Un giovane esemplare di capriolo italico del Gargano allevato in cattività è stato ritrovato dal Corpo forestale dello Stato. Perché non bisogna avvicinarsi. Le problematiche della reimmissione in natura. Otto regole da seguire. La peculiarità della specie che vive sul Gargano
Un giovane esemplare di Capriolo italico, la sottospecie endemica italiana (cioè presente solo in alcune aree dell’Italia centromeridionale tra cui il Gargano), è stato rinvenuto dagli agenti del Corpo forestale dello Stato al limitare della Foresta Umbra nel Parco Nazionale del Gargano.
Gli agenti del CfS, hanno rinvenuto il capriolo italico, un giovane di quasi un anno probabilmente di sesso femminile, in un recinto dove è stato allevato in cattività da un allevatore che lo ha trovato la primavera 2013.
«Accade spesso, per il comportamento di questa specie – evidenzia Maurizio Gioiosa Direttore scientifico del Centro Studi Naturalistici onlus già responsabile del progetto “Capriolo italico” dell’Osservatorio naturalistico del Parco nazionale del Gargano ed esperto sulla specie – che si ritrovino accucciati nell’erba piccoli apparentemente abbandonati, ma che in realtà sono attentamente seguiti e allattati dalla loro madre che li lascia, solo temporaneamente, per nutrirsi ma soprattutto per evitare di attrarre predatori, visto che il piccolo è molto mimetico (il classico “bambi” a macchioline bianche) e assolutamente privo di odore». In questi casi, purtroppo, molti ben intenzionati (escursionisti, allevatori, ecc.), credendoli abbandonati, li raccolgono per consegnarli al CfS o al Parco ma i cuccioli, una volta acquisito l’odore dell’uomo, non saranno più riconosciuti dalla madre e difficilmente sopravvivono alla cattività visto che è molto difficile allevarli. È per questo che in Foresta Umbra, ogni anno, in primavera, in collaborazione tra CfS-Utb, Regione Puglia Settore Foreste, Ente Parco e Csn Onlus, vengono affissi appositi avvisi che informano tutti i fruitori della foresta di «non toccare» eventuali cuccioli ma di segnalarli.
In questo caso, evidentemente, l’esperienza dell’allevatore ha giocato un ruolo importante nel portare a compimento le difficili cure necessarie allo sviluppo del cucciolo.
Nei prossimi giorni il Corpo forestale dello Stato guiderà il personale dell’Ente Parco Nazionale del Gargano, i naturalisti del Centro Studi Naturalistici e il personale veterinario in uno specifico sopralluogo finalizzato a valutare con precisione i caratteri morfologici (sesso, età, ecc.) il comportamento e lo stato di salute dell’animale, anche al fine di incominciare a formulare delle ipotesi attendibili sul futuro di questo esemplare.
A questo proposito, infatti, non è affatto semplice immaginare una re-immissione dell’esemplare in natura, vista la familiarità con l’uomo acquisita in tenera età (imprinting), che renderebbe una liberazione immediata, certamente fatale.
Lungi dal voler mitizzare o, peggio, suggerire ad altri di fare lo stesso (trattandosi di una popolazione a bassa densità di una sottospecie endemica italiana, protetta nel Parco Nazionale e, anche al di fuori, dalla legge regionale), l’importanza di questo ritrovamento è notevole sia per la rarità della popolazione garganica di questa sottospecie e sia per il contributo che questo esemplare potrà dare in termini di conservazione del capriolo (aspetti educativi, genetici, ecc.) nel Parco nazionale del Gargano.
Come identificarlo
Il capriolo, il più piccolo cervide italiano, è alto al massimo 75 cm alla spalla e pesa circa 20-30 kg. Il mantello ha una colorazione che varia dal marrone-rossastro in estate al marrone-grigiastro con posteriore bianco molto evidente in inverno; la coda è pressoché assente. Il maschio possiede, per circa otto mesi all’anno, il «palco», spesso erroneamente chiamato «corna», costituito da due stanghe generalmente dotate di tre punte ciascuna.
Habitat
Predilige ambienti a mosaico costituiti da alternanza di boschi e aree aperte (radure, praterie, coltivi), foreste continentali e mediterranee con folto sottobosco e radure, macchia alta. Gli ambienti frequentati dal capriolo italico sul Gargano sono i principali complessi forestali di latifoglie a cerro e faggio, anche se privi di radure.
Distribuzione
Il capriolo è presente in Europa, Asia minore e parte del Medio Oriente. Una specie simile vive in Siberia, Mongolia, Cina e Corea. La sottospecie presente in Europa è quella nominale Capreolus capreolus italicus, ma lo zoologo italiano Festa nel 1925 descrisse il C. c. italicus, una sottospecie endemica dell’Italia centromeridionale che recentemente, anche grazie ai campioni provenienti dal Gargano, è stata confermata dal punto di vista genetico. A questa sottospecie, oltre ai cosiddetti «nuclei storici» del Gargano, di Orsomarso (Parco Nazionale del Pollino) e della Tenuta Presidenziale di Castelporziano vicino Roma, apparterrebbero anche le popolazioni della Toscana meridionale.
Sul Gargano la maggior parte della popolazione è concentrata nel complesso Foresta Umbra, ma non mancano segnalazioni di presenza stabile nel resto del territorio, anche all’esterno dell’area protetta.
Genetica
La popolazione del Parco nazionale del Gargano è quella ecologicamente più isolata, dove è più probabile che si possano essere conservate le caratteristiche della popolazione italica. Le prime indagini scientifiche, mettendo a confronto varie popolazioni del bacino del Mediterraneo, evidenziano la presenza di elementi unici che differenziano il patrimonio genetico del capriolo del Gargano dalle altre popolazioni di capriolo italico.
