Ecco cosa rischiamo dopo la pandemia

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psiche riflessione
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Le conseguenze psicologiche e le responsabilità dell’informazione. Andrebbe fatta una seria riflessione sugli strascichi che tutto ciò che sta accadendo lascerà nella nostra psiche

Ai Lettori che ci seguono su questo sito desideriamo proporre un’osservazione che contribuisca a comprendere il fenomeno e potersi confrontare per capire, prevenire e seguire le dinamiche che si attivano nei contesti problematici di questo nostro presente internazionale.

Ci riferiamo ai riflessi provocati dalle iniziative anti-virus, alle impressioni prodotte sulle nostre menti e nei comportamenti, secondo la diversità di età e di tipologia dei soggetti.

Nei giorni scorsi abbiamo riflettuto su qualche aspetto più appariscente; ora desideriamo puntare lo sguardo sugli effetti relativi ai comportamenti.

I notiziari e i dibattiti sui giornali e in tv invitano a considerare le proiezioni su scala corta: per intenderci il Natale, tra festa d’obbligo formato famiglia e l’uso degli acquisti per dono o per consumazioni di circostanza.

Questa la lente attraverso la quale le prescrizioni governative e la critica delle opposizioni viene seguita o criticata, accolta o rifiutata.

Vogliamo cambiare campo: ci interessa focalizzare l’obiettivo sui riflessi che numeri, percentuali, prospettiva-vaccini, immagini di corsie provocano negli ascoltatori o nei video utenti.

Dal punto di vista psicologico e pedagogico ci interessa una specifica porzione del fenomeno perché oggi genitori, insegnanti e operatori sono concentrati sul problema salute più immediato e poco ancora si riflette sui postumi: su questo vorremmo dire poche cose e contribuire alla riflessione per quanto l’esercizio della formazione potrà richiedere nel prossimo futuro.

Riteniamo prima di tutto che tante responsabilità possono riguardare gli operatori della notizia che usano la «narrazione», come amano chiamarla, con dovizia di immagini che sollecitano le facoltà mentali e quindi i riflessi psicologici. La socializzazione contemporanea ne risentirà nel prossimo futuro: ecco, vediamone il perché.

Due prospettive su cui riflettere

Seguiamo il ragionamento secondo due prospettive che più da vicino ci interessano e sulle quali, in un futuro vicino, pediatri, psicologi e psichiatri saranno chiamati a dover dare il loro contributo. Da dire che non basta la conoscenza teorica di costoro: la teoria nasce dall’osservazione, da cui si ricava dapprima l’ipotesi e poi la conclusione scientifica che suggerisce la tipologia degli interventi per la soluzione delle problematiche emergenti. In questo senso non abbiamo una classe professionale già pronta: dovrà esperimentare sul campo quali soluzioni ed eventuali terapie potranno essere intraprese.

A) Prima infanzia. Prendiamo le mosse dalla teoria di sull’imprinting. Il fenomeno è abbastanza conosciuto e molto diffuso attraverso le prime informazioni di psicologia dei comportamenti. Consiste in questo: il primo apprendimento avviene subito dopo la nascita. Lorenz ha provato (addirittura attraverso l’osservazione dei pulcini di oca) che i piccoli seguono la propria madre e non la confondono più e comunque i nati sono impressionati dai primi oggetti o soggetti in movimento. Da qui l’uso fecondo di adagiare i nostri neonati subito dopo il parto sul petto nudo della propria madre (rendere personalizzati odori, suoni, sembianze…)

Entriamo nel problema: ho ascoltato la preoccupazione di una giovane mamma, in un’intervista riportata dalla Tv. Sostanzialmente diceva: ho una bimba piccola; per precauzione, essendo una mamma obbligata a tanti contatti per il lavoro e per la casa , adopero i mezzi di precauzione indispensabili: la mascherina. Mia figlia mi conosce così, imbavagliata. Quando sta un po’ fuori casa… vede persone imbavagliate, questo da quando è nata, dalla sala parto in poi.

