Ecco perché il Ttip è un pericolo per salute e ambiente

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Il Ttip è un trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico, che abbattendo dazi e dogane tra Europa e Usa, renderebbe il commercio più penetrante. Usa e Ue divergono profondamente nel funzionamento dell’elaborazione e dell’applicazione delle misure Sanitarie e fitosanitarie. Negli Usa ogni anno almeno 48 milioni di persone si ammalano per aver mangiato cibo contaminato e 3mila muoiono per le conseguenze. In Europa sono state 70mila le persone che si sono ammalate per la stessa causa e 93 sono morte. Gli Ogm non verrebbero tracciati

La puntata di Report del 26/04/2015 su vitelli dopati e maltrattati, mazzette, loschi affari di allevatori, veterinari e commercianti senza scrupoli, consumatori ingannati e messi in pericolo, ha fatto preoccupare e arrabbiare molto.
Ebbene, se passasse il Ttip non potremmo più né arrabbiarci né tutelarci da chi vuole far business sulla nostra pelle, sulla nostra terra e sugli animali. Se passasse il Ttip il nostro benessere, la nostra salute e la nostra volontà di scegliere non conterebbe più nulla perché l’unica cosa da tutelare sarebbero gli accordi commerciali ed il profitto.
Sarà per questo che nei principali mass media anche il Ttip è un argomento tabù, di cui si preferisce non parlare o solo accennare? Informiamoci perché ne va del nostro presente e del nostro futuro.

Che cos’è il Ttip?
Il Ttip è un trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico, che abbattendo dazi e dogane tra Europa e Usa, renderebbe il commercio più penetrante. Viene negoziato praticamente in segreto per creare un mercato le cui regole, non verranno più decise democraticamente dai nostri Governi, ma da organismi tecnici sovranazionali in base alle esigenze dei grandi gruppi transnazionali (soprattutto imprenditoriali).
I «super-tecnici» ci rubano il potere decisionale…
Il Trattato prevede infatti organismi tecnici potenti e fuori controllo a protezione degli investimenti. Le imprese potrebbero citare i governi qualora questi, democraticamente, introducessero normative per il bene dei propri cittadini, che ledessero gli interessi privati economici, passati, presenti e futuri.
Tutti i settori di produzione e consumo come cibo, farmaci, energia, chimica ma anche i nostri diritti connessi all’accesso a servizi essenziali di alto valore commerciale come la scuola, la sanità, l’acqua, previdenza e pensioni, sarebbero tutti esposti a ulteriori privatizzazioni e alla potenziale acquisizione da parte dei gruppi economico-finanziari più attrezzati e competitivi.

Il Ttip produrrà rischi per i cittadini?
Sì. Gli Stati Uniti non hanno ratificato diverse convenzioni e impegni internazionali Ilo e Onu in materia di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. Questo rende, ad esempio, il loro costo del lavoro più basso e il comportamento delle loro imprese più disinvolto e competitivo economicamente e più irresponsabile sotto tutti gli altri punti di vista.

Il Ttip può produrre danni per la salute?
Sì. Basti ricordare un esempio eclatante: Nel 1988 l’Ue ha vietato l’importazione di carni bovine trattate con certi ormoni della crescita cancerogeni. Per questo è stata obbligata a pagare a Usa e Canada dal Tribunale delle dispute dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) oltre 250 milioni di dollari l’anno di sanzioni commerciali nonostante le evidenze scientifiche e le tante vittime. Solo nel 2013 la ritorsione è finita quando l’Europa si è impegnata ad acquistare dai due concorrenti carne di alta qualità fino a 48.200 tonnellate l’anno (alla faccia del libero commercio).

Esistono alternative al Ttip? A cosa potrebbero aspirare i cittadini del mondo afflitti dall’attuale crisi economica?
Da molti anni non solo movimenti, associazioni, reti sindacali ma anche istituzioni internazionali come Fao e Unctad, le agenzie Onu che lavorano su agricoltura, commercio e sviluppo, richiamano l’attenzione sul fatto che rafforzare i mercati locali, con programmazioni territoriali regionali e locali più attente basate su quanto ci resta delle risorse essenziali alla vita e quanti bisogni essenziali dobbiamo soddisfare per far vivere dignitosamente più abitanti della terra possibili, potrebbe aiutarci ad uscire dalla crisi economica, ambientale, ma soprattutto sociale che stiamo vivendo.

Quindi perché opporsi al Ttip?
Perché la protezione della salute, prima di tutto!
Usa e Ue divergono profondamente nel funzionamento dell’elaborazione e dell’applicazione delle misure Sanitarie e fitosanitarie: L’Ue applica il principio che ogni passaggio della produzione deve essere, almeno sulla carta, monitorato e tracciabile. Il sistema Usa, invece, verifica solo la sicurezza del prodotto finale. In assenza di una chiara prova, a carico dell’eventuale vittima di alterazione o sofisticazione, di collegamento evidente tra un’intossicazione e un alimento, l’alimento resta in commercio.

