Dinamica fluviale in ambito urbano, 50 anni dall’alluvione di Firenze

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Una vecchia foto dell'alluvione di Firenze
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L’iniziativa, articolata in tre parti: la prima di carattere generale «Corsi d’acqua, urbanistica e quadro normativo in Italia» sul tema dei corsi d’acqua, di come è cambiato il quadro normativo, della Pianificazione territoriale e i Contratti di Fiume, la seconda consistente in una tavola rotonda dal titolo «La città fragile. Difendersi dalle acque» e la terza parte, di carattere tecnico-scientifica, «La città e il Fiume» dedicata ad alcuni casi di studio in Italia

Si è svolto a Firenze, presso la sala Conferenze Cassa di Risparmio, il Convegno «Dinamica fluviale in ambito urbano – 50 anni dall’alluvione di Firenze».
Organizzato dalla Società italiana di geologia ambientale (Sigea), l’iniziativa è stata articolata in tre parti: la prima di carattere generale «Corsi d’acqua, urbanistica e quadro normativo in Italia» sul tema dei corsi d’acqua, di come è cambiato il quadro normativo, della Pianificazione territoriale e i Contratti di Fiume, la seconda consistente in una tavola rotonda dal titolo «La città fragile. Difendersi dalle acque» e la terza parte, di carattere tecnico-scientifica, «La città e il Fiume» dedicata ad alcuni casi di studio in Italia, è voluta essere un incontro non solo a carattere commemorativo ma anche riflessivo sulla situazione presente e futura in Italia e le conseguenti prospettive in tema.
Molti gli interventi che si sono succeduti nell’arco della giornata.
Si è iniziato da «La pianificazione di bacino in ambito urbano: il problema di Firenze e delle sue alluvioni» avente come relatore il dott. Geol. Marcello Brugioni dell’Autorità di bacino del fiume Arno, intervento che ha voluto contestualizzare in maniera analitica il dimensionamento delle maggiori piene nelle sezioni dell’Arno che interessano Firenze e, più in generale, l’intera pianura fiorentina e questo partendo da un’analisi storica che vede evidenziate le sezioni critiche cittadine ed extra-cittadine indicando portate di sollecitazione e volumi in gioco nel caso di eventi con tempo di ritorno due centennali. Si è proseguito con «Le modifiche antropiche del bacino del torrente Bisagno e le grandi alluvioni degli ultimi tre secoli», intervento curato da Guido Paliaga, Presidente dell’Ordine regionale dei geologi (Org) Liguria, intervento che partendo dall’analisi di tre grandi alluvioni: quella del 25 ottobre 1822, ben documentata da fonti storiche, quelle più recenti dell’8 ottobre 1970, la più tragica in termini di morti e quella del 9 ottobre 2014 ha voluto mettere in luce il crescente livello di rischio nel tempo in un’area intensamente urbanizzata.
Ancora, da «La conoscenza per la prevenzione del rischio idraulico: il monitoraggio del Fiume Arno a 50 anni dall’alluvione del 1966» di Enio Paris, dove si evidenzia come a cinquant’anni dall’alluvione del 1966 sia nato il Progetto Firenze 2016 (www.firenze2016.it) con l’obiettivo di promuovere progetti, idee e nuove azioni per una efficace prevenzione e una crescita della cultura del rischio a «L’evento alluvionale del 13 ottobre del Torrente Baganza e l’inondazione della città di Parma» a cura di Francesco Puma dell’Autorità di Bacino del Fiume Po, intervento che racconta dei giorni 13 e 14 ottobre 2014, giorni in cui il territorio della Regione Emilia Romagna, ed in particolare il territorio delle province di Parma e Piacenza, fu investito da un complesso sistema temporalesco che generò intense ed estese precipitazioni provocando l’esondazione di torrenti e dove particolarmente grave fu l’esondazione del Torrente Baganza, nella città di Parma, che vide allagati interi quartieri e evidenziò l’urgente necessità di procedere alla realizzazione della cassa di laminazione sul Torrente.
A seguire, dall’intervento l’«Analisi e valutazioni costi benefici degli interventi sul dissesto idrogeologico in Italia» di Giovanni Menduni del Dipartimento di ingegneria civile ed ambientale – Sezione Scienza e ingegneria dell’acqua (Dica-Sia) del Politecnico di Milano, intervento che evidenzia come l’azione di contrasto al dissesto idrogeologico debba essere una azione permanente che, parafrasando la Direttiva europea del 2007, si deve articolare attraverso un ciclo continuo di «valutazione e gestione» si è poi passati ad affrontare le «Condizioni di rischio geologico-idraulico nella bassa valle del F. Paglia – Umbria meridionale» di Corrado Cencetti dell’Università degli Studi di Perugia, dove si evidenzia come il F. Paglia sia uno dei maggiori affluenti di destra del F. Tevere, nella sua media valle e che si trova oggi in forte deficit sedimentario, causato essenzialmente dall’intensa attività estrattiva di inerti che ha comportato un processo di forte approfondimento, accompagnato da una sensibile riduzione della sua larghezza, che ha portato ad un aumento della pericolosità di esondazione e alluvionamento nel settore vallivo inferiore con conseguente aumento generalizzato del rischio geologico-idraulico.
E ancora, da «La Commissione «De Marchi» alla Direttiva «Alluvioni» 2007/60:
evoluzione del quadro normativo per la difesa del suolo e l’assetto idrogeologico», intervento curato da Antonio Rusconi – ingegnere, Gruppo 183 – Roma, dove si descrive l’evoluzione del quadro normativo per la difesa del suolo e l’assetto idrogeologico nel nostro Paese nel cinquantennio che va dalla tragica alluvione del 1966 ai nostri giorni ad «Una visione organica nella gestione dei corsi d’acqua: Contratti di Fiume» di Endro Martini, Alta Scuola – Sigea, intervento che evidenzia come siano tanti gli interessi che ruotano intorno ad un corso d’acqua in un contesto di sovrapposizione ed intreccio di competenze che vede un continuo ricorrere ad interventi di emergenza, circostanza che, nel caso specifico, portò, sul finire degli anni 2000 in Umbria, alla nascita, per iniziativa di un gruppo di lavoro di Agenda 21 Italy dei «Contratti di Fiume».
Per concludere si sono osservati «Gli eventi alluvionali delle “lame” nella città metropolitana di Bari: cause geologiche, climatiche o antropiche?» di Sabato Luisa, Pieri Piero, Moretti Massimo, Tropeano Marcello del Dipartimento di Scienze della Terra e Geo Ambientali e di Biologia dell’Università degli Studi di Bari «Aldo Moro», intervento che evidenzia come l’area metropolitana di Bari ricada nel ripiano delle Murge, una regione composta quasi esclusivamente da rocce carbonatiche di età cretacea, e caratterizzata da carsismo diffuso sul quale si sviluppano corsi d’acqua effimeri, a regime torrentizio, che localmente prendono il nome di «lame», forme del territorio che dagli inizi del 2000 hanno causato danni ingenti, oltre a perdite umane, e questo a causa di importanti modificazioni dell’ambiente attraverso interventi di miglioramento fondiario mediante «spietramento».
Perché il nostro territorio va salvaguardato nelle sue forme peculiari che se trasformate provocano ingenti danni a tutta la comunità. Abbiamo questa responsabilità nei confronti dei nostri figli a cui dobbiamo restituire un mondo migliore di come lo abbiamo trovato.