Fermiamoci qui. Se la fenomenologia dell’imprinting è vera (e non c’è motivo per non ammetterlo) i nati di questi ultimi mesi e via ancora… conoscono le fisionomie anche parentali di gente mascherata. Ha ciò una qualche influenza sulla formazione apprenditiva e sulla socializzazione di questi bebè? Personalmente il problema ce lo poniamo e vorremmo che altrettanto si facesse in tutti i luoghi e con tutte le persone coinvolte. Se è vero, come lo è senza ombra di dubbio, che la psicologia prenatale oggi riconosce nel periodo fetale addirittura la capacità di «registrazione» del cervello, allora come dobbiamo reagire pensando al dopo parto e ai mesi abbastanza lunghi della prima formazione intellettuale e psicologica dei soggetti? Mi pongo soltanto l’interrogativo, perché ho solo questo, oggi: nessuno ha di più, può solo congetturare senza verbum absolutum. Chi ciò facesse peccherebbe di presunzione e ascientificità, visto che nessun caso ancora è posto all’osservazione euristica. Saperlo, comunque, è già un buon primo passo.

B) Riflessi sugli adolescenti. Qui il campo si allarga perché su di loro influiscono due classi di adulti: quelli di diretto riferimento come lo sono i genitori, gli altri di secondo intervento come sono gli insegnanti. Tutti, comunque, sono spettatori passivi di informazioni e cortometraggi che resteranno a lungo nella memoria ora acritica ora riflessiva dei giovani contemporanei.

Ci domandiamo, quali riflessi avranno l’osservazione dei blocchi stradali, del vuoto delle piazze e delle vie, degli ospedali rigurgitanti di intubati, delle sfilate dei camion verso le cremazioni, del pianto dei parenti «orbati» dai lutti, dei resoconti sulle Case per anziani, luoghi delle solitudini, delle carezze mancate, delle uscite senza ritorni, dell’arrivismo e gara per l’ impostazione e diffusione dei vaccini?

È già una porzione numerosissima di cittadini che necessitano di elaborazione non per la comprensione della pandemia ma per l’accoglienza nella propria dimensione interiore del fenomeno pandemico con tutto quello che in ogni famiglia ha provocato, dalle molteplici sfaccettature e dai mille risvolti. È pronto l’intervento di specialisti per lenire le sofferenze? E chi sarebbero costoro già pronti fisicamente e professionalmente per tamponare le ferite inferte da tutto?

L’informazione

Allora. Un invito agli operatori delle informazioni: già i numeri sono filastrocche dei dolori. Attenuare la proposta di filmati, come quelli adoperati da una Tv di Stato sui riflessi condizionanti i lobi del cervello, con presentazione a forti tinte degli influssi negativi e delle lesioni inferti dalla malattia. Ma si sono chiesti se succede anche una qualche minima conseguenza, alla visione di quelle immagini suggestive e necrologiche? Se disturbano l’adulto, immaginatevi il giovane e l’anziano: riservate ciò solo ad una popolazione informata che possa scegliere di seguirvi nell’orrido, magari ad orario di sicurezza, perdinci! No, lo fanno all’ora del pranzo; per disgustare? Come quando si svolge la carta igienica, i tamponi, e altro per i loro profumi e sofficità all’ora di pranzo e di cena: viene da pensare, si fa ciò con mira propagandistica, perché i suggeritori della pubblicità sanno che i nomi dei prodotti si fissano nella memoria anche, e direi soprattutto, quando si è suscitato il disgusto! Risparmiateci questa infame supposizione!

Ora lasciamo alla riflessione: il sassolino è gettato nello stagno, speriamo che non provochi solo la fantastica onda concentrica dell’espansione, ma che solleciti qualche pensiero e qualche contributo alla riflessione e alla scelta consequenziale.

Auguro buon lavoro! Proprio adesso, quando la fantasia dei tricolori e delle musiche dai balconi e dei manifesti «Tutto va bene. Passerà» si sono affievoliti e al canto melodioso e riflessivo di Bocelli da piazza Duomo deserta e il passo solitario del Papa Francesco sulla scalinata di san Pietro… ci hanno lasciato alle nostre riflessioni mentre ora tutto tace. Agli encomi e ai cavalierati di medici, infermieri e volontari, seguono adesso proteste, critiche, il rifiuto dell’opinione pubblica raccontata. Di chi si fida ancora poco si parla e pochi filmati esistono!

Alla grotta di Betlemme nei nostri presepi né incenso, né oro, né mirra: le nostre mani sono vuote perché non siamo re, siamo solo pellegrini del mondo ferito seppure proteso verso la speranza.

 

Francesco Sofia, Pedagogista, Socio onorario dell’Associazione nazionale dei pedagogisti italiani