I cambiamenti climatici modificano le correnti aeree e i venti

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Il riscaldamento del nostro pianeta, secondo gli scenari di cambiamento climatico elaborati per il 2100, non sarà uniforme. Il maggiore riscaldamento interesserà le aree polari e quelle delle alte latitudini.

Pubblichiamo una sintesi del volume «Energia Eolica» (F. Sartogo, V. Ferrara, E. De Lorenzo), pubblicato da Dario Flaccovio Editore.

I movimenti delle masse d’aria in atmosfera sono basati su due tipi fondamentali di circolazione:

– una grande circolazione dinamica, dovuta al diverso riscaldamento tra equatore e poli e all’effetto della rotazione terrestre (forza di Corilolis) che crea una fascia di alte pressioni «dinamiche» calde a circa 30° di latitudine, una fascia di basse pressioni «dinamiche» fredde a circa 60° di latitudine e tra queste due fasce corrono veloci le cosiddette correnti occidentali ondulate alle nostre latitudini intermedie;

– una serie di circolazioni termiche, formate da alte pressioni «termiche» fredde e basse pressioni «termiche» calde, generate dalla differente capacità termica della superficie terrestre, tra continenti e oceani, tra mare e terra, tra bassa e alta troposfera. Tipiche circolazioni termiche sono quelle monsoniche e quelle di brezza. Tipiche dell’instabilità tra bassa ed alta troposfera sono i cicloni tropicali e i temporali.

Alle alte latitudini e sulle aree polari, la circolazione delle correnti aeree e i venti sono generati e regolati soprattutto dalla grande circolazione dinamica dell’atmosfera. Alle basse latitudini (subtropicali e intertropicali), invece, la circolazione delle correnti aeree è dominata soprattutto dalla circolazione termica. Alle medie latitudini, infine, domnina prevalentemente la circolazione dinamica in inverno, e domina prevalentemente la circolazione termica in estate.

Perchè cambia il vento, con i cambiamenti del clima

Il riscaldamento del nostro pianeta, secondo gli scenari di cambiamento climatico elaborati per il 2100, non sarà uniforme. Il maggiore riscaldamento interesserà le aree polari e quelle delle alte latitudini. Un riscaldamento più modesto, invece, interesserà le aree equatoriali e subtropicali, che però tenderanno ad espandersi in senso meridiano, spostando di conseguenza a più alte latitudini, sia la catena degli anticicloni dinamici caldi subtropicali, sia la fascia delle correnti occidentali delle medie latitudini.

Il maggiore riscaldamento delle aree polari, rispetto alle aree intertropicali e subtropicali, e l’espansione della fascia intertropicale verso più alte latitudini, causerà due conseguenze importanti per quanto riguarda l’energia cinetica e il vento:

– la differenza di temperatura tra aree polari e aree intertropicali tenderà a diminuire, dunque tenderà a diminuire la necessità di trasferimento di flussi di calore tra equatore e poli. I flussi di energia cinetica, pertanto, potrebbero diminuire di circa 1,5%, riducendo, a livello globale, la ventilazione media e l’intensità media del vento;

– la distanza tra la fascia intertropicale e le zone polari, tenderà a diminuire. Dunque, il gradiente orizzontale di temperatura (che misura la differenza di temperatura rispetto alla distanza) tra aree polari e aree intertropicali tenderà a rimanere quasi invariato. Questo significa che la diminuzione dell’energia cinetica e della ventosità non riguarderà le alte latitudini, ma interesserà soprattutto le aree subtropicali e le basse latitudini, cioè le aree soggette all’espansione meridiana della fascia intertropicale, in pratica le stesse aree soggette a maggior rischio di siccità e desertificazione.

Anche se la prospettiva di un mondo più caldo, e mediamente meno ventoso, appare alquanto evidente, nella realtà le modifiche più importanti delle correnti aeree causeranno uno spostamento dei flussi di energia cinetica dal piano orizzontale (cioè flussi derivanti da moti orizzontali) al piano verticale (cioè flussi derivanti da moti verticali e convettivi).