Ecologia e biologia
Da aprile a settembre si osserva generalmente solitario, mentre da ottobre ad inizio aprile tende a formare piccoli gruppi. In Foresta Umbra in inverno sono stati più volte osservati piccoli gruppi formati da femmine e giovani. Prevalentemente notturno, il capriolo trascorre il giorno nel folto della vegetazione per rendersi più visibile al crepuscolo.
L’alimentazione è costituita da arbusti, erbe, fogliame e frutti.
Da fine aprile ad agosto i maschi adulti marcano il proprio territorio sfregando e scortecciando arbusti e giovani alberi con i palchi, raspando il terreno, lasciando la secrezione odorosa delle ghiandole cutanee e anche emettendo una specie di «abbaio». Da fine giugno ad agosto ha luogo la stagione degli amori: il corteggiamento è rappresentato da lunghi inseguimenti che si concludono con l’accoppiamento. Nella primavera inoltrata le femmine partoriscono generalmente due piccoli, che allattano fino ai primi mesi dell’estate.
I principali predatori naturali del capriolo sono la lince e il lupo: mentre il primo è assente nel Parco, il lupo, da qualche anno, ha fatto registrare nuovamente la sua presenza sul Gargano. Tra i predatori occasionali sono presenti la volpe e il gatto selvatico.
I cani vaganti sono invece dei predatori efficaci e costituiscono una delle principali minacce per questa popolazione. Il cinghiale potrebbe predare i piccoli appena nati.
Conservazione
Fino all’inizio degli anni 90, le conoscenze sullo status del capriolo sul promontorio del Gargano erano esigue e frammentarie. Il monitoraggio della popolazione, sulla base delle indagini preliminari svolte tra il 1995 e il 2001 dal Centro Studi Naturalistici e, poi, dall’Osservatorio Naturalistico del Parco Nazionale del Gargano, è stato poi puntualmente definito con l’avvio nel 2002 di una prima fase di studio condotta dall’Università di Siena, su incarico dell’Ente Parco fino al 2008. Negli anni a seguire, con la ripresa delle attività dell’Osservatorio Naturalistico del Parco, affidato dall’Ente Parco al Centro Studi Naturalistici onlus, è stato progettato e attuato uno specifico progetto di conservazione del Capriolo italico nel Parco.
Anche a livello nazionale, allo scopo di promuovere e pianificare le attività di conservazione rivolte a questo importante endemismo, si è di recente conclusa la redazione di uno specifico «Piano d’azione nazionale per il capriolo italico» promosso dal ministero per l’Ambiente e curato dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica, con la collaborazione di numerosi esperti nazionali.
8 «buone azioni» per il capriolo e l’altra fauna
Ciascuno può fare qualcosa per il capriolo. Agricoltori, allevatori, cittadini, cacciatori, turisti, amministratori, studenti, forestali e anche i bambini possono dare il proprio piccolo, ma prezioso, contributo.
Ecco otto «buone azioni» per il capriolo
1. Custodire bene i propri cani nella masseria o, quando si conducono in giro, sorvegliarli ed evitare che possano vagare da soli o in gruppo (anche e soprattutto di notte). Segnalare sempre la presenza di cani vaganti non custoditi al Corpo Forestale dello Stato – Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Parco.
2. Non toccare i piccoli di capriolo! Se ne trovate uno accovacciato fra l’erba, allontanarsi al più presto, la madre potrebbe essere nelle vicinanze e non tornerà ad allattarlo finché non si sentirà sicura. Inoltre i piccoli, se toccati o avvicinati, potrebbero essere abbandonati per sempre dalla madre o predati più facilmente.
3. Nelle aree agricole vicine ai boschi, effettuare le falciature primaverili con la massima attenzione, preferibilmente ispezionando con cura il campo in modo da individuare eventuali caprioletti. Nel caso questi vengano individuati e non sia possibile rimandare la falciatura o evitare di falciare quella porzione di campo, chiedere l’intervento del Corpo Forestale dello Stato – Coordinamento Territoriale per l’Ambiente del Parco.
4. Attuare nei propri campi, pascoli e boschi alcune semplici azioni di miglioramento ambientale a fini faunistici non solo contribuisce alla conservazione della natura, dell’ambiente e del paesaggio ma, facendo ritornare il capriolo e altri animali selvatici, aumenta anche il «valore» ecologico di quel luogo, in particolare per gli aspetti collegati all’eco-turismo (p.es. nei pressi di aziende agrituristiche). Gli interessati possono chiedere informazioni all’Ente Parco.
5. Custodire il bestiame in modo da osservare le norme di rispetto forestale ed evitare l’eccessivo sfruttamento del pascolo, anche nel proprio diretto interesse.
6. Guidare con prudenza, specie dall’imbrunire alle prime ore del giorno. Spesso i caprioli (oltre ai cinghiali e alle mucche) transitano sulle strade interne del Gargano, causando incidenti più o meno gravi.
7. L’esercizio dell’attività venatoria (nelle aree contigue al parco), nei tempi e con le modalità e i mezzi consentiti, è già di per sé una forma di rispetto. L’utilizzo di pratiche sostenibili di caccia al cinghiale che siano più tecniche, raffinate ed efficaci, come per esempio la cosiddetta girata con uno o due cani ben addestrati (al posto della braccata, con una intera muta di cani in inseguimento), è senz’altro un notevole contributo alla conservazione della fauna e, in particolare, della nostra preziosa popolazione di capriolo italico.
8. Diffondere queste semplici informazioni tra amici e parenti, a scuola, in ufficio, in piazza, all’associazione o al bar è un semplice ma utilissimo gesto alla portata di tutti.