Educati solo ad un amore violento

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violenza
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Sembra inarrestabile l’uccisione continua di donne, una violenza mascherata di amore. Serve subito un cambio di passo con leggi, interventi nel campo mediatico e culturale. Soprattutto va garantita una vera autonomia economica alle donne. Senza dimenticare che da questo passaggio evolutivo passa la soluzione dei tanti problemi che la violenza tiene in ostaggio: dall’ambiente ai rapporti umani

Nella nostra mente poco abituata a ragionare in maniera globale, perché scontiamo ancora il gap culturale imposto da una visione scientista, anche il problema del femminicidio viene isolato come un fatto a sé stante. Eppure entra a pieno titolo nella globalità dei problemi che attraversano la nostra cultura. Perché si fonda sul concetto della forza e quindi della violenza, sul diritto esclusivo del possesso. E, subdolamente, ignoriamo che su questa cultura si poggiano tutte le azioni della nostra società. Dallo strapotere della economia, che strozza la vita di tanti, alla distruzione programmata dell’ambiente che sta travolgendo ecosistemi, biosfera e le basi necessarie alla nostra vita.

Ma bisogna avere pazienza perché la storia ci insegna che la forza non è la strada giusta, e dobbiamo ricordarci le parole con cui Miguel de Unamuno, il 12 ottobre 1936, giorno dedicato alla «celebrazione della razza», abbandonava la carica di rettore dell’università di Salamanca dicendo: «Vincerete perché avete forza bruta in abbondanza, ma non convincerete. Per convincere bisogna persuadere e per persuadere avreste bisogno di qualcosa che vi manca: ragione e diritto nella lotta».

Pubblichiamo volentieri il contributo di Francesco Sannicandro, come abbiamo fatto con altri, da sempre, sin dalla nostra esistenza nel panorama editoriale. Ma è una lotta dura sradicare mentalità e posizioni ideologiche o religiose… di comodo. (I. L.)

 

Sostenibilità è la parolina magica che ricorre spessissimo su questo sito e nel dibattito pubblico. Ma che cosa vuole dire?
In genere si dice sostenibile un modello di sviluppo in grado di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri.
Sostenibile significa rispondere ai bisogni umani attuali (anche attraverso gli scambi economici) secondo criteri di equità e inclusione facendo attenzione di non utilizzare più risorse ecologiche di quante il nostro pianeta è in grado di produrre e mettere a nostra disposizione ogni anno.
Allo stesso tempo significa creare le condizioni affinché le persone possano sviluppare la propria professionalità e rimanere attive durante tutta la loro vita, eliminando i fattori che scoraggiano od ostacolano l’ingresso, la permanenza e la crescita nel mondo del lavoro.
Le disparità di genere costituiscono uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà.
La costruzione di un vero rilancio del Paese non può avvenire senza le donne, che devono essere coinvolte nella progettazione e nella proposizione di linee strategiche per le politiche future. Parte delle risorse che arriveranno dall’Europa deve esser destinata a ridurre il gap di partecipazione alla vita del Paese tra uomini e donne. Bisogna poi fare dell’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 un pilastro per la ripresa. Bisogna poi estendere il campo d’applicazione della norma sulle quote rosa, che ha prodotto risultati ma non è stata efficace in ogni settore, e puntare forte sulla riduzione del gender pay gap.
Il tema della parità di genere è, infatti, centrale per lo sviluppo sostenibile e fondamentale per la crescita economica e sociale dell’Italia. L’ASviS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) propone che la parità di genere sia considerata un obiettivo trasversale degli interventi legislativi.

