Ormai il mondo è alla rovescia

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italia a rovescio
L’Italia di oggi sembra ormai capovolta, sarà possibile raddrizzarla?
Tempo di lettura: 18 minuti

Ciò che ormai non gira più nel verso giusto nelle politiche ambientali. L’inesistente storia dell’evoluzione delle aree protette e del Parco d’Abruzzo. È in queste pieghe di incultura dilagante che si nascondono le risposte negative dell’ambiente ai guasti perpetrati dall’uomo. L’intervista di Yutta von Wahren a Franco Tassi sulle carenze ambientale nel mondo

Cinquant’anni fa, il mondo intorno a noi era decisamente diverso. Immergendosi nell’oceano dei ricordi, andando a fondo, e rivivendo episodi importanti o momenti speciali, si resta stupiti nel constatare come, un poco alla volta, molte cose siano sensibilmente cambiate. La vita era assai più semplice, i rapporti con gli altri erano improntati a maggior fiducia, la gente nutriva speranza nel futuro.

C’erano ancora le stagioni, la scuola funzionava, si poteva uscire di sera senza timore, l’aria e l’acqua non erano così inquinate, la frutta proveniva dagli orti vicini ed era fresca, saporita, buonissima. Le bollette non facevano impazzire, e per risolvere una pratica non si era costretti a passare giornate al telefono, né a scontrarsi con il muro di gomma della buro-tecnologia imperante. C’erano ancora la cultura e il senso della famiglia, del rispetto per genitori, anziani e insegnanti, della tradizione, e le istituzioni non venivano considerate eterni nemici da combattere. Si sapeva sempre distinguere il bene dal male, la morale e l’etica non venivano frettolosamente liquidate come inutili perdite di tempo, e la religione non era stata seppellita come qualcosa di superato. I valori spirituali riuscivano ancora, nonostante le nebbie quotidiane, a guidarci verso la strada maestra.

Per molti aspetti, l’Italia di oggi appare invece completamente capovolta, e sembra ansiosa di scendere sempre più in basso, intrisa di spazzatura televisiva, culto dell’ignoranza e volgarità dominante. Una società incancrenita, capace di percepire soltanto i valori materiali, il danaro e il successo, l’egoismo e il narcisismo. Pallida ombra decadente di un Paese, che nei secoli passati aveva raggiunto vertici oggi inimmaginabili a livello civile, culturale, artistico, letterario, musicale, architettonico, monumentale e scientifico.

Passato. Memoria storica, dove sei finita?

«Un Paese che ignora il proprio ieri − osservava il grande giornalista Indro Montanelli − non può avere un domani». Perché soltanto conoscendo la Memoria Storica, si può vivere con saggezza il presente, e affrontare responsabilmente il futuro. Non c’è dubbio che la Memoria Storica sia la base fondamentale delle nostre conoscenze, dei nostri valori, delle nostre azioni, che si irradiano nello spazio e nel tempo, come il tronco, i rami, le foglie, la chioma, i fiori e i frutti di un grande albero. Ma se quest’albero perdesse le sue radici, sarebbe condannato a deperire, disseccandosi fino a morire.

Gli italiani contemporanei non sembrano avere la minima consapevolezza di quello che l’Italia del periodo d’oro aveva rappresentato per la cultura e la civiltà del mondo occidentale. E forse varrebbe la pena di ricordarlo, partendo da un interessante e poco noto documento dell’Ottocento, la lettera qui riportata di un Accademico di Francia a un amico Inglese. Aggiungendo alle grandi personalità da lui menzionate anche altri illustri nomi, come Francesco d’Assisi, Leonardo da Vinci, Giacomo Leopardi, Giuseppe Verdi … e si potrebbe continuare, anche senza risalire alla Roma antica, dove le citazioni di eccellenza, in verità, fioccherebbero. Che dire di più, per riuscire ad evocare in poche parole l’Italia delle meraviglie? Quella che nei secoli passati rappresentava la meta sognata del Grand Tour, attraendo più di ogni altro luogo per la straordinaria bellezza del paesaggio, la ricchezza della natura, la storia senza eguali, la maestosità dei monumenti, le innumerevoli opere artistiche e architettoniche, gli inimitabili capolavori letterari e musicali, la varietà e vivacità delle tradizioni.

Il genio italianoMa di fronte a questa Memoria Storica, della quale si dovrebbe legittimamente andar fieri, appare ancora più impressionante l’inarrestabile declino del mondo occidentale, e della società italiana in particolare, ridotta ormai a una pallida ombra di se stessa, inquinata e devitalizzata dalla cosiddetta globalizzazione gabellata per multiculturalismo. Con un tessuto sociale ormai lacerato dalla sfrenata invadenza e dalla crescente malavita non più soltanto autoctona, ma variopinta, che sia cinese, rumena, albanese, sudamericana, nigeriana o islamica, ansiosa di conquistare, sottomettere e convertire il vecchio continente sempre più debole. Disperdendo così culture millenarie, omologando i costumi e robotizzando gli individui, senza offrire neppure una lontana parvenza di futuro accettabile e di qualità della vita.