Va, infatti, osservato che, quando l’atmosfera globale diventa più calda, essa si dilata e, con la dilatazione termica aumenta la sua energia potenziale globale. Un aumento di temperatura di 3-4°C farà innalzare il centro di massa dell’atmosfera globale, attualmente localizzato attorno ai 5.700 metri di quota, di circa 70-80 metri, cioè un aumento di una quota compreso fra il 1,2% e il 1,5%, variandone le condizioni generali di equilibrio, ma aumentando nel contempo l’energia potenziale totale della stessa percentuale. Poiché l’energia potenziale è strettamente interconnessa con l’energia cinetica, soprattutto nelle trasformazioni energetiche legate ai moti convettivi verticali, è ragionevole ipotizzare che, se aumenta l’energia potenziale, anche i moti convettivi e la circolazione delle masse d’aria associata ai moti convettivi verticali, subiranno un’intensificazione.

Questa ipotesi trova conferma anche da un’altra considerazione, relativa alla stabilità verticale delle masse d’aria. Lungo la verticale dell’atmosfera, l’aumento della temperatura non sarà uniforme: crescerà di più negli strati più prossimi al suolo, ma diminuirà, invece, negli strati più alti, un comportamento questo già in atto come dimostrano le misure sperimentali al suolo e in quota. Un aumento della differenza di temperatura tra suolo e quota è la causa primaria di aumento delle instabilità convettive e dei moti di rimescolamento verticale.

Dunque, l’eventuale perdita di energia cinetica (e intensità del vento) legata alla grande circolazione delle masse d’aria associata ai cicloni ed anticicloni dinamici che presiedono gli scambi energetici tra le basse e le alte latitudini, sarà compensata dall’aumento dell’energia cinetica legata alla circolazione termica delle masse d’aria. La circolazione termica delle masse d’aria è associata agli scambi di energia tra mare e terra o tra continenti ed oceani (per esempio monsoni e brezze) ed alla formazione di fenomeni termoconvettivi delle basse latitudini (per esempio, cicloni tropicali, tornado e temporali).

Conclusione

La maggior energia, per effetto serra, acquistata dall’atmosfera e lo spostamento più a nord della fascia degli anticicloni dinamici porterà molto probabilmente alle seguenti conseguenze.

– Diminuisce l’intensità dei venti «dinamici», legati alla circolazione generale dell’atmosfera, soprattutto alle basse latitudini e, in parte, alle prospicienti medie latitudini: una diminuzione che interesserà di più i continenti che gli oceani, di più l’emisfero nord che l’emisfero sud. Aumentano nello stesso tempo le irruzioni di masse d’aria di tipo meridiano (ondate di aria gelida da nord o di aria torrida da sud) a causa del concomitante aumento di ampiezza delle oscillazioni meridiane delle correnti occidentali, ma soprattutto del concomitante eumento dell’influenza delle circolazioni termiche di tipo monsonico, a più basse latitudini;

– Aumenta l’intensità dei venti «termodinamici», legati alla circolazione termica dell’atmosfera, soprattutto alle basse latitudini e in parte alle prospicienti medie latitudini: un aumento che interesserà l’interfaccia tra continenti e oceani, e tra mare e terra. Aumenteranno anche i moti covettivi verticali di tipo estremo, un aumento che interesserà le grandi superfici intertropicali surriscaldate, sia oceaniche, sia continentali.

Inoltre, la crescita dell’urbanizzazione e delle superfici antropizzate, l’uso del suolo e i cambiamenti di uso del suolo, aumenterà la turbolenza (meccanica e termodinamica) e l’attrito delle masse d’aria che scorrono sulla superficie terrestre.

Turbolenza e attrito sono le cause primarie della riduzione dell’intensità del vento nei più bassi strati dell’atmosfera, soprattutto nelle aree ad alta densità di attività umane e di antropizzazione.

(Vincenzo Ferrara, Enea)