste resistenze a microorganismi patogeni è stata ritenuta poco probabile, facendo escludere al momento un rischio per la salute dovuto alla diffusione di resistenze ad opera dei microorganismi del PM.

Analisi tossicologiche e cliniche

I campioni di PM10, PM2,5,PM1 e PM0,4 sono stati utilizzati per le analisi sui modelliin vitroe in vivo. Colture di cellule polmonari umane sono state esposte ai diversi particolati per valutare la mortalità cellulare e le risposte infiammatorie. Tali esperimenti, sono stati condotti dal team della prof.ssa Marina Camatini.

Le analisi hanno mostrato che l’esposizione a PM10 estivo induce nelle cellule e nei tessuti polmonari un forte stato infiammatorio acuto dovuto alla maggior dimensione delle particelle e all’abbondanza di endotossine batteriche. L’attivazione di risposte infiammatorie di difesa è molto meno efficace nei sistemi biologici trattati con PM fini invernali. Le particelle più fini e ricche di composti organici come gli Ipa attivano invece vie metaboliche che portano a danni di tipo genotossico (danni al Dna) e ad alterazioni del normale ciclo cellulare. I dati preliminari sugli effetti delle particelle ultrafini (PM1 e PM0,4) su cellule e polmoni indicano la bassa capacità di questo particolato di indurre stati infiammatori acuti, ma maggiori interferenze sul sistema della coagulazione sanguigna, suggerendo un’influenza delle particelle più piccole sul sistema cardio-circolatorio.

Effetti sulla salute

Tre unità di ricerca coordinate rispettivamente dal prof. Paolo Carrer, docente di Medicina del Lavoro all’Università di Milano, dal prof. Pietro Alberto Bertazzi, del Dipartimento di Medicina del Lavoro dell’Ospedale Maggiore Policlinico e dal prof. Alberto Pesci, pneumologo della clinica di Pneumologia dell’Università di Milano-Bicocca/Ospedale San Gerardo di Monza, si sono occupate dell’indagine del rapporto tra esposizione allo smog ed effetti sull’organismo umano.

Questa ricerca è stata effettuata su 81 soggetti residenti nell’area milanese, selezionati in base a caratteristiche adeguate allo studio, esposti a inquinamento atmosferico sia professionalmente sia durante la normale vita quotidiana. Questi risultati verranno utilizzati per lo studio di parametri funzionali, biochimici e genetici.

Il professor Pesci, in particolare, ha seguito un gruppo di vigili urbani sani e non fumatori e i risultati indicano la presenza di un danno polmonare legato al particolato fine, con un trend che sembra essere in relazione agli anni di servizio.

Il prof. Bertazzi, invece ha concentrato i suoi studi su un gruppo di lavoratori di una acciaieria per poter valutare alcuni parametri relativi all’attivazione del Dna. L’acciaieria è un ambiente in cui le polveri sottili sono molto alte e i lavoratori sono quindi soggetti ad una esposizione intermittente che permette di analizzare gli effetti sul Dna a fine turno, facendo confronti con i valori registrati all’inizio del turno. Dai primi risultati è emerso che i geni infiammatori vengono riprogrammati completamente dalle polveri sottili, predisponendo il lavoratore alla trombosi.

L’esposizione al PM è sempre più alta nel periodo invernale, quando il contributo dei livelli di PM esterno è maggiore. Inoltre è stato osservato che la permanenza in ambienti chiusi, ove avviene cottura di cibo con fiamma, e l’uso dell’autovettura determinano un significativo incremento dell’esposizione a particelle ultrafini.

Le diverse frazioni del PM hanno evidenziato effetti differenziati sui parametri clinici indagati: la frazione più grossolana (PM10) induce processi infiammatori, mentre la frazione più fine (PM1)interferisce sui meccanismi legati alla coagulazione del sangue.

I dati di fisiopatologia polmonare nelle categorie esposte professionalmente, indicano che l’esposizione prolungata determina nel corso degli anni una riduzione della performance respiratoria con una correlazione tra gli anni di servizio ed un aumento dell’infiammazione di fondo.

In sintesi questi risultati confermano i risultati ottenuti nei sistemi sperimentali di laboratorio: il PM induce uno stato infiammatorio polmonare e sistemico, con l’attivazione significativa di fenomeni coagulatori.

Parallelamente a questi studi vengono condotti studi epidemiologici in grado di correlare i dati di ospedalizzazione reperibili da fonti ufficiali, con le concentrazioni, e con i risultati più rappresentativi ottenuti dalla caratterizzazione chimica e tossicologica del PM.

Studi epidemiologici

Le analisi epidemiologiche sono effettuate dal gruppo guidato dal prof. Giancarlo Cesana, docente di Medicina del Lavoro nell’Università di Milano-Bicocca, e finora sono stati valutati gli andamenti dei ricoveri per motivi legati a patologie respiratorie e cardiovascolari nel 2005 e del consumo di specifici farmaci in relazione ai diversi livelli di esposizione all’inquinamento della popolazione lombarda.

Sono infatti in fase di valutazione 15mila ricoveri ospedalieri e 1,5 milioni di prescrizioni per valutare eventuali variazioni imputabili all’inquinamento atmosferico.

La popolazione di riferimento è costituita da circa 460mila residenti nei comuni di Monza, Sesto San Giovanni, Bergamo, Sondrio, Lodi, Mantova. Le concentrazioni giornaliere di PM10 si riferiscono a dati Arpa Lombardia.

Lo studio ha evidenziato che concentrazioni elevate di PM10 danno luogo a un modesto incremento nel numero dei ricoveri sia per patologia respiratoria sia per patologia cardiovascolare, anche se più consistente per la prima tipologia di ricovero.

I soggetti giovani e quelli anziani risultano essere più suscettibili dei soggetti di età media e le donne più suscettibili degli uomini ai ricoveri ospedalieri in presenza di forti concentrazioni di PM10. Inoltre, il trattamento con farmaci respiratori o cardiovascolari riduce l’effetto negativo degli inquinanti.