La ricerca non si può «aggiustare»

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Il metodo scientifico non può essere «tirato per la giacchetta» da politica, economia o affaristi. Bisogna sperare in una impennata di dignità da parte dei «lavoratori della ricerca» (così si dovrebbero veramente definire), perché le regole delle procedure scientifiche vengano difese e riaffermate

Si sta manifestando, con crescente preoccupante frequenza, un fenomeno che investe il mondo scientifico, o meglio l’uso che viene fatto dei risultati della ricerca scientifica da parte di settori economici, politici, categoriali e della comunicazione, in associazione con alcune aggregazioni che si atodefiniscono scientifiche, ma risultano trasversali alle costituite ufficiali società scientifiche di settore.

Mentre il fenomeno di riferimento più o meno strumentale solo a porzioni dei saperi o delle risultanze scientifiche da parte della politica o di settori produttivi e categoriali, per quanto esecrabile, non è particolarmente nuovo, quello che appare particolarmente distorsivo dello stesso valore della ricerca scientifica e tecnologica è il ruolo che viene svolto proprio da queste anomale aggregazioni o istituzioni che si ammantano di scientificità, svolgendo una funzione del tutto strumentale di sponda con le prime e fornendo a quelle una apparenza di solidità scientifica all’approssimarsi di cruciali scelte strategiche, soprattutto in campo agronomico e ambientale.

La gravità del fenomeno insiste nel fatto che tale sostegno viene garantito non grazie a limpide disamine scientifiche condotte considerando tutta la produzione scientifica Peer Reiewed in tema (come vorrebbe la correttezza e il rispetto del metodo scientifico trasparente), magari lasciando alla politica, alle categorie e ai settori economici il loro precipuo compito di scegliere le strategie applicative assumendosene la responsabilità di fronte ai cittadini, ma selezionando apoditticamente solo una parte delle produzioni scientifiche e dei saperi in genere, quella più funzionale a precostituiti orientamenti dei referenti e presentandola come la verità scientifica. Ad aggravare il fenomeno, concorrono altri inquietanti fattori:

  • La sistematica denigrazione, attraverso media, e pubbliche manifestazioni, delle ricerche e finanche della persona dei singoli ricercatori autori dei prodotti scientifici che smentirebbero le assolute verità che vengono propalate; il tutto assolutamente fuori dagli ambiti scientifici sede vocazionale di eventuali critiche e controdimostrazioni scientifiche;
  • L’impiego di personalità definite di alto valore competenziale e scientifico, per nulla riscontrabili dai curricula dei soggetti, per diffondere e consolidare le affermate verità scientifiche in circuiti di comunicazione estranei a quelli scientifici;
  • La creazione di circuiti di consolidamento di pseudo risultanze scientifiche, estranei e alternativi al ciclo convenzionale delle società e delle riviste scientifiche e del metodo Peer Review, con la diffusione, via mezzi non scientifici, di pubblicazioni non revisionate, ma più volte riprese e citate reciprocamente dallo stesso gruppo di soggetti;
  • Il sistematico attacco oscurantista a qualsiasi iniziativa nella quale risultanze, teorie e ipotesi sgradite all’aggregazione di prima si possano manifestare, in convegni dibattiti o altro;
  • L’esercizio di fortissime pressioni congiunte fra i vari settori e queste aggregazioni affinché le risorse per la ricerca non vengano indirizzate verso quelle che vengono definite attività «ascientifiche», ree in realtà di riguardare fenomeni scientifici capaci di mettere in crisi le verità assolute di cui sopra.

Che tali fenomeni vedano la partecipazione di soggetti privi di qualsiasi curriculum scientifico qualificante è prevedibile, ma preoccupa la crescente adesione a tali aberrazioni sistemiche anche di accademici di una certa qualificazione, evidentemente stanchi dei rigori delle procedure scientifiche e sensibili ad accelerazioni di carriera e successo mediatico, quando non del tutto organici alla politica, ai settori economici o associativi interessati.

Già di per sé la scienza oggi riveste un ruolo più mitologico che realistico nell’immaginario comune, rappresentando un campo che spazia dal verbo assoluto al trastullo di ristretti ambienti lontani dal quotidiano, e ciò consente che venga stirata e stravolta nei mille modi in cui la politica, il mercato, o la psiche individuale, ne abbia necessità. Non si sentiva certo il bisogno di cotanto rapido e deciso abbandono di ogni regola etica e deontologica anche da parte di pezzi rilevanti del mondo scientifico.

Non resta che sperare in una impennata di dignità da parte dei «lavoratori della ricerca» (così si dovrebbero veramente definire), perché le regole delle procedure scientifiche vengano difese e riaffermate; più difficile è sperare che la politica e il mercato facciano un passo indietro, assumendosi per intero la responsabilità di scelte che non hanno un unico fondamento scientifico e smettano di schermirsi dietro una scienza ritagliata al bisogno.

 

Massimo Blonda