I femminicidi

Ebbene, nel 2021 sono 83 i femminicidi avvenuti in Italia da inizio anno per lo più in ambito famigliare; sette donne ammazzate negli ultimi 10 giorni.
La violenza sulle donne è la manifestazione più estrema delle disuguaglianze di genere che richiede un rafforzamento delle misure di prevenzione e contrasto.
Per ridurre le disuguaglianze di genere e arrestare il fenomeno di violenza economica sulle donne bisogna agire con forza su quattro aspetti: sotto al profilo culturale; sulla formazione, anche finanziaria; sull’innovazione, che però deve essere inclusiva; con politiche sociali, per facilitare ad esempio il congedo paritario e la diffusione di asili accessibili a tutte le famiglie.
La violenza economica è una delle espressioni di discriminazione contro le donne ancora oggi molto diffusa.
Le liti che generano una reazione violenta hanno nella maggior parte dei casi un motivo economico e si accentuano nei casi dove c’è carenza culturale. Inoltre, anche quando la donna ha una propria indipendenza economica, spesso l’autore del reato rivendica il diritto di gestire tutte le risorse familiari.
Denunciare la violenza e intentare un’azione legale implica un costo emotivo molto alto oltre a quello finanziario. Negli ultimi anni sono state emanate diverse norme di diritto penale ispirate da un aumento della risposta repressiva ai reati di genere e di implementazione degli strumenti di tutela processuale della vittima. Ciononostante, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha bocciato nuovamente l’Italia per ostacolare l’accesso alla giustizia alle donne vittime di violenza. Il Comitato, pur avendo riconosciuto gli sforzi fatti dall’Italia con la legge 69/2019 (c.d. Codice Rosso), ha valutato negativamente i tempi di risposta dei Tribunali alle denunce, il numero di procedimenti penali avviati, il numero eccessivo di assoluzioni e di archiviazioni. Per questo l’Italia è stata sollecitata a fare di più per la prevenzione della violenza e per garantire la presenza dei Centri antiviolenza e le risorse a loro disposizione.
Allo Stato italiano sono state rivolte una serie di raccomandazioni esprimendo forte preoccupazione per l’allarmante numero di donne uccise dai propri partner; per il persistere di tendenze socio-culturali che minimizzano o giustificano la violenza domestica; per l’assenza di rilevamento dei dati sul fenomeno; per le attitudini a rappresentare donne e uomini nei media in maniera stereotipata e sessista.
Oltre all’aspetto repressivo nei confronti dell’autore del reato, è necessario garantire e migliorare la protezione della donna consentendo alle donne di conquistare l’autonomia economica soprattutto attraverso l’inclusione lavorativa.
La violenza sulle donne origina anche dalle condizioni che impediscono l’autonomia economica e quindi, in primo luogo, dalle difficoltà all’ingresso nel mondo del lavoro. Una donna indipendente ha meno probabilità di subire violenza economica e fisica.
Un’ulteriore causa deriva dal ruolo delle donne in famiglia. Le donne infatti si occupano anche del lavoro di cura e dei carichi famigliari cosa che le costringe ad accettare lavori vicino casa, flessibili e spesso mal pagati. La mancanza di un lavoro stabile e di qualità unite alle disparità salariali rendono più frequente tra le donne la condizione di povertà con conseguenze nella terza età, dove presentano una maggiore precarietà economica.

Cultura e indipendenza economica

L’educazione ha, inoltre, un ruolo fondamentale per la prevenzione della violenza sulle donne, in primo luogo attraverso la lotta agli stereotipi di genere (circa il 24% della popolazione ritiene che il modo di vestire provochi la violenza sessuale).
Importante è anche garantire lo sviluppo di competenze finanziarie e digitali necessarie per mantenere e possibilmente migliorare gli attuali livelli occupazionali.
L’indipendenza economica, che molte donne non hanno o hanno in maniera limitata, ha un ruolo strategico per la presa di coscienza, tanto che di recente si è intensificato il dibattito e sono aumentate le occasioni di informazione e formazione. Per quanto riguarda le competenze digitali, le opportunità formative coprono la fascia di età fino ai 29 anni ed escludono le donne che dovrebbero adeguare le proprie conoscenze e competenze.
Nella maggior parte dei casi gli autori di questi delitti sono mariti, ex fidanzati e comunque persone appartenenti alla cerchia affettiva delle mura domestiche.
Che cos’è l’elemento che accomuna queste donne? Il fatto di aver trasgredito al ruolo ideale di donna imposto dalla tradizione: la donna obbediente, la brava madre, la brava moglie, la «Madonna», o la donna sessualmente disponibile.
È importante sottolineare che il femminicidio coinvolge tutte le forme di discriminazione e violenza di genere, che annullano la donna nella sua identità e libertà non soltanto fisica, ma anche psicologica e partecipativa alla vita pubblica.
Il mondo culturale, a cui apparteniamo, non deve rimanere sordo e insensibile davanti al femminicidio ma ha piuttosto il dovere imprescindibile di lottare e sopraffare questo fenomeno di inaudita barbarie.
La dura realtà del femminicidio è l’espressione del potere diseguale tra donne e uomini.
Purtroppo non passa quasi giorno ormai che non si legga o non si sappia dai telegiornali di qualche orrendo delitto «famigliare», in cui le vittime sono quasi sempre le donne di casa o le fidanzate. Delle povere prostitute uccise si è perso il conto.
Tuttavia non è solo l’aspetto quantitativo a preoccupare: non ci si può sottrarre nel considerare la maggiore incidenza di questi delitti tra le fasce sociali culturalmente deprivate o marginali, né la sopravvivenza di mentalità primitive e tribali nel cuore stesso delle nostre metropoli «civilizzate» o, se non nel cuore, nelle loro sterminate «cinture» e periferie.

