Un concetto e non solo un versatile materiale

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Al di là delle definizione, delle conoscenze scientifiche, delle loro straordinarie applicazioni e dei loro costi contenuti, questi materiali complessi propongono alla nostra attenzione anche concetti sui quali la nostra riflessione può offrire molto più della disponibilità concreta di prodotti di accertata utilità o che consentono, per il loro basso costo, di soddisfare consumi diffusi e compulsivi.

«Plastica» esprime significati che vanno ben oltre l’allegro colore e la gradevole forma di un contenitore per uso alimentare o l’efficacia della protezione da apparecchiature che sono fonti di pericoli (di origine meccanica, elettrica, termica) o la comodità di un materiale impermeabilizzante (pronto anche in versione spray) o l’affidabile resistenza di un materiale sottoposto a sollecitazioni meccaniche o la suggestione di un confezionamento finalizzato a favorire il consumo di un certo prodotto.
«Plastica» ha, infatti, radici semantiche che si perdono nei tempi più lontani della nostra presenza consapevole, nel divenire delle cose del mondo. «Plastica» richiama quelle particolari proprietà e conformazioni che l’uomo ha cercato sempre di attribuire alle cose, modellandole e spendendo il proprio ingegno per dare ad esse forme intenzionali e significati comunicabili. Forme plastiche sono quelle che propongono, ancora oggi, ambienti, uomini, animali disegnati in forma di graffiti sui muri di caverne preistoriche o sagome antropomorfe plasmate manipolando l’argilla o suggestive figure femminili scolpite nella pietra o atleti e guerrieri ricostruiti in stampi e riemersi dal bronzo fuso in essi versato o immagini di varia natura trasferite nel conciso spazio di un bassorilievo o volti e scenari concreti e astratti riportati nella realtà bidimensionale di una tela.
Plastici sono quei luoghi, ricostruiti dall’uomo, in forma di piazze delle città (che accolgono incontri, offrono risorse alla diversità creativa, uniscono volontà operative) o con una successione di edifici possenti (che sono segno di grandiosità di mezzi e di potere) o con lo sviluppo spontaneo di una vicinanza abitativa e di un’edilizia, essenziale e armoniosamente combinata, che danno la misura di una vocazione umana alle relazioni sociali, alla coesione d’intenti, alle aggregazioni collaborative.
Dunque, fin dai tempi più lontani delle nostre civiltà, il concetto di plasticità, comunque definito, ha indicato la predisposizione di certi materiali (ma anche di certi contenuti e modi del saper pensare umano) ad assumere le forme più originali, che sono alla portata della nostra genialità creativa e interpretativa (fatta di riflessioni, di giudizi, di intenzioni, di scelte) e delle nostre abilità manuali e tecnologiche.
«Plastica» è un termine universale che può essere richiamato per un commento su qualsiasi forma di arte. Nel suono di uno strumento musicale, nei movimenti di una danza, nelle rappresentazioni della realtà sulla scena di un teatro o nelle invenzioni fantastiche di un mondo artificiale proposto su uno schermo (oggi anche con immagini tridimensionali) è sempre contenuto quel senso delle cose pronto ad animare, se lo ricerchiamo, i significati dei fenomeni vitali, le nostre speranze, ma pronto anche a deluderci con le limitazioni imposte dalle nostre contraddittorie, aspirazioni a realizzare, ciascuno a modo suo, il bene, il buono e il bello. Un senso che può essere inteso e anche frainteso, ma che può sicuramente offrire (alle nostre consapevolezze, responsabilità ed esperienze di vita) il valore aggiunto della nostra riflessione costante sul divenire delle cose, per interpretarle, condividerle, renderle umanamente fertili per tutti e per non lasciarci vincere, invece, dalle istintive inerzie, fisiche e mentali, di una condizione umana senza qualità.