Storia ambientale d’Italia

La Memoria Storica della Conservazione della Natura: tanto preziosa, quanto ignorata, falsata, e manipolata!

Negli ultimi tempi stiamo assistendo a un lento, ma significativo risveglio di interesse per il passato dell’Italia nel campo della storia ambientale, delle battaglie ecologiche e delle vicende della natura. Nel periodo di rapida trasformazione, successivo al dopoguerra, era emersa una nuova identità nazionale a livello culturale, socioeconomico e territoriale. Ma finora le notizie sulla natura e sulla sua conservazione erano scarse, sporadiche e vaghe, sempre trascurate perché l’attenzione era concentrata soprattutto su quel «miracolo italiano» che sembrava racchiudere in sé ogni beneficio e promessa di futuro migliore. Non sembrava quindi facile ricostruire, comprendere e contestualizzare la realtà passata. A parte alcuni contributi pregevoli, ma limitati o settoriali, la memoria della salvaguardia ambientale, paesaggistica, ecologica e territoriale, e in particolare la storia di quei Parchi Nazionali che ne costituiscono la spina dorsale, sembrava dissolta, trascurata, dimenticata, rimossa o taciuta … E talvolta, era persino manipolata a piacimento dai detentori del potere, che nel diffondere l’informazione, non riferivano fatti obiettivi, ma piuttosto propri superficiali giudizi.

In pratica, mentre la documentazione abbonda e la storia è stata minuziosamente esplorata in molti altri settori (religioso, culturale, geopolitico, filosofico, artistico, letterario, musicale, economico, sociale, bellico, industriale, enogastronomico, folkloristico, e persino cinematografico e sportivo: oggi, ad esempio, non sarebbe difficile rintracciare antiche partite di calcio, e persino gli autori delle reti!), nel mondo della conservazione impera un silenzio profondo. Come dimostra il fatto che non circolano informazioni complete e attendibili sulla vera storia del Parco d’Abruzzo nell’ultimo mezzo secolo. La natura sembra davvero la Cenerentola degli interessi umani, e la sua conservazione, pur essendo senza dubbio la base fondamentale di tutte le risorse che rendono possibile la vita, non è mai stata presa in adeguata considerazione. E in questo modo, un Paese perde contatto con la realtà, sgretola la propria identità, e non potrà mai costruire un vero futuro. La cancellazione della memoria storica, infatti, lo porterà, sempre e comunque, a ripetere gli stessi grossolani errori del passato.

Impressionante fallacia della storiografia ufficiale

Anche se esistono alcune opere storiche significative sulla conservazione della natura in Italia [dalla ponderosa «Relazione Sipari» (Roma,1926) alla Monografia «The Origins of Nature Conservation in Italy» di James Sievert (Berna, 2000), e dai contributi specialistici di Lorenzo Sipari (nipote del fondatore del Parco Nazionale d’Abruzzo) alle numerose pubblicazioni di Luigi Piccioni (focalizzate soprattutto sull’Abruzzo)] si può senz’altro affermare che l’autentica storia dei Parchi Nazionali d’Italia sia ancora tutta da scrivere. E soprattutto colpisce il fatto che non siano stati mai posti in luce gli aspetti più drammatici, i conflitti politici più aspri, le molteplici forze scatenate contro la tutela, e gli eventi risultati decisivi per il destino dei Parchi.

Una vicenda epica, ricca di episodi significativi, popolata di personaggi carismatici, appassionati e lungimiranti, ma anche densa di meschine bassezze umane, di vergognosi tradimenti e di ripugnanti malefatte politiche.

Come mai, ad esempio, la ricchissima produzione bibliografica del Parco d’Abruzzo nel suo periodo d’oro è ormai scomparsa, e su di essa sembra calata una fitta cortina di nebbia? Ci si aspettava, in verità, che nel Centenario dei Parchi questa storia unica fosse rievocata, divulgata, documentata. Ma questo non avviene, e allora è lecito domandare: perché questo silenzio? Un interrogativo che promana anche da acuti osservatori internazionali, i quali si chiedono perché l’Italia, sempre pronta a mettere in vetrina moda, cinema, successi sportivi e diatribe politiche, celi invece gelosamente le alterne vicende del proprio patrimonio naturale. Un fatto confermato anche da incontri, convegni, eventi, saggi, articoli e pubblicazioni che dovrebbero affrontare, in modo esplicito, questa fondamentale materia. Ed è proprio qui, che accade di imbattersi in una incredibile serie di lacune, distorsioni e imprecisioni, che richiederebbero pronte integrazioni e precise rettifiche.

