Acne, quelle ferite lasciate nell’anima

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Un lavoro originale che tocca gli aspetti cruciali dell’80% degli adolescenti. La via crucis delle diete, il bisogno di avere un’amica sincera e l’arma formidabile dell’autoironia

Margherita De Napoli, attivamente presente on line nella sfera comportamentale, con commenti, rubriche e articoli, si propone con un lavoro vivace, un po’ diario un po’ racconto, pubblicato da Progedit, «Mi chiamarono Brufolo Bill».
Le abbiamo rivolto alcune domande.

Chi è Brufolo Bill?
Uno e centomila. Certo, è la mia storia, è l’autobiografia semiseria di Margherita, una «vittima» dell’acne, ma potrebbe essere raccontata dai tantissimi (l’80% dei teenager italiani) che convivono forzosamente, per un tratto della loro vita, con i brufoli. Durante la parentesi acneica mi sono sentita sola, pochi comprendevano il disagio che vivevo, tranne chi mi era più vicino.

I canoni di bellezza imperanti alimentano il disagio di cui parli?
Senz’altro, i diktat estetici che propagandano una perfezione irraggiungibile creano un senso d’inadeguatezza. Figuriamoci durante l’adolescenza quando si forma il carattere e la vita sociale diventa sempre più importante. L’essere accettati è essenziale per acquisire fiducia in se stessi. L’acne aumenta la sensazione di vulnerabilità e questo non si confessa a nessuno perché si teme di essere derisi, è quasi un tabù che imprigiona, le sbarre sono gli occhi degli altri, ci si sente degli «osservati speciali» e lo stress sale, così s’instaura un circolo vizioso.

«Mi chiamarono Brufolo Bill» è un diario in cui racconti altre storie e ti proponi come amica dei tuoi lettori, perché?
Sì, vorrei essere un’amica, quell’amica che non ho avuto, con la quale poter mettere a nudo i sentimenti senza timore di esser presa in giro o giudicata, quasi una sorella maggiore per stare al fianco di chi s’imbatte nel «Bubbone gigante» (è l’immagine di copertina, N.d.R.), una «complice» che può dare qualche dritta utile nel difficile mestiere di crescere. Infatti nel libro il «brufolo» è solo il filo rosso lungo il quale s’inanellano episodi di vita quotidiana: batticuori, ansie scolastiche, burrasche sentimentali, momenti malinconici e divertenti in cui riconoscersi. Tra le pagine c’è anche un piccolo segreto per non farsi tarpare le ali dalla timidezza, altro grande capitolo (inesplorato) nella vita di tanti giovani (e non).

Esiste un rapporto tra acne e alimentazione seguita?
Quante ne ho provate! Ho ingurgitato chili di yogurt, germi di grano, bevuto disgustose tisane, ma al di là di queste soluzioni estemporanee ho sempre seguito, prima, durante e dopo l’invasione dei brufoli «alieni», lo stesso stile alimentare, la dieta mediterranea. Ho letto che gli idoli del momento, gli One Direction, hanno problemi di acne e il manager ha proibito il junk food (cibo spazzatura) sostituendolo con centrifugati di verdura. Persino le dive di Hollywood come Cameron Diaz (anche lei contro il cibo spazzatura), hanno lottato per sconfiggere il «Propionibacterium acnes», un batterio commensale della pelle, imputato numero uno nell’insorgenza degli odiosi brufoli.

Quanto conta l’autoironia come arma per superare i momenti difficili?
Molto. Sorridere con indulgenza dei propri punti deboli aiuta ad essere meno fragili e ad assorbire meglio il malessere provocato da chi con le sue battute, magari inconsapevolmente, ci ferisce. Una ragazza, in un forum online in cui tanti raccontano gli sconforti causati dai malefici pedicelli, ha scritto: «Le cicatrici peggiori sono quelle che l’acne lascia nell’anima». Verissimo, e solo chi l’ha provato può comprenderlo. Come credete ci si senta quando si viene chiamati «Brufolo Bill»? Io, dopo le lacrime, ci ho scritto un libro. L’allegria è un «farmaco» per tirar su l’autostima e mettere ko i brufoli… ridere fa bene all’umore e alla pelle, parola di «Brufolo Bill».