Un’idea naviga silenziosamente, s’incunea nella mente e fermenta, produce altre idee e si sviluppa. Si impossessa del pensiero e si allarga. Genera polemiche, lotte, ideologie e altri pensieri. Si sviluppa continuamente e non è governabile. Molti tentano di intercettarla, la deviano, la esorcizzano e a volte ci riescono per anni, ma poi, come un fiume carsico riemerge ed irrompe pura, fresca, potente e spazza il falso e le incrostazioni
C’è una navigazione invisibile ma potente e non controllabile, è quella delle idee.
Un’idea naviga silenziosamente, s’incunea nella mente e fermenta, produce altre idee e si sviluppa. Si impossessa del pensiero e si allarga. Genera polemiche, lotte, ideologie e altri pensieri.
Si sviluppa continuamente e non è governabile. Molti tentano di intercettarla, la deviano, la esorcizzano e a volte ci riescono per anni, ma poi, come un fiume carsico riemerge ed irrompe pura, fresca, potente e spazza il falso e le incrostazioni.
Resta la sofferenza e l’oblio per coloro che per primi l’hanno elaborata.
Ma ci può essere un copyright? O un’idea è la naturale evoluzione dell’azione? È la via più logica che prende il pensiero per produrre il massimo del risultato con il minimo sforzo?
Come è risibile la caccia al fondatore, la lotta per appropriarsene. Che senso ha scoprire qual è stato il primo uomo che ha inventato l’arco? Chissà quanti ci hanno pensato e hanno cercato di fabbricarlo… poi c’è stato uno che per fortuna, per ostinata ricerca, ha trovato il legno giusto, l’angolazione esatta in un giorno preciso ed in una stagione precisa…
È evidente che con l’accumulo delle conoscenze, con quella che noi chiamiamo cultura, uomini che avevano esercitato i neuroni a memorizzare gli eventi e le conoscenze meglio di altri, sono riusciti ad accrescere le conoscenze, le invenzioni, le idee.
Siamo un popolo che naviga verso il futuro e il dramma è che non tutti ne hanno consapevolezza. Per questo ci si divarica fra egoisti e altruisti, razzisti e non razzisti, uomini di fede e laici… pensate solo per un istante, se tutti navigassimo consapevolmente verso la stessa meta, quale immenso potenziale potremmo sviluppare…
Questo numero 79 di «Villaggio Globale», appena messo on line, è sul navigare, vuole avere questo senso. Non so se ci siamo riusciti ma siamo tutti in navigazione e ci abbiamo provato, sia quelli che hanno tentato sia quelli che non lo hanno fatto.
Riportiamo, come al solito, l’Editoriale del Direttore, Ignazio Lippolis.
Navigare, e subito la fantasia corre e apre mille possibili scenari pescati dal bagaglio personale di conoscenze e dalle aspirazioni di ognuno.
Tutti però, ma proprio tutti, nascondono la ricerca del nuovo, l’ansia per esperienze arricchenti o favolose. È la ricerca della scoperta, l’illusione di calpestare suoli e terre per la prima volta. È l’eterno Ulisse che è in noi. È l’aspirazione archetipo della nostra specie.
Guai se non ci fosse nel nostro Dna questo comando imperioso. E tutti ad affannarsi nel dire che questo ha portato alle conoscenze e alla crescita dell’umanità. Ma è proprio così? Ne siamo certi?
Una corretta navigazione non ha bisogno solo della febbre della navigazione, fine a se stessa. Solo con quella non si va lontano.
Ulisse era un abile marinaio, ma era anche scaltro, conosceva i pericoli e si premuniva per non avere sorprese. Esemplare è l’episodio delle sirene. Lui non rinuncia a conoscere ma si premunisce contro le sorprese sgradevoli perché intuisce i limiti e i pericoli.
I limiti. Questo è un concetto chiave, fondamentale, imprescindibile per il successo. Andare a schiantarsi contro un muro, cadere da un precipizio, venire meno per l’assunzione di un cibo o una sostanza non segna il limite di niente. Perché il rapporto fra tensione e rottura non è universale ma strettamente legato al materiale. Voglio dire che il limite fisico non è uguale per tutti gli uomini ma varia da uomo a uomo e, arrivando al punto di rottura, non potrò essere utile nel descrivere lo sforzo e l’esperienza. Quindi? Una perdita e basta.
Le storie della «navigazione» umana sono purtroppo ricche di vicende inutili proprio perché senza un limite. E sono quasi sempre episodi di violenza.
È nell’uomo post duemila che si perde totalmente il concetto del limite. Più l’uomo acquista conoscenze più perde il senso del limite perché autoconvinto di poter porre rimedio a tutto. Si sente più vicino alla onnipotenze salvo a cadere miseramente.
La tecnologia e la «fede» nella scienza da essere un supporto all’uomo nel suo navigare nella vita sono diventate la certezza della salvezza, le soluzioni e le riparazioni a tutti gli errori umani.
Di questa falsa filosofia si alimentano coloro che deridono le paure per il riscaldamento globale e la perdita di biodiversità, certi che la scienza porrà rimedi e ricostituirà l’ambiente danneggiato ricreando una realtà priva di quegli elementi che limitano il nostro navigare. Una sorta di ri-creazione pur essendo totalmente ignoranti sui meccanismi della chimica dell’atmosfera, sui movimenti geologici e sul nostro navigare nello spazio e quindi tutte le realtà astronomiche da noi completamente sconosciute.
È un navigare a vista, una vista cortissima, quasi una cecità. E quindi non una politica dei piccoli passi, conoscenza dopo conoscenza, come è stato per le civiltà che ci hanno preceduto, ma una prepotenza e saccenteria dell’ignorante.