Tra le affermazioni più stupefacenti, spiccano quelle dei massimi quotidiani nazionali, mutuate dalla dottrina accademica, in merito alla recente modifica dell’art. 9 della Costituzione italiana, che non tutela più solo genericamente il «paesaggio», ma in modo più ampio «l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi». Una innovazione considerata «promettente», e definita «Un passo avanti che sarebbe stato inimmaginabile anche solo una decina di anni fa» («Corriere della Sera», 26 Agosto 2022). Ma davvero a nessuno era mai venuta in mente una simile idea? Sfogliando le pubblicazioni del secolo scorso, si scopre invece che non è proprio così: perché già nel 1993 era uscito il saggio «Il Diritto all’Ambiente» di Paolo Maddalena e Franco Tassi (che riprendeva una relazione del 1976), dove si richiamava la Proposta di legge costituzionale per l’Integrazione dell’art. 9 della Costituzione in tema di tutela dell’ambiente n°1624, presentata nella XI legislatura il 28 settembre 1992, con la seguente aggiunta: («la Repubblica») «tutela l’ambiente come diritto fondamentale della persona umana e come patrimonio dell’umanità». Questo avveniva esattamente 30 anni fa!

Altra sorprendente idea, diffusa negli ambienti accademici, è che di Conservazione della Natura l’Italia non abbia incominciato a occuparsi che a partire dal 1978 … Nulla di più inesatto! Questa materia, infatti, era oggetto di studi e dibattiti già da molto tempo: e fu merito indubbio del professor Franco Pedrotti istituire all’Università di Camerino, nel 1973, il primo corso accademico d’Italia in «Conservazione della Natura e delle sue Risorse», che poi sarebbe stato svolto per molti anni, con grande partecipazione di studenti, da Franco Tassi. Questo accadeva addirittura mezzo secolo fa!

Ma dove la fanta-storiografia supera se stessa, è in alcuni volumi pubblicati negli ultimi anni, e legittimati da autorevoli presentazioni, insuperabili nell’attribuire ogni merito dei successi della conservazione non ai protagonisti, ma ai movimenti politici o alle congreghe partitico-sindacali locali. Raccontando in modo davvero originale le vicende del Parco d’Abruzzo degli anni Novanta, allorché esplodevano gli attacchi più violenti, criminali e calunniosi, poi culminati nel cosiddetto «2002 Park’s Plot», il «golpe» ordito dal Palazzo per favorire la speculazione edilizia, allontanando di colpo un Direttore troppo scomodo.

Enucleiamone alcuni tratti: secondo questa versione, la Direzione del Parco sarebbe stata in declino, a causa di «perdita di prestigio», «convulse vicende gestionali» e «dissesti contabili». Del resto, anche in precedenza era stata dipinta come caratterizzata da «un uso inflessibile della forza attribuita dalle leggi» e da «un rapporto aspramente conflittuale con le comunità locali» (spiegazione: «Inaudito! Pretendeva addirittura di opporsi all’abusivismo edilizio, al bracconaggio e ai tagli di frodo! Ma chi credeva di essere?»). Affermazioni evidentemente del tutto false e gratuite, se è vero che proprio in quel periodo il Parco stava toccando l’apice del successo nazionale ed internazionale. Era infatti l’unico ammesso a stringere una alleanza con il più antico e famoso Parco del mondo, Yellowstone; stipulava accordi di collaborazione con il National Park Service Statunitense; veniva considerato esempio da imitare per i benefici economici assicurati alle comunità locali; sviluppava un servizio di volontariato attivo di grande successo; provvedeva a formare le professionalità delle Aree Protette attraverso la sua Università dei Parchi; ampliava il proprio territorio alle Mainarde in Molise e alla Valle del Giovenco in Abruzzo; avviava la storica Operazione Camoscio d’Abruzzo, che sarebbe poi risultata la più riuscita iniziativa di conservazione della natura del secolo scorso; e si potrebbe continuare… Inoltre, determinanti erano stati, per l’approvazione della Legge quadro sulle Aree Protette del 1991, l’esempio-pilota del Parco d’Abruzzo, la sua costante assistenza scientifica e organizzativa al primo presentatore on.le Gianluigi Ceruti, e soprattutto la visita ufficiale del prestigioso Comitato promotore al Capo dello Stato. Ma tutto questo non sembra contar nulla per gli storici nostrani: che descrivono quel brillante periodo come «offuscato», e affetto da «numerose ombre», suggerendo addirittura di mantenere al riguardo un «silenzio necessario» (sic!).

