«No» alla centrale a carbone a Saline Joniche

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Il progetto è stato curato dalla multinazionale svizzera Sei, che garantisce sulla sicurezza dell’impianto in termini d’impatto ambientale e ha mostrato, inoltre, i benefici che produrrebbe sul territorio

No alla centrale a carbone a Saline Joniche. Ferma opposizione di diverse associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace, Legambiente, Lipu e Wwf al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2012.

Il progetto è stato curato dalla multinazionale svizzera Sei, che garantisce sulla sicurezza dell’impianto in termini d’impatto ambientale e ha mostrato, inoltre, i benefici che produrrebbe sul territorio.

Le associazioni hanno inviato una lettera al Presidente della Regione Calabria, tramite la quale chiedono ripetutamente di impugnare il Dpcm, con cui viene legiferato il beneplacito al proseguimento dell’iter autorizzativo della centrale.

Il governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, ha sempre ribadito la sua contrarietà alla realizzazione dell’opera, lasciando tuttavia la decisione finale ai territori.

Le opposizioni del consiglio regionale sono per lo più orientate in senso contrario alla centrale. «La vicenda non è di semplice e veloce analisi, d’altro canto siamo in presenza di un argomento delicato e per certi versi anche tortuoso – dichiara all’Adnkronos il capogruppo del Pdl in consiglio regionale Gianpaolo Chiappetta – la Regione, e in particolare le Giunte regionali hanno già assunto sul tema precise scelte e peraltro anche il consiglio regionale ha manifestato contrarietà sul progetto della centrale termoelettrica a carbone di Saline Joniche».

Di conseguenza la forzatura del Dpcm si scontrerebbe con le sentenze della Corte costituzionale che hanno stabilito il principio secondo cui la localizzazione degli impianti energetici non possa avvenire in assenza di intesa con la Regione interessata.

La Regione dovrebbe difendere la salute dei propri abitanti, perseguendo il benessere e lo sviluppo economico della propria cittadinanza sul medio e lungo termine e tenendo in seria considerazione il parere della popolazione della provincia interessata. Stando ad un recente sondaggio commissionato dal Wwf, solo il 26% degli intervistati è favorevole alla centrale, contro uno schiacciante 62%.

La multinazionale Sei difende il suo progetto, respingendo le accuse di impianti obsoleti, sottolineando che le tecnologie sono innovative e pulite e puntando, inoltre, sul fattore occupazione.

«Il personale previsto nei cinque anni di costruzione – spiega la società – è stimato in circa 1.200 unità con punte di circa 1.700 tra il 15° ed il 30° mese, per un totale di 8 milioni di ore di lavoro. Per quanto riguarda l’esercizio della centrale una volta costruita, le unità lavorative dirette previste sono pari a 143 come interni e 132 come personale esterno anch’esso fondamentale al buon funzionamento dell’impianto».

In realtà neanche le ricadute in termini di posti di lavoro sembrano convincere molto e, osservando altre realtà come quelle di Scandale e Simeri, ci renderemmo conto che l’incidenza percentuale dell’occupazione potrebbe risultare, invece, alla fine dei giochi, davvero minima.

La Calabria ha bisogno di un futuro rappresentato da prospettive di sviluppo serie ed ecosostenibili, che non andrebbero a contraddire le coerenti ma non sempre costanti posizioni assunte dalla Regione in passato.