Cresce il biologico, vince l’ambiente

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Vacca podolica parco Nazionale Alta Murgia Foto Stazione Biologica Corte Cicero
Vacca podolica nel parco Nazionale Alta Murgia. Foto Stazione Biologica Corte Cicero
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In Italia raggiunti 35mila ettari in più che fanno arrivare il totale a circa 2 milioni di ettari. In percentuale siamo vicini al 15,8% del totale nazionale della superficie agricola utilizzata

Per il nono anno consecutivo cresce in Italia la superficie agricola che utilizza il metodo biologico secondo uno specifico Regolamento UE: 35mila ettari in più che fanno arrivare il totale a circa 2 milioni di ettari. In percentuale siamo vicini al 15,8% del totale nazionale della superficie agricola utilizzata.

Gli andamenti a scala regionale hanno registrato dei cali sensibili in Sicilia (-14mila ettari), Campania (-6.500 ettari) e Friuli Venezia Giulia (-3.700 ettari) più che compensati dalle crescite in Emilia Romagna (+11mila ettari), Veneto (+ 9mila ettari), Calabria (+7mila ettari), Marche (+6mila ettari) e Toscana (+5.400ettari).

Questo significa che la crescita di 60mila ettari è stata decurtata da una decrescita di 25mila ettari. Per arrivare al 25% di biologico nella superficie agricola europea entro il 2030, obiettivo fissato dalla Commissione europea nel Green Deal sia attraverso la strategia «Farm to Fork» sia con la Strategia «Biodiversità per il 2030» occorrerà uno sforzo notevole da parte dei responsabili delle politiche agricole e ambientali e un forte coinvolgimento delle associazioni di categoria.

All’interno del settore agroalimentare il biologico vale 3,3 miliardi di euro, una cifra che secondo gli esperti è destinata a crescere notevolmente in futuro, visti l’interesse e le preferenze in aumento dei consumatori. Le imprese coinvolte nella produzione biologica sono circa 80mila (6,2% del totale nazionale) e hanno una dimensione media di 11 ettari (contro la media EU di 28 ettari). A queste aziende vanno aggiunte le 59 aziende bio che operano nel settore dell’acquacoltura biologica e tutte quelle aziende che operano nella zootecnia biologica, con milioni di capi allevati. Una caratteristica importante del biologico italiano è la distribuzione delle aziende bio, concentrata in tre regioni del mezzogiorno: Sicilia, Puglia e Calabria, dove si registra il 40% della superficie biologica nazionale e il 48% delle aziende biologiche nazionali. Questo significa che una spinta verso questo tipo di produzione può fare da volano per quelle economie che soffrono maggiormente nel paese.

L’agricoltura biologica è un’agricoltura alternativa a quella convenzionale per gli aspetti che riguardano sia la gestione dell’azienda agricola sia la produzione agricola. L’agricoltura biologica o «bio» (per usare l’epiteto con cui è nota in Italia) ha come obiettivo principale non il raggiungimento d’elevati livelli di produzione (e infatti le produzioni bio per unità di superficie sono mediamente inferiori a quelle convenzionali), ma il mantenimento e l’aumento dei livelli di sostanza organica nei suoli (da cui l’espressione organic farming usata in Inghilterra, dove l’agricoltura biologica ha mosso i primi passi), riducendo o eliminando del tutto l’apporto di fertilizzanti di sintesi, d’erbicidi per distruggere le «malerbe» e di fitofarmaci per combattere parassiti (insetti, acari ecc.) e patogeni (funghi, batteri, virus). Solo gli interventi manuali, meccanici e termici sono ammessi per il controllo delle infestanti. Le specie della fauna selvatica (insetti, acari, lumache ecc.) considerate parassite delle colture possono essere controllate attraverso misure biotecnologiche e insetticidi naturali.

Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione: rispondere alla domanda in continua crescita da parte dei consumatori di alimenti e fibre salubri e sicuri; dall’altro, fornire beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali allevati e allo sviluppo rurale.

In Europa la produzione biologica è disciplinata dal regolamento CE n. 834/2007e dai successivi regolamenti d’esecuzione del Consiglio europeo. Questi contengono una serie di disposizioni relative ai metodi di produzione, all’etichettatura dei prodotti, al sistema dei controlli, ai provvedimenti finanziari di sostegno all’agricoltura biologica e integrata, alle misure adottate per la tutela dell’ambiente agricolo e per la biodiversità.

In particolare, il Regolamento n. 834/2007 CE, che verrà sostituito a fine anno da un nuovo Regolamento, prevede l’obbligatorietà d’uso del marchio biologico. Si tratta d’un codice numerico associato a un logo, indicante la nazione, il tipo di metodo di produzione, il codice dell’operatore e il codice dell’organismo di controllo. Il logo (più noto come Eurofoglia), reso obbligatorio per tutti i prodotti bio prodotti e confezionati all’interno dell’Ue, secondo i Regolamenti del Consiglio europeo. L’Eurofoglia può essere usata su base volontaria nel caso di prodotti bio non confezionati o altri prodotti bio importati da Paesi terzi. Per i prodotti trasformati, almeno il 95% degli ingredienti deve essere biologico.

 

Roberto Daffinà, Ispra