Secondo alcuni esperti, che hanno analizzato questa singolare versione (non sorretta da alcun elemento di prova, e confutata da infinite testimonianze, documenti, articoli, pubblicazioni, sentenze) evidentemente non si tratta di fatti documentati, ma del frutto dei soliti malevoli pettegolezzi, raccolti alla rinfusa nei peggiori ambienti locali. Tuttavia, se dicerie del genere vengono diffuse ad opera degli storici «per eccellenza» della conservazione, si può ben comprendere perché coloro che nel 2002 allontanarono illegalmente, «con infamia» e senza alcuna valida motivazione, il Direttore ammalato, resteranno del tutto impuniti. Grazie anche al «silenzio necessario» e alle fandonie ora certificate come verità storica. Del resto, questo ricorso al silenzio omertoso lascia sconcertati, ma non sorprende troppo, perché conferma il livello e l’etica di questa storiografia, condotta nello stile italiota che il compianto amico Fernando Imposimato aveva definito «la Repubblica delle stragi impunite». E che nel nostro caso diventerà, anche, la Repubblica degli «abusi impuniti».

Storia ambientale d’Italia. Qualcosa che manca

Nella Storia dei Parchi d’Italia, che hanno attraversato momenti alterni di crisi, difficoltà, riscatti e grandi successi, uno dei momenti più significativi fu, nel 1980, lo storico Convegno di Camerino, dove venne lanciata l’ambiziosa «Sfida del 10%», con la lungimirante «Missione» di tutelare, all’avvento del Terzo Millennio, almeno un decimo del Bel Paese. Il Convegno fu organizzato grazie alla feconda collaborazione sorta all’Università di Camerino tra il Botanico prof. Franco Pedrotti e il Direttore Soprintendente del Parco Nazionale d’Abruzzo Franco Tassi, che in quell’Ateneo teneva il primo Corso di Conservazione della Natura e delle sue Risorse istituito in Italia. E fu proprio Franco Tassi, Coordinatore del Comitato Parchi Nazionali d’Italia, a proporre questo obiettivo visionario, considerando che all’epoca si proteggeva appena, e in modo inadeguato, l’1,5% del territorio.

Non sorprende quindi che la proposta fosse accolta con scetticismo, ostilità e derisione, anche se poi, come è noto, ottenne pieno successo: ciò che lascia interdetti, però, è che ancor oggi si tenda a rimuoverla, cancellando anche l’identità dei promotori. Sembra invece doveroso far luce sulla verità, partendo dall’autorevole testimonianza di Pedrotti, che estraiamo dall’Informatore Botanico Italiano (Volume 22, 1990), con alcune integrazioni. «Nel Convegno di Camerino del 1980 il Comitato Parchi Nazionali e Riserve Analoghe d’Italia ha lanciato la cosiddetta sfida del 10% di aree protette da istituire nel nostro Paese come strategia di azione per gli anni 80». «Tale idea (condivisa dalle principali Associazioni ambientaliste: Wwf, Italia Nostra e Cal) si è poi trasformata in obiettivo planetario dopo il convegno di Bali del 1982 (dove Franco Tassi era stato invitato a presentare sul Parco d’Abruzzo una Comunicazione che fu molto apprezzata, e che ispirò “The Bali Declaration”, ovvero lo storico Manifesto di Bali) e nel 1987 è stata anche recepita dal ministero dell’Ambiente». Una vicenda esemplare, che dimostra davvero come «La forza delle idee prevale contro gli interessi costituiti». Senza questo straordinario impulso, la realtà sarebbe stata certo molto diversa. Ecco perché riteniamo che la vera storia dei Parchi Nazionali in Italia, al di là di alcune lacunose, reticenti e distorte versioni circolanti, vada totalmente riscritta. E ribadiamo che in realtà la sola cosa «offuscata» e affetta da «numerose ombre», su cui non va mantenuto alcun «silenzio necessario», sia la confusione incombente su certa storiografia tanto fallace, quanto dilagante.