Educati alla violenza

Gli uomini uccidono le donne in tutto il mondo, perché sono stati educati e continuano a essere educati, in modo che risolvano i loro conflitti mediante la violenza; per questo la maggior parte di loro la usa per tutta la loro vita per ottenere ciò che vogliono o per risolvere i loro problemi.
Gli uomini uccidono le donne perché si credono i padroni delle loro compagne, dei loro figli e figlie, della sua casa, della sua auto, del suo cane. Si sentono molto superiori e come proprietari fanno ciò che vogliono con loro.
Sono stati educati fin dall’infanzia per essere i Re assoluti della famiglia e dittatori in casa. I bambini imparano che i veri uomini sono sempre rispettati, obbediti e adorati e che, solo per essere uomini godono dell’amore incondizionato ed eterno, specialmente se gli/le altri dipendono dalle loro risorse economiche.
Gli uomini uccidono le donne, perché in televisione sono rappresentate come oggetti di possesso che possono essere comprati e venduti, che possono essere violati e maltrattati, che provano abitualmente piacere nell’obbedire e assoggettarsi e che sono qui per soddisfare i desideri di qualsiasi uomo che possegga denaro. E come qualunque oggetto possono distruggerle impunemente, perché la stampa lo chiamerà «crimine passionale» e spiegherà «le sue ragioni».
Molti uomini non sanno gestire le proprie emozioni e vivono prigionieri della loro sofferenza, delle loro paure, del loro dolore, dei loro traumi, delle loro insicurezze, dei loro brutti ricordi, delle loro carenze affettive e dei loro più intimi problemi. Quanto più insicuri si sentono più violenti sono.
Nella convinzione che il maschio sia superiore alla femmina si collocano in cima alla gerarchia socio-economica: migliori salari, posti politici e imprenditoriali più alti. Essi hanno i beni e le risorse che danno potere sugli altri e in particolare, sulle donne.
La nostra cultura è patriarcale e si fonda sull’egoismo, sulla sofferenza, sulla disuguaglianza, sulle relazioni verticali, sulle lotte di potere. Sono stati educati a sentirsi adorati, rispettati e necessari, non per costruire relazioni egualitarie.
Gli uomini non sopportano le sconfitte. Non sanno gestire una rottura sentimentale, non gli hanno insegnato che la gente può liberamente seguire il proprio percorso, che nulla ci appartiene, che tutti siamo liberi di unirci e separarci.
I bambini che sono educati patriarcalmente alla competitività più spietata non hanno gli strumenti per interagire sul piano dell’uguaglianza, hanno necessità di sentirsi vincitori e per questo una rottura sentimentale la vivono come un fallimento. Non dispongono di strumenti per superare il dolore, non possono parlare con nessuno per non sentirsi deboli o perdenti, non hanno nessuno cui rivolgersi quando si sentono disperati, perché si preoccupano più di dare un’immagine di forza e potenza. Non possono sfogarsi, non sanno chiedere aiuto ed i media non smettono di inviare loro messaggi di legittimazione e normalizzazione dell’uso della violenza quando si è costretti a difendersi o difendere le loro proprietà.
Gli uomini uccidono perché gli eroi maschili ammazzano e sono pieni di gloria. Il dio della nostra epoca è un dio guerriero, un maschio mitizzato per la sua forza e violenza. Nella pubblicità, nei fumetti, nei film, nei videogiochi, si rende culto ai guerrieri assassini siano essi androidi o cavalieri medievali. La maggior parte dei film nelle sale cinematografiche rappresentano maschi alfa, armi e sangue, urla e violenza. In tutti, l’eroe esibisce la sua forza, il suo coraggio e la sua capacità di annientare chiunque nel suo cammino… gli effetti speciali e la musica della spettacolare fiction aumentano il suo potere seducente su spettatori e spettatrici, che ammirano la sensualità della violenza patriarcale e la poesia del virile sacrificio.
Per evitare di perdere l’onore o di essere presi in giro nell’ambiente maschile, i giovani devono dimostrare costantemente la loro virilità: l’obiettivo è di sentire che controllano i loro sentimenti, che non si lasceranno manipolare dal nemico e che possono ucciderlo se non riescono a dominarlo. Se il nemico non si sottomette, si uccide.
Essi impongono le norme e le fanno rispettare, esigono obbedienza e sottomissione, prendono decisioni e stabiliscono punizioni, pretendono che una o più donne soddisfino le loro necessità di base (sesso, cibo, igiene, cura e coccole, discendenza). Gli uomini «machisti» vogliono essere rispettati, ammirati, obbediti e hanno bisogno di sapersi necessari e imprescindibili, per questo esigono amore eterno e incondizionato, per questo vogliono essere i padroni assoluti, per questo credono di meritare il perdono quando si comportano male.
La mentalità maschilista ha certo la sua parte di responsabilità, ma per poter arrivare da un atteggiamento di pretesa superiorità alla messa in atto di un femminicidio (moglie, figlia, sorella o amante che sia) deve scattare qualche meccanismo psichico che ha a che vedere con la paura di perdere il proprio potere o di essere abbandonati.
Può succedere allora che, per salvaguardare l’immagine che la persona disturbata ha di se stessa, si neghi l’evidenza (meccanismo difensivo della negazione) e si voglia addirittura sopprimere colei che osa metterla in discussione.
Succede però spesso che il femminicida sia anche suicida: sopprimere il giudice esterno non basta per ritrovare il precario equilibrio che si reggeva sul diniego di una realtà vissuta come intollerabile; così, per sopprimere anche il giudice interno non rimane che il «muoia Sansone con tutti i filistei (e le filistee)», cioè i fantasmi persecutori interni.
Certo è che il mito del progresso e dell’innata bontà dell’Homo sapiens è messo ogni giorno a dura prova.
I governi non sembrano preoccuparsi per la quantità di adolescenti che dominano e maltrattano le loro compagne né per i bambini che sono assassinati in ogni femminicidio né per i bambini che riproducono il comportamento violento dei loro padri con le loro partner quando crescono. Né le istituzioni né la società puntano a insegnare la cultura del buon trattamento e l’uguaglianza agli uomini. Solo quando gli uomini fanno molto danno e causano molto dolore gli si offre la terapia o il carcere o entrambi.
Pur tuttavia l’uguaglianza e il femminismo stanno per affermarsi e i progressi sono inarrestabili. Infatti sono sempre più i gruppi di uomini egualitari e anti-patriarcali che hanno cominciato a lavorare individualmente e collettivamente: ma sono ancora una piccola minoranza (che ammiro).

