Il laboratorio facilita la dinamica liberante. Prima di tutto per il dato organizzativo del gruppo che realizza una maggiore fisionomia associativa funzionale e riduce al massimo quella della «classe-struttura». La sua composizione, infatti, è più flessibile, sia nell’organizzazione (classe aperta) che nel libero scambio tra i componenti e nelle iniziative affidate alla creatività dei partecipanti.
La variabilità può essere anche richiesta dalle impostazioni didattiche modulari caratterizzate da progetti dinamici relativi ad aree di specificità tra di loro complementari, secondo settori di interesse e competenze degli interventi: elementi declinati secondo le abilità e le scelte dei partecipanti, tutto in vista del prodotto finale unitario.
La partecipazione variabile è consequenziale alle misure di calibratura declinate secondo il traguardo prefissato, mentre le differenze individuali rivelano, in tempo reale, il tasso di partecipazione e il valore degli apporti confluenti: la compensazione tra i partecipanti riconosce a ciascun di essi l’importanza del proprio contributo confluito.
Gli interventi individuali seguono ritmi e registri che ogni componente somministra spontaneamente per la migliore realizzazione del risultato complessivo unitario.
L’attività in laboratorio allenta il «panico di prestazione», fenomeno molto diffuso tra gli alunni e spesso latente. È la sinergia moltiplicativa, alimentata dalla dinamica tra le persone, che velocizza i processi, sollecitando lo scambio e provocando al tempo stesso gratificazione.3
La condizione associativa del gruppo non è un modello con fattore sommativo bensì, caratterizzandosi come interscambio tra tutti gli agenti (ABCDE), produce il rapporto di moltiplicazione (ax[bcde]), applicato via via ad ogni componente come moltiplicatore rispetto agli altri: su 5 componenti un gruppo = 20 relazioni. L’etimologia del termine dinamica, all’origine del suo impiego, ha incluso il senso di «potenza, quadrato di un numero»4: cosa che illustriamo con l’immagine stellare (la figura inscritta nel pentagono). Ove poi il gruppo fosse di più persone, come avviene in una classe, la moltiplicazione sinergica si arricchirebbe di fattori molto più numerosi che, se rendono più complessa l’agilità operativa, producono una più vasta ed intensa sinergia. In tal caso i sottogruppi sono una risorsa conveniente ed utile per realizzare la maggiore speditezza nei processi.
Il «noi» si scompone e si ricompone, il singolo assaggia e poi gusta i messaggi della comunicazione, mentre cresce il senso e l’ambito della propria autonomia. Confronto e partecipazione, emulazione ed originalità sono elementi normali in situazione di reciprocità mentre non sono frequenti nell’assetto standard della classe, in cui l’assenza di comunicazione tra i compagni diventa il simbolo della classe modello! In essa ciascuno si spende per se stesso, privilegiando l’hortus conclusus, la riservatezza e l’esclusione come virtù di privilegio e di stima.
La competizione, però non è fine a se stessa, non è una gara contro qualcuno, ma «cum-pétere = aspirare, andare, cercare insieme», composizione in cui prevale più che il chiedere il fare insieme: unitarietà dei percorsi, adesione al progetto, convergenza degli intenti.
Dall’etimologia … alla scoperta dell’azione gruppale: il laboratorio valorizza l’accorgimento della sinergia e dell’unità. Unità all’interno del gruppo e unità verso il prodotto: unitarietà come schema intrinseco del laboratorio.
Il singolo, nell’itinerario di questo processo, osserva il proprio tono e si dispone emotivamente al gesto del cinque, una gioia condivisa come quella dei compagni della squadra che esultano per il punto conseguito nella competizione.
In questo senso il laboratorio destruttura la materialità dell’ambiente mentre aiuta a strutturare l’autonomia dei singoli, partecipanti al processo produttivo.