Nasce il gruppo Ums:Unità memoria storica. Centro parchi internazionale

Di fronte a questa incredibile disinformazione, una adeguata reazione del mondo ambientalista era quanto mai indispensabile, e dopo varie cortesi rettifiche rimaste del tutto inascoltate, si è deciso nell’Ottobre 2022 di costituire un nuovo Gruppo operativo del Centro Parchi, denominato Unità Memoria Storica, che si occuperà di documentare fatti, vicende, personaggi e storie del passato, dimenticati, rimossi o narrati e interpretati in modo falso e distorto dalla storiografia attualmente dominante in materia di Conservazione della Natura, di Parchi Nazionali e Riserve Naturali, di Biodiversità, di Ecologia applicata e così via…

Ma siamo pienamente convinti che, malgrado tutto, la Verità si stia facendo strada. E niente potrà fermarla. In effetti, la vulgata storica ambientale è pervasa di falsità, frutto di pettegolezzi disinformati supinamente accettati dai più. «Missione» dell’Unità Memoria Storica sarà la diffusione della «Verità pura e semplice». Presupposto essenziale: rifuggire dai deprimenti anglicismi (come «fake-news»), per rivalutare la lingua madre italiana. Parole appropriate non difettano: fandonie, bugie, menzogne, falsità, manipolazioni, calunnie, diffamazioni, denigrazioni, invenzioni, distorsioni, disinformazioni, frottole, inganni, adatte alle più diverse situazioni. E nei casi più grevi anche bufale, balle, panzane…

logoPresente. Evviva, oggi siamo 8 miliardi!

L’ultimissima notizia è arrivata Martedì 15 Novembre 2022: la popolazione mondiale ha raggiunto ormai l’incredibile cifra di 8 miliardi di individui, e continua a crescere senza freni, né rallentamenti… Proviamo per un attimo a riflettere: eravamo 1 miliardo all’inizio dell’800, poi 4 miliardi negli anni 70 del secolo scorso, e quindi 7 miliardi nel 2010. E dove arriveremo? Toccheremo i 10 miliardi entro questo secolo, come sembrano indicare le previsioni demografiche? Quando ci renderemo conto del fatto che le risorse della Terra non sono infinite?

L’espansione della popolazione mondiale sembra incontenibile, e procede senza limiti, malgrado non manchino poderosi fattori di contrasto: da un lato malattie, epidemie, pandemie, e dall’altro violenze, delitti, terrorismi dilaganti e guerre infinite (almeno 166 sono attualmente i conflitti bellici registrati nel mondo). Per di più, folle gigantesche che migrano dal Terzo Mondo verso i Paesi ricchi, attratte dal mito del benessere, e finendo per lo più urbanizzate in megalopoli inospitali, senza alcuna regola o pianificazione. Avremo miliardi di individui concentrati in città formicai, vere giungle d’asfalto sempre più lontane da quella qualità di vita che viene inseguita come un sogno impossibile? Una realtà drammatica, che però non è nelle agende della politica internazionale, e non sembra interessare nessuno. Si continua invece a parlare di «crescita e sviluppo», anche se non si possono tacere alcune semplici verità.

Anzitutto, almeno la metà del Pianeta è stata ormai antropizzata, segnata dal marchio indelebile dell’impronta antropica: abitata, alterata, snaturata, cementificata, mineralizzata, sterilizzata, desertificata. Inoltre, da qualche anno ogni estate la campana di Gaia scandisce, con precisione, i propri rintocchi nel giorno del sovra-sfruttamento delle risorse della Terra (overshooting day). E lo fa sempre più in anticipo: se avveniva a Dicembre nell’anno 1971, quest’anno ha scandito la sua funesta musica addirittura a Luglio! Forse, ci si illude che prima o poi quest’umanità incosciente adotti sagge misure di contenimento, riduca la velocità, o magari cambi rotta. Ma intanto, la corsa al consumi sfrenati non sembra affatto rallentare.

overshotOrmai la «Massa Abiotica» (e cioè l’insieme di cemento, strade, città, edifici e massa inerte, vale a dire spazio sottratto alle terre feconde e produttive) ha superato la «Biomassa» (il volume di tutti gli esseri viventi). E non è questa una evidente minaccia di progressiva distruzione del Pianeta al quale dobbiamo la vita? Mentre la «Biomassa» si impoverisce a ritmo accelerato, infatti, la «Massa Abiotica» (inerte e artificiale), non cessa di crescere in modo esponenziale.

Per capire meglio cosa stia realmente avvenendo in questo pianeta sovraffollato e sovrasfruttato, sarebbe utile ricordare il singolare esperimento effettuato negli Usa dallo scienziato John Calhoun oltre mezzo secolo fa, dal 1968 al 1973, con risultati davvero impressionanti, anche se oggi ampiamente dimenticati: Utopia Universo 25. Un progetto innovativo per capire per quanto tempo, e in che modo, una comunità di esseri viventi che cresce senza freni potrà sopravvivere in uno spazio limitato. Tutto si svolge in una speciale struttura che in teoria potrebbe ospitare 3.800 topi, nutriti abbondantemente e al riparo da qualsiasi pericolo. Partito nel 1968 con 8 topi soltanto, l’esperimento vede la popolazione moltiplicarsi rapidamente, fino a raggiungere ben 2.200 esemplari nel 1970. Ma poi la situazione inizia a cambiare, ed esplodono impreviste anomalie comportamentali: i topi diventano sempre più violenti, aggressivi, pansessuali e cannibali, con altissima mortalità, fino a che la popolazione non si estingue: l’ultimo topo spirerà nel 1973. Quello che doveva essere il paradiso, si era rivelato un inferno. La società dei topi era collassata a causa della sovrappopolazione, distrutta dai suoi stessi membri. Le conclusioni dell’esperimento di Calhoun furono sconcertanti: per quanto sapiente e onnipotente l’uomo si creda, se il numero di individui sul Pianeta superasse certi limiti, il tessuto, l’organizzazione e la convivenza sociale sarebbero distrutti. Un chiaro monito che il mondo moderno, avidamente proteso verso l’idolatrìa di crescita e sviluppo, dovrebbe considerare.

