Per troppo tempo il bosco è stato umiliato e offeso…

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Per troppo tempo in tante parti del nostro Paese il bosco è stato umiliato e offeso. E ancor oggi spesso è considerato una miniera da cui estrarre quanto serve, senza nulla dare. Si fa un grande abuso della motosega e si aprono molte, troppe strade. Le mutate condizioni culturali, sociali ed economiche impongono una revisione critica della gestione forestale

> Perché la nostra inchiesta sui Parchi – > Denuncia. Così li stanno distruggendo – > La revisione della legge fa mobilitare le Associazioni – > Parchi, più odio che amore – > Quattro «mosse» per migliorare la gestione dei Parchi 

Il Prof. Orazio Ciancio, docente di chiara fama e Presidente dell’Accademia italiana di Scienze Forestali, ci ha rilasciato alcune riflessioni per la nostra inchiesta sulle aree protette. Una parte sono anche contenute in un articolo pubblicato nel vol. 71, n. 2, di quest’anno, della rivista «L’Italia Forestale e Montana».

La gestione sostenibile delle risorse naturali rappresenta la sfida del Terzo millennio. Non è più possibile ignorare il loro degrado, dovuto all’uso incontrollato e non rispettoso degli equilibri e dei dinamismi naturali. La lotta ai cambiamenti climatici, la conservazione della biodiversità, la desertificazione costituiscono un punto di riferimento ineludibile.
In questi ultimi anni, si è raggiunta la consapevolezza che il bosco è un bene di interesse pubblico (Ciancio, 1988). Ormai, anche a livello culturale, è stata acquisita la convinzione che ogni turbativa, in contrasto con i delicati e complessi meccanismi che regolano l’equilibrio dinamico dell’ecosistema bosco, provoca danni solo parzialmente riassorbibili, da molti considerati intollerabili.
È opinione comune che la gestione forestale sostenibile debba rispondere ai bisogni della società, perseguendo, in primo luogo, l’obiettivo dell’efficienza dei sistemi forestali e, in secondo luogo, l’equità intra e intergenerazionale.
Nonostante ciò, e malgrado le buone intenzioni e i tanti proclami, si è ben lontani dal tenere nella debita considerazione le esigenze del bosco. Per troppo tempo in tante parti del nostro Paese il bosco è stato umiliato e offeso. E ancor oggi spesso è considerato una miniera da cui estrarre quanto serve, senza nulla dare. Si fa un grande abuso della motosega e si aprono molte, troppe strade.
Per affrontare il problema e delineare comportamenti responsabili è indispensabile riconoscere che il bosco non è solo un’officina a cielo aperto, né una macchina per produrre legno. È necessario accostarsi al bosco in modo diverso: studiare i fenomeni naturali; osservare l’evoluzione degli ecosistemi; acquisire gli elementi necessari ad aiutare la natura nei suoi processi; imparare a non creare stress deleteri al sistema. Tutte queste cose sono intuitive e abbastanza semplici, eppure quasi sempre vengono dimenticate.
Se nei Parchi si può perseguire il massimo reddito fondiario, allora il problema non si pone: basta procedere così come si è sempre fatto. Ma ciò è improponibile.
Nei fatti significherebbe contraddire l’idea stessa di area protetta. La legge sulle aree protette, la 394/91, pone vincoli; e i vincoli, si sa, vanno rispettati.
E non solo perché sono previsti dalla legge, ma per almeno due validi motivi.
In primo luogo, per una scelta di civiltà. In secondo luogo, perché i vincoli offrono alcune possibilità da cogliere e valorizzare.
Le mutate condizioni culturali, sociali ed economiche impongono una revisione critica della gestione forestale, nella consapevolezza, come vado sostenendo da vari lustri, che il bosco è un sistema biologico complesso indispensabile per rendere vivibile il presente e possibile il futuro.

La gestione forestale nei Parchi deve tenere conto delle connessioni che esistono fra le componenti ecologiche, sociali e culturali a scale multiple. La biologia può identificare gli ecosistemi e le comunità al loro interno, ma la cultura determina come questi vengono trattati.
All’interno dei Parchi, i boschi, frutto della lunga interazione dell’uomo con l’ambiente, sono ricchi di una diversità che oggi ha valore non solo naturalistico o estetico, ma anche culturale e antropologico. Occorre quindi individuare un nuovo approccio che tenga conto del valore complessivo del bosco. Ciò significa recuperare e reinterpretare i saperi locali e riconoscere la peculiarità di ogni bosco.
Il mutamento del rapporto bosco uomo comporta l’adozione di una nuova prospettiva filosofica nei confronti della Natura. O, se si vuole, un nuovo modo di vedere il bosco. È necessario pensare alla gestione del bosco non solo sotto l’aspetto pratico, ma anche in senso estetico, metafisico ed etico. L’avvenire della gestione sistemica comporta l’elaborazione di nuove idee e la consapevolezza dell’importanza del bosco per il miglioramento della qualità della vita.
In tale contesto viene da chiedersi quale sarà il futuro del bosco nei Parchi. Ciascuno di noi può solo immaginare gli sviluppi scientifici e tecnologici che si verificheranno. Nei prossimi anni è molto probabile che le vere, e sottolineo vere, battaglie ecologiche domineranno l’agenda politica a livello mondiale. In questo quadro le foreste avranno un peso determinante per la salvezza di Gaia.
L’uomo dovrà confrontarsi con problemi enormi dei quali ancora non si ha una percezione esatta. La tecnologia avrà fatto passi da gigante e probabilmente quello che nei prossimi anni sarà un progetto di vasta portata ai fini energetici potrebbe dimostrarsi fallimentare ai fini ecologici o, al contrario, un progetto elaborato a soli fini ecologici potrebbe scontrarsi con le necessità primarie di vaste regioni del pianeta.
Di una cosa possiamo essere certi: sopravvivremo se non danneggeremo oltre misura le foreste. Fra molti lustri una scelta possibile è quella di considerare tutte le foreste di origine naturale come un Parco ecologico. La salvezza del pianeta comincia da questa ipotesi.