La posta in gioco a livello di sicurezza alimentare, è altissima e i numeri ce lo dimostrano…
Negli Stati Uniti, secondo i calcoli pubblici del Centers for Disease Control and Prevention, ogni anno almeno 48 milioni di persone si ammalano per aver mangiato cibo contaminato (in pratica un cittadino ogni 6) e 3mila muoiono per le conseguenze.
In Europa sono state 70mila le persone che si sono ammalate per la stessa causa e 93 sono morte. Dimensioni talmente lontane, per ora…

Perché la logica, il buon senso e il diritto di scelta è superiore alla «prova di scienza»… quale scienza poi, visto tutti gli scandali?
È proprio sul ruolo delle evidenze scientifiche, e del rischio per piante, umani e animali in base al quale reagire, che si gioca da anni la lotta commerciale tra Usa e Ue intorno a temi come gli Ogm, il pollo clorinato, la carne agli ormoni, i livelli dannosi di antibiotici, o di pesticidi ammessi nei mangimi o nell’alimentazione umana.
E tra ciò che spaventa di più c’è quanto scritto a p. 13 del trattato: «l’Accordo sarà vincolante per tutte le autorità regolatorie e regolamentari attive ad oggi, e su tutte le altre autorità competenti di entrambe le parti». Unico obiettivo? Quello «di ridurre gli avversi impatti sul commercio e gli investimenti … (dei) costi non necessari e dai ritardi amministrativi derivati dai regolamenti». Obiettivo segnalato come prioritario da chi? Dalle lobby industriali!

Perché vogliono vietare di etichettare gli Ogm e di accedere ai dati?
Rispetto agli Ogm, tema tra i più sensibili da ricondurre al Ttip, una delle battaglie di civiltà che rischia di essere archiviata è quella del fronte che si oppone alla circolazione di prodotti a base di Ogm senza specifica etichettatura (p. 26). Con il Ttip rischieremo anche noi ciò che è successo nel 2014 allo Stato del Vermont quando è stata approvata la richiesta di etichettatura dei cibi Ogm, la Grocery Manufacturers Association gli ha subito fatto causa.

I produttori Usa stanno chiedendo di inserire nel trattato Ttip una norma specifica contro le etichette!
Troppe volte abbiamo imparato sulla pelle di migliaia di vittime, che il concetto scientifico di pericolosità è variabile nel tempo, basti pensare al tabacco, all’amianto, alla diossina e che talvolta le aziende nascondono i risultati degli studi interni quando emergono pericolosità dei loro prodotti. E le lobby che fanno? Chiedono nel Ttip il rafforzamento delle regole sulla riservatezza delle informazioni aziendali, al fine di evitare fuoruscite di informazioni chiave. Inoltre c’è una forte opposizione alle iniziative dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) per facilitare l’accesso del pubblico ai dati provenienti da studi di sicurezza effettuati dall’industria.

Invece di dar manforte alla pressioni corporative dirette ad espandere l’invasione dei cibi spazzatura, i nostri Governi dovrebbero rafforzare le produzioni agricole ed alimentari locali e regionali, alimentando la diversificazione produttiva e la coesione sociale tra cittadini produttori e consumatori e sostenendo le forme più sane, sostenibili e «verdi» di agricoltura contadina.

E invece che fa, nei fatti, il nostro Governo?

– Non ci spiega come vuole procedere, di preciso, con il Ttip.

– Dice no all’educazione alimentare per ridurre il consumo di alimenti poco salutari e di alto impatto ambientale. Infatti è notizia fresca che la proposta pentastellata, di educazione alimentare, riduzione dei consumi di alimenti di origine animale, per favorire un alimentazione sana e sostenibile, è stata bocciata! Il governo ha detto «no» all’esclusione dalle mense pubbliche e dai distributori automatici dei prodotti a base di olio di palma (prodotto responsabile di enormi danni agli ecosistemi del pianeta) oltre che insalubre. Ha detto «no» a garantire nelle mense pubbliche menu alternativi, privi di alimenti di origine animale e l’introduzione di un menu esclusivamente vegetale una volta a settimana. (mozione Gagnarli sull’educazione alimentare). Tutto questo in barba alle belle parole che si pronunciano all’Expo e in barba ai milioni di italiani che per motivi etici, salutistici, ambientali o animalisti, sono vegetariani o vegani, e a tutti quelli che, sempre più numerosi, si pongono il problema della sostenibilità ambientale.

– Torna indietro sul «Ddl Ecoreati», approvato inizialmente al Senato, nella formulazione che prevedeva di far diventare reato la tecnica «airgun», la Camera invece ora tenta un colpo di spugna sull’articolo che punirebbe: «Chiunque, per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla coltivazione di idrocarburi, utilizza la tecnica dell’airgun o altre tecniche esplosive è punito con la reclusione da uno a tre anni».
L’airgun, tecnica di esplorazione usata dalle compagnie petrolifere per cercare giacimenti di petrolio e gas in mare, spara nei fondali marini bombe di aria compressa quasi doppie rispetto ai decibel sparate da un aereo in decollo. Ciò ha un impatto devastante sulla fauna marina (spiaggiamento cetacei, danneggiamento pesci tramite la diminuita schiusa delle uova, provocando malformazioni nella loro fase larvale, influenzando le loro rotte migratorie, rovinando il loro sistema uditivo e quindi rendendoli più facilmente predabili.

Insomma l’unico barlume di speranza siamo noi, perché il Governo o non dice, o dice ma non fa. Il primo passo che possiamo e dobbiamo fare è conoscere, il secondo passo è scegliere!