Quale sarà invece la risposta del Potere, ormai chiuso in se stesso, e sordo a tutti gli appelli? Niente di nuovo sotto il sole! Come di consueto, ha rispolverato le parole magiche preferite, e accanto a crescita e sviluppo echeggiano green economy, green jobs, start-up, marketing, smart-working, sostenibile, circolare, transizione ecologica… Per far sì che, mentre si annunciano soluzioni magiche e cambiamenti epocali, tutto resti «gattopardescamente» come prima.

In conclusione, la frenesìa di crescita e sviluppo ad ogni costo ha fatto dimenticare una semplice, fondamentale verità: «Noi non siamo i padroni, ma soltanto gli ospiti e i custodi di Madre Terra».

Come si distrugge il pianeta

Quale altra specie vivente distruggerebbe la propria casa?

Quale branco, o mandria, eleggerebbe a capi i più idioti?

Quali sono i 10 pilastri su cui si fonda la nostra rovina?

ECCO I 10 PILASTRI DELL’ANALFABETISMO ECOLOGICO

Ma quando giungerà un novello Sansone ad abbatterli?

Come salvare la Terra? Basterà aprire gli occhi!

E poi rimettere subito in funzione il cervello:

Visione–Verità–Equità–Ecotattica

VI-VER-E-ECO

1.- POPOLAZIONE = Dagli attuali 8 miliardi di individui, ai 10 previsti per fine secolo, continua la crescita illimitata, senza rendersene conto, né porvi rimedio.

2.- STILE DI VITA = Ma davvero tutti gli abitanti del Pianeta dovranno vivere da ricchi spreconi? La loro attuale impronta ecologica dovrà dunque centuplicarsi?

3.- GLOBALIZZAZIONE = Dobbiamo proprio rallegrarci se nel 2050 metà della popolazione vivrà nelle metropoli? E se cibo e frutta ci arriveranno da lontano?

4.- TECNOLOGIA = Quindi la crisi del Pianeta si risolverà con metodi tecnologici e digitali, continuando a desertificare, a mineralizzare e a sterilizzare la Terra?

5.- ECONOMETRIA = Siamo convinti che soltanto tutto ciò che è quantificabile, misurabile e monetizzabile abbia valore, e vada quindi preso in considerazione?

6.- EGOTISMO = Avidità, narcisismo, sfrenatezza, danaro, profitto e potere sono ormai veri idoli da adorare al posto delle antiche divinità, ma con quali risultati?

7.- MATERIALITA’ = Rinnegate le religioni, smarrita la spiritualità, disprezzata la morale, perduta la bussola etica, come si potrà distinguere il bene dal male?

8.- DIPENDENZE = Dilagano oltre misura tutte le dipendenze materiali: alcolici, stupefacenti, giochi d’azzardo, piaceri illimitati, lusso e delirio di onnipotenza.

9.- INTUBAMENTO = La crescente corsa alla estrema specializzazione incanala la mente nella galleria di idee ristrette, che poi si rivelerà un oscuro vicolo cieco.

10.- IGNORANZA = Sempre meno tempo, impegno e risorse dedicati a cultura, istruzione, educazione, studio, ricerca scientifica: ma con quali concreti risultati?

Futuro. Ovunque Caos, Incertezze e Falsità

Intervista sull’ecologia

Grandi novità: nel teatrino politico compare all’improvviso una sorprendente definizione, arriva la «Transizione Ecologica»! Ma nessuno sa cosa significhi, né dove ci porterà…

Dato il crescente interesse suscitato dai temi ecologici, e la critica situazione delle strategie italiane in campo ambientale, la giornalista europea Yutta von Wahren ha rivolto una serie di domande a Franco Tassi, che fin dal primo momento aveva esortato a diffidare della rassicurante Transizione Ecologica. In realtà, una trappola insidiosa, per imporre interventi dannosi per la natura, e serie restrizioni alla libertà dei cittadini.

