Nucleare, ecco l’iter dopo la mappa

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Consultazione pubblica per il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi

Le aree sono state individuate da Sogin dopo un processo di selezione su scala nazionale e alla luce dei criteri internazionali di localizzazione, basati su requisiti di sicurezza per la tutela dell’uomo e dell’ambiente, stabiliti Guida tecnica n. 29 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)

Dopo il via libera, da parte dei ministeri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente, la Sogin, Società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, ha pubblicato la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), primo passo di un percorso condiviso e partecipato che porterà ad individuare il sito dove realizzare il Deposito nazionale e il Parco tecnologico, e il progetto preliminare.
Un importante passo in avanti verso la realizzazione del Deposito nazionale, che ospiterà in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività.
Le aree sono state individuate da Sogin dopo un processo di selezione su scala nazionale e alla luce dei criteri internazionali di localizzazione, basati su requisiti di sicurezza per la tutela dell’uomo e dell’ambiente, stabiliti Guida tecnica n. 29 dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).
La Cnapi è stata validata dall’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) dopo aver verificato il rispetto di tali criteri.
Al via quindi la fase di consultazione, della durata di due mesi; entro 120 giorni dalla pubblicazione, si terrà un seminario nazionale a cui parteciperanno vari soggetti tra cui Isin, enti locali, associazioni di categoria, sindacati, università, enti di ricerca, portatori di interesse qualificati.
Raccolte le osservazioni, la Sogin elaborerà una proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai). Questa fase prevede che il ministero dello Sviluppo Economico approvi, su parere tecnico dell’ente di controllo Isin, la versione definitiva della Cnai, che sarà il risultato dell’applicazione dei criteri di localizzazione e dei contributi emersi e concordati nelle diverse fasi della consultazione pubblica. Pubblicata la Cnai, la Sogin provvederà a raccogliere le manifestazioni di interesse da parte delle Regioni e degli enti locali nei cui territori ricadono le aree idonee.

Ma che cos’è il Deposito nazionale?

Il Deposito nazionale sarà un’infrastruttura ambientale di superficie che permetterà di sistemare definitivamente in sicurezza i rifiuti radioattivi, oggi stoccati all’interno di decine di depositi temporanei presenti nel Paese, prodotti dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari e dalle quotidiane attività di medicina nucleare, industria e ricerca. Il Deposito nazionale sarà costituito dalle strutture per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività e da quelle per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi a media e alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico idoneo alla loro sistemazione definitiva. Insieme al Deposito nazionale verrà realizzato il Parco Tecnologico, centro di ricerca applicata e di formazione nel campo del decommissioning nucleare, della gestione dei rifiuti radioattivi e della radioprotezione, oltre che della salvaguardia ambientale. Il Parco Tecnologico rappresenterà una reale integrazione con il sistema economico e di ricerca, contribuendo ulteriormente allo sviluppo sostenibile del territorio nel quale sorgerà.

Un tema molto dibattuto che ad oltre 30 anni dal referendum che chiuse il nucleare in Italia, e a quasi 10 anni dalla netta reiterazione della volontà popolare di non avere impianti nucleari nel nostro Paese, vede quindi avviare il percorso che dovrebbe individuare la sede del Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi.

Greenpeace, in attesa di studiare l’applicazione dei criteri che hanno portato alla stesura della mappa delle aree potenzialmente idonee, dichiara  di non condividere la strategia scelta dall’Italia, basata sull’unica ipotesi di dotarsi di un solo Deposito nazionale. Ospitare, come previsto attualmente, in un solo luogo i rifiuti di bassa attività a lungo termine e «temporaneamente» (diverse decine di anni) le scorie di media ed alta attività, vorrebbe dire essere l’unico caso al mondo di gestione combinata dei rifiuti nucleari.

Le implicazioni non sono certo secondarie perché se da un lato è possibile che si decida di «nuclearizzare» un nuovo sito vincolandolo a lungo termine alla presenza di rifiuti pericolosi, dall’altro si mette in secondo piano, nonostante la previsione di una consultazione pubblica, il parere dei cittadini e degli enti che li rappresentano territorialmente, che dovrebbero dare il consenso a ospitare il deposito unico.

Per Greenpeace sarebbe stato più logico verificare più scenari e varianti di realizzazione del Programma utilizzando i siti esistenti o parte di essi e applicare a queste opzioni una procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas), in modo da evidenziare i pro e i contro delle diverse soluzioni.

Per il Wwf è doverosa un’assunzione di responsabilità nella gestione dell’ultima fase dell’uscita del nucleare, senza far ricadere questo compito sulle prossime generazioni; il tema della sistemazione finale delle scorie nucleari italiane richiede molta cautela e molta trasparenza e coinvolgimento partecipativo delle popolazioni e degli enti locali. Nessuno sarà mai felice di convivere con il sito o più siti nazionale/i, ma un’adeguata informazione e garanzie di controllo sono comunque il minimo che ci si deve aspettare in un paese civile.

E tra i 67 luoghi potenzialmente idonei a ospitare il Deposito nazionale di rifiuti radioattivi individuati in sette regioni (Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sardegna, Sicilia) ci sono anche alcuni comuni pugliesi e lucani il cui inserimento in elenco fa emergere la ferma e netta contrarietà della regione Puglia a questa opzione.

«Non si può imporre, ancora una volta, scelte che rimandano al passato più buio, quello dell’assenza della partecipazione, dell’umiliazione delle comunità, dell’oblio della storia e delle opportunità», è questa la reazione del presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, alla notizia secondo la quale, nella Carta dei siti potenzialmente idonei alla costruzione del Deposito nucleare nazionale, la Puglia è indicata con l’area di Gravina in Puglia in provincia di Bari e i comuni di Altamura e Laterza per un’area individuata in condivisione con Matera in Basilicata.

Studi preliminari che porteranno ora ad una serie di valutazioni legate, tra le altre, alla geologia dei luoghi ossia alle successioni stratigrafiche presenti nel sottosuolo; in Puglia, ad esempio, sono stati inseriti in elenco siti posizionati sui depositi argillosi, anche se non sono stati definiti gli spessori della formazione. Tra le criticità da valutare anche la vicinanza dei siti pugliesi al Parco nazionale dell’Alta Murgia e ai margini della Fossa bradanica con la sua tettonica pleistocenica. Inoltre i siti individuati rappresentano aree a densità abitativa elevata e con una vocazione in campo agricolo e produttivo molto ampia.

 

Elsa Sciancalepore