Rischiamo di perdere la conoscenza delle piante selvatiche

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Nello Biscotti foto di Erika De Noia
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Un altro prezioso lavoro di Nello Biscotti

«L’uso alimentare delle erbe selvatiche chiama in causa la cosiddetta “sovranità alimentare” (Forum di Nyéléni, 2007), che sostiene alimenti locali sicuri, di qualità, genuini ed equi e garantisce alle comunità locali il diritto di mantenere le proprie abitudini alimentari. La sovranità alimentare è l’unica strategia per difendersi dall’omologazione del cibo che avanza in ogni luogo del Pianeta e che contribuisce a spopolare paesi e “periferie”»

Copertina Biscotti«Nei 1.430 giorni di assedio di Sarajevo durante l’aggressione sulla Bosnia-Erzegovina (1992-1995), Redžić Sulejman, ecologo all’Università di Sarajevo, predispone un programma di sopravvivenza basato sulle piante selvatiche che sono state utilizzate durante la guerra dalla popolazione (55% abitanti residenziali, il resto erano rifugiati). Si trattava di 91 specie di piante per lo più selvatiche e tre specie di funghi, sfruttando 80 modalità di preparazione (zuppe, minestre, salse, insalate, spezie, bevande, dolci, ecc.). Erbe selvatiche hanno mangiato in Siria gli abitanti di Aleppo assediati per oltre un anno, come si è potuto ascoltare nei servizi televisivi di qualche anno fa. Ancora una guerra per far capire l’importanza strategica delle erbe selvatiche per l’alimentazione umana?».

È quanto si chiede Nello Biscotti, Phd in geobotanica, nella presentazione del suo ultimo lavoro «Vie erbose. Le erbe selvatiche nelle bioculture alimentari mediterranee», scritto insieme a Daniele Bonsanto, dottore in Scienze e Tecnologie Agrarie (Università Politecnica delle Marche), nelle librerie a fine mese.

Biscotti ci sorprende sempre con i suoi lavori per la genialità e rotondità della narrazione che, senza nulla togliere al rigore scientifico, unisce cultura, tradizione e storia.

In questo ultimo lavoro, della sua vasta produzione, infatti, arricchisce la descrizione delle specie di piante spontanee ai tradizionali utilizzi alimentari. Un’indagine di ricerca etnobotanica che, anche se in questi ultimi anni vive una sorta di boom che punta alla novità culinaria, alla ricerca di nuovi sapori, alla nutraceutica e, ahimé! anche alle cure fai-da-te non sempre appropriate, punta anche a documentare il mondo dell’«uso popolare» delle piante.

Ma Biscotti non si può limitare a questo, che è un po’ il suo leit-motiv da sempre, ma lo arricchisce di un concetto cruciale messo oggi fortemente in pericolo e che lui annota fra le conclusioni, lanciando un vero e proprio allarme: «L’uso alimentare delle erbe selvatiche chiama in causa la cosiddetta “sovranità alimentare” (Forum di Nyéléni, 2007), che sostiene alimenti locali sicuri, di qualità, genuini ed equi e garantisce alle comunità locali il diritto di mantenere le proprie abitudini alimentari. La sovranità alimentare è l’unica strategia per difendersi dall’omologazione del cibo che avanza in ogni luogo del Pianeta e che contribuisce a spopolare paesi e “periferie”, nelle quali, invece, i saperi gastronomici tradizionali devono tornare ad avere importanza sociale, culturale, antropologica, territoriale. Qui si gioca tutto il futuro dell’Italia dei paesi e dei borghi. Sul piano prettamente economico in Puglia si può dimostrare che questo cibo può anche produrre reddito, poiché continua a essere cruciale per tante famiglie svantaggiate».

Ed il pericolo è serio. Noi siamo direttamente attaccati al cuore del nostro bene più prezioso, la dieta mediterranea, che si basa su una cucina ricca di sapori e conoscenze, da nord a sud e rappresenta un bene oltre che culturale anche economico.