Professor Tassi, lei viene considerato talvolta un dissidente, ma spesso i suoi commenti si rivelano premonitori. Non sarà così anche per la Transizione Ecologica, alla quale tutti si erano sottomessi e allineati?

Esattamente, ed è stupefacente constatare che alla inattesa notizia che il ministero dell’Ambiente si era di colpo dissolto, evaporando in questa vuota Transizione Ecologica, tutte le voci più ciarliere – partitiche, accademiche, mediatiche, e persino ecologiste – anziché insorgere indignate, si sono levate in cori di giubilo e condivisione. E nessuno ha battuto ciglio quando poi l’ex Ministero dell’Ambiente è slittato nella Sicurezza Energetica. Quale sarà la sua prossima trasformazione?

Crede che certe misure, spacciate dalla politica come salvifiche, siano invece disastrose?

Mi pare che lo dimostri la stessa semantica, in cui si annida il congenito Analfabetismo Ecologico. Transizione suona piuttosto come transazione, mediazione, e questa povera ecologia dimezzata fa venire in mente la famosa trattativa stato-mafia. Non si sarebbe dovuta chiamare Conversione, nel senso di ravvedimento, come aveva suggerito Alex Langer? E come insegna Papa Francesco, nella sua esortazione a custodire il Creato, avanzando Proposte per una Conversione Ecologica. Ma non finisce qui: si sproloquia infatti di Capitale naturale, come se si trattasse di questioni finanziarie, mentre è in gioco il nostro prezioso Patrimonio naturale, al quale dobbiamo non solo benefici ecologici, ma anche culturali, estetici, storici, immateriali …

Eppure alcuni obiettivi importanti sarebbero stati raggiunti, come l’accordo per arrestare la deforestazione, e persino per piantare 1.000 miliardi di alberi…

Si tratta solo di delizioso «Fumo Verde», ma senza alcun concreto effetto immediato. Fermare la spaventosa deforestazione attuale entro l’anno 2030 significa che certamente subito non si farà nulla di concreto, e tollereremo altri otto anni di crimini ecologici. Quanto alla superpiantagione, non c’è nessuna seria garanzia che sarà realizzata in modo rapido e appropriato: e anche ammettendo che tutti quegli alberi vengano davvero piantati, e che poi attecchiscano, alla data prevista non avremo che boschetti di arboscelli giovanissimi … Perché non lasciare invece intatte le selve primigenie, e permettere che le foreste semi-naturali si rigenerino? È ormai ben noto, infatti, che il modo migliore di restaurare le nostre foreste è consentire alla natura di fare il proprio corso, con tempi e costi molto inferiori, e con efficacia e benefici assai maggiori.

Ma tali interventi, date le implicazioni socioeconomiche, non sarebbero difficili da attuare in tempi brevi?

Certamente, ma se i Governi avessero speso meno tempo in chiacchiere roboanti, e manifestato forte volontà politica e spiccata capacità imprenditoriale, avrebbero invece adottato provvedimenti fulminanti, invertendo così il corso della storia. Ecco qualche esempio: l’Italia poteva sospendere subito tutti gli scriteriati tagli boschivi che ancora avvengono nelle Aree protette; data l’emergenza, doveva scardinare il Tuf, il Testo unico Forestale noto come la Truff, ovvero legge ammazza-foreste; poteva bloccare le barbare pratiche di taglio attuali, che producono non boschi di alto fusto, ma cedui, o meglio miserevoli boschi-stecchino; doveva vietare la continua strage di alberi nei viali e nei parchi cittadini, mossa da inconfessabili interessi speculativi; poteva offrire incentivi alla ricostituzione in campagna delle siepi, oggi sempre più massacrate (è accertato che 1 ha di siepi, larghe tra 3 e 6 metri, può sequestrare oltre 130 Tonnellate di Carbonio l’anno). E si potrebbe continuare …

Le prospettive sembrano poco incoraggianti, ma la situazione non potrebbe evolversi?

Speriamo che il mondo impari ad ascoltare la voce genuina dei popoli non ancora contaminati da un progresso falso e distruttivo, e sappia ritrovare la strada verso la coscienza, l’equilibrio e la civiltà. Come disse una volta un Indio nativo dell’Amazzonia, interrogato sul motivo per cui si opponeva al «desmatar» (disboscare): «Gli alberi sono le colonne del cielo, e se li tagliamo, il cielo ci precipiterà addosso!».

Quali sono le responsabilità della politica, e come si potrebbe arrestare il declino?