Il machismo

Gli uomini devono mettere da parte la tradizione dei privilegi machisti e il sogno molliccio di possedere una serva–moglie che lo esaudisca devotamente e all’infinito. Devono smantellare tutto il patriarcato individuale e, collettivamente, imparare a fare autocritica, imparare a esprimere le loro emozioni, a comunicare orizzontalmente e trattare le donne come uguali, rinunciare a sentirsi superiori e ritenere inferiori gli altri, sbarazzarsi dalla necessità di vincere, conoscersi meglio e lavorare per essere persone migliori. I compiti che gli uomini hanno davanti sono molti e vari ma quanto prima si inizia a detronizzare il macho alfa, prima la finiremo con gli stupri, gli abusi, le aggressioni e gli omicidi compiuti dagli uomini machisti.
Penso che si possa porre fine a questo massacro di donne e bambini solo se la smettiamo con la disuguaglianza e il machismo e l’esaltazione della violenza in film e fiction. Abbiamo bisogno di rivoluzionare tutte le nostre strutture, porre fine alla cultura che celebra la violenza e il potere maschile per creare altra cultura più equa e pacifica, che promuova il bene comune, il buon trattamento, la diversità e l’amore.
È difficile, in conclusione, non considerare il tema della disparità di genere uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà.
Opportunamente l’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 mira ad ottenere: l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze; porre fine ad ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze: ad eliminare ogni forma di violenza nei confronti di donne e bambine, sia nella sfera privata sia in quella pubblica, compreso il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale e di ogni altro tipo; eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili.
Inoltre esso prevede che venga riconosciuta e valorizzata la cura e il lavoro domestico non retribuito, fornendo un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all’interno delle famiglie, conformemente agli standard nazionali.
Occorre, infine, garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica; avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali; adottare e intensificare una politica ed una legislazione per l’emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli.

Riuscire a raggiungere tutti questi risultati sarà «faticoso» ma, come ha detto Ursula Von der Leyen, «Prendiamo Bebe Vio come esempio ispiratore». È riuscita a conquistare un oro e un argento alle recenti Paralimpiadi di Tokio applicando il suo credo: «Se sembra possibile allora può essere fatto. Allora si può fare»: «Lasciamoci ispirare anche da tutti i giovani che hanno cambiato la percezione del possibile, che ci dimostrano che si può raggiungere tutto quello a cui si crede. Questa è l’anima dell’Europa, questo è il futuro dell’Europa, rendiamola più forte insieme. Viva l’Europa», ha aggiunto Von der Leyen in italiano.

 

Francesco Sannicandro, già Dirigente Regione Puglia e Consulente Autorità di Bacino della Puglia

 

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