Ma tutto questo, senza una conoscenza e una educazione diffusa, rischia di scomparire: «Le erbe selvatiche avranno molto da dire specialmente ai giovani, agli adolescenti, che in fatto di stili di vita e soprattutto di alimentazione, stanno perdendo ogni ragionevole orientamento. La fascia dagli 11 ai 18 anni si misura da anni con abuso di alcool (sbornia), cattiva alimentazione e vita sedentaria. I dati sono veramente allarmanti: il 17% delle intossicazioni alcoliche riguardano giovanissimi tra i 14 e i 18 anni; il 30% tra 11 e 15 anni non fa colazione; solo un terzo consuma vegetali almeno una volta al giorno e meno del 10% pratica un’ora di attività motoria (Istituto superiore di sanità, settembre del 2019). Nei bambini i dati sono ancora più critici: mangiano mediamente circa mezzo chilo di amido al giorno che equivalgono a 10 cucchiai di zucchero».

Il lavoro di Nello Biscotti si articola essenzialmente in Puglia perché, spiega egli stesso: «La scelta Puglia non è stata casuale, per quanto valutabile come regione “sviluppata”, con un terziario avanzato (Tavoliere delle Puglie, Barletta-Trani, l’asse costiero Bari-Brindisi, la Valle d’Itria, l’hinterland di Lecce e di Taranto) e un’industria turistica rilevante, in realtà “nasconde” una condizione prevalente di piccoli centri urbani, esposti ad un graduale processo di marginalizzazione (declino demografico, disoccupazione, ecc.) in cui gioca certamente un ruolo rilevante la distanza dalle città che concentrano i servizi (istruzione, sanità, mobilità, ecc.). Più evidente invece la “ruralità” di questa regione, per la diffusa e intensa attività agricola che occupa oggi un posto importante nell’agricoltura nazionale, in molti comparti produttivi, dall’olivicoltura alla cerealicoltura, dalla viticoltura all’orticoltura».

La conoscenza delle erbe spontanee in Puglia è ricca e diversificata. Oggi 100mila ettari di terra pugliese è investita a «erbe» coltivate ponendo questa regione al primo posto per la produzione di asparagi, rape, finocchi, lattughe, carciofi, sedano, ravanelli, bietole, cicorie; verdure che hanno molto a che fare con quelle selvatiche, poiché diverse di queste sono riconosciute come progenitrici delle forme coltivate.

Biscotti, come un ricercatore medievale, ha ripercorso strade e campagne, si è confrontato con storie e studi, ricostruendo un cammino che l’ha portato fini ai nostri giorni e gli ha permesso di pubblicare questo prezioso lavoro che racchiude e descrive l’uso popolare delle piante spontanee a scopo alimentare come patrimonio culturale, per la prima volta documentato in Puglia. «Si tratta di una tradizione alimentare (per un cibo selvatico in cui oggi sono particolarmente coinvolte in Europa, l’area mediterranea e alcuni paesi dell’est) alla quale rimangono legati prevalentemente gli anziani; perciò è molto alto il rischio che queste pratiche possano essere abbandonate. Le conoscenze acquisite sono spesso confinate nel mondo della ricerca; e la farmaceutica è ancora troppo impegnata a cercare molecole altrove o per altre vie, e la stessa scienza dell’alimentazione è poco coinvolta».

«Vie erbose» è un volume che va letto lentamente, assaporato, ripassato per non farsi sfuggire le mille sfaccettature della narrazione fantasiosa e scoppiettante di Biscotti che, attraverso lo studio del tipo di alimentazione fra ricchi e poveri, ad esempio, ci fa scoprire quello che siamo e quello che rischiamo di perdere.

Ignazio Lippolis

Il volume di 560 pagine, raccoglie circa dieci anni di indagini etnobotaniche (già pubblicate su riviste scientifiche) e il contributo di oltre 600 informatori e botanici. È un libro autoprodotto con il contributo di amici e di istituzioni.

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