Questa politica, con le frange che la sostengono, è la prima imputata per l’attuale catastrofe. Che nasce dal male fatto alla natura, ma anche dal tradimento del patto sociale e da quello che abbiamo definito «Il Crepuscolo della Democrazia». Poteri dispotici che tendono ad auto-perpetuarsi, non per il bene comune, ma a vantaggio di pochi, e soprattutto di se stessi. Per sostenersi, non esitano a ricorrere alle peggiori strategie dittatoriali: in alcuni casi sopprimono gli oppositori, e in altri opprimono i dissidenti. Come sconfiggerli? Le maggioranze oppresse dovranno capire che la più efficace strategia consiste nella crescita culturale, nella disobbedienza civile e nella puntuale disintegrazione di tutte le continue menzogne di cui si ammantano e travestono i poteri del palazzo.

Un chiaro invito al cambiamento, dunque, ma si riuscirà a realizzarlo?

L’umanità sembra oggi l’equipaggio spaesato di una nave mal condotta, che sbaglia rotta, annaspa nella tempesta e rischia il naufragio. Come mai? Dopo decenni di adorazione del sacro PIL, anni di incubo Covid e guerre dilaganti, nessuno sembra occuparsi seriamente del ritorno sulla giusta rotta, attraverso Scienza, Conoscenza e Coscienza … E non è un gioco di parole!

Il mondo ha perso di vista le fondamenta stesse della vita sul Pianeta, si rischia addirittura la sopravvivenza?

Esattamente: il fallimento del sistema politico, economico, sociale, normativo dominante è più che evidente. Guerre, ingiustizie, conflitti irrisolti, povertà, fame, epidemie, emarginazioni e migrazioni dilagano, e sono il frutto inevitabile della barbara devastazione della natura, dalla deforestazione selvaggia all’inquinamento dei mari. Non è certo normale, nè giusto, che mentre la maggior parte dell’umanità soffre crescenti disagi, una minoranza al potere accumuli enormi ricchezze. Non si vede che abbiamo perso completamente la bussola?

Potrà la Scienza aiutarci a risolvere il problema, e a salvare il Pianeta?

La ricerca scientifica è fondamentale, perché illumina la strada davanti a noi. Ma occorre indirizzarla nel modo giusto, orientandola verso il bene comune, e non al servizio del potere e della ricchezza di alcuni privilegiati, e a danno degli altri. Mai come oggi la Scienza è apparsa divisa, contraddittoria, fallace e «taroccata» (si pensi al caso impressionante dei gravi errori nel prevenire e contrastare la pandemia). Troppo spesso poi la Scienza viene meno, sopraffatta da un miope «Scientismo»: che non è più ricerca della verità, ma difesa di dogmi assoluti magari sbagliati, dietro ai quali si celano interessi particolari …

Dove la Scienza vacilla, deve intervenire la Conoscenza?

Esattamente, si tratta di applicare il comune «buonsenso». Oggi, purtroppo, sta avvenendo proprio il contrario. Viene sempre più manipolata l’informazione, fingendo di non vedere che continuando a devastare il Manto Verde della terra, alle prime piogge le montagne si sfaldano, sommergendo di fango i centri abitati. Imperano l’assoluta ignoranza e il classico «Analfabetismo Ecologico». Nel frattempo, si intensifica l’assalto all’Amazzonia e alle foreste tropicali. L’unico rimedio sarebbe sviluppare ed espandere la cultura, e a volte basterebbe, appunto, un po’ di «buonsenso».

L’ultima recentissima tragedia di Ischia confermerebbe questa analisi, ma come porvi rimedio?

Gli abusi sul territorio e l’assalto alla natura sono il prodotto di un popolo che dimostra immaturità politica, ignoranza ecologica e approccio egoistico all’ambiente. Per eccessivo individualismo e disprezzo del bene comune, ciascuno punta solo a quello che sembra in quel momento convenirgli, senza mai preoccuparsi delle conseguenze. Chi vuole costruire, lo fa dove e come vuole, poi chi dovrebbe controllare gira la testa altrove, e infine il politico elargisce tolleranza, sanatorie e condoni per assicurarsi i voti della maggioranza abusivista. La risposta dell’ecosistema naturale violentato, però, può essere terribile, e spesso colpisce anche persone innocenti.

Anche la Scienza e la Conoscenza debbono dunque sottomettersi sempre alla Coscienza?

La luce superiore della Coscienza resta oggi il valore spirituale fondamentale: sempre più dimenticato, offuscato e rimosso dal materialismo dominante. Sembra smarrito l’orientamento morale, manca una «Bussola Etica». Come si può credere di essere persone perbene, giuste, oneste, e in pace con la coscienza, se si continua a produrre e vendere armamenti, ad irrorare la terra di micidiali veleni, a sterminare animali innocenti, a distruggere le foreste e a devastare la natura? Senza un nocchiero, questa nave vacilla nella tempesta, e rischia il naufragio.

 

F. T.