Energia, nucleare e posizioni ideologiche

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radioattività nucleare
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֎I problemi scorie, costi, riduzione della CO2 non sono posizioni ideologiche. Ci viene chiesto di lasciar passare il mininucleare e ci viene chiesto di dimezzare le emissioni di CO2 entro 10 anni, e si risponde, secondo un Piano Edison, Ansaldo Nucleare, Enea, Politecnico di Milano e Nomisma Energia, consegnato a Meloni, con una batteria di 15-20 mini centrali nucleari che dovrebbero entrare in funzione entro il 2050֎

Non è possibile fare un discorso a carte scoperte durante un confronto sull’energia perché, ad un certo punto, qualcuno viene fuori con l’appello a riporre l’opposizione ideologica. Così, quasi ci trovassimo di fronte ad un dogma, il discorso si ferma. I problemi non si risolvono e si torna ad un pseudo confronto.

Ma quale opposizione ideologica?

I problemi scorie, costi, riduzione della CO2 non sono posizioni ideologiche.

Ci viene chiesto di lasciar passare il mininucleare e ci viene chiesto di dimezzare le emissioni di CO2 entro 10 anni, e si risponde, secondo un Piano Edison, Ansaldo Nucleare, Enea, Politecnico di Milano e Nomisma Energia, consegnato a Meloni, con una batteria di 15-20 mini centrali nucleari che dovrebbero entrare in funzione entro il 2050.

Quando si chiacchiera fra amici e qualcuno dice delle fesserie, gli si contesta: ma parli perché hai la bocca?

In quale paese si pensa di vivere? Dicono che siamo un paese fragile e le fragilità emergono quando ci si confronta col territorio: per una discarica, per una strada, per un piccolo impianto… e quando finalmente si vara qualcosa, non si è mai sicuri dei tempi di consegna. I tanti territori distrutti dai terremoti o dalle frane sono ancora lì ad attendere…

Per far passare il nucleare dicono che combatterà l’aumento di CO2, cosa non evidente nei paesi dove c’è il nucleare né i costi sono incoraggianti dato che le energie alternative costano meno e il costo dell’uranio sta aumentando.

Dicono che i mini reattori abbiano tecnologie innovative… ma chi ha potuto dare un’occhiata da vicino ai progetti, dice che in realtà si tratti di tecnologie già esistenti, che non hanno risolto i rischi legati alla sicurezza e allo stoccaggio delle scorie.

Ma si può sapere qualcosa di scientificamente e tecnicamente certo e corretto? no perché ci sono posizioni ideologiche…

Insomma, in Italia già si spendono soldi senza criterio e si danno prebende a piacere per scopi puramente politici, mentre per la gente comune si continua a parlare di scelte di merito… insomma possiamo parlare di costi? o dobbiamo fare come in Francia che le centrali vengono nazionalizzate (vedi Edf) perché fallimentari e i costi ricadono sulla comunità?

E poi, questa sicumera sui tempi di realizzazione (mentre viaggiamo verso + 3°C) che hanno quelli che non sono condizionati ideologicamente e che portano esempi stranieri come a proposito il pubblicizzato reattore nucleare EPR finlandese Olkiluoto 3, che neanche nel 2022 ha prodotto energia e ci ha messo oltre 12 anni di ritardi… ma dimenticavo, chi nota queste cose è ideologicamente condizionato…

Senza parlare della salute, come fa l’Isde in una nota, che sottolinea anche il fabbisogno di acqua: «Non tiene conto, in piena emergenza climatica, della necessità di enormi quantità di acqua (sino a 4 miliardi di litri al giorno) per il raffreddamento delle centrali. La Francia è stata recentemente costretta a ridimensionare fortemente la produzione di energia proprio a causa della siccità che ha colpito la Loira, sottraendo acqua ad altre destinazioni vitali».

Non resta che concordare ancora una volta con Massimo Scalia, che ci ha lasciati ieri, e che in un articolo scritto per noi di «Villaggio Globale» diceva: «Purtroppo la quasi totalità degli economisti, che orientano le scelte dei grandi decisori politici e la stessa opinione pubblica, sembrano ignorare la crisi dell’ambiente che è, è bene ricordarlo, crisi dell’umanità; basti pensare al dramma dei migranti che in numero crescente sono spinti a fuggire dalle loro terre proprio per motivi ambientali (siccità, scarsità di risorse) più ancora che per guerre e motivi politici. E questa sordità sembra perdurare, nonostante l’instabilità climatica e le sue conseguenze drammatiche siano lo scenario dei prossimi decenni, non più un’emergenza quindi, ma un contesto nel quale devono essere valutate le politiche economiche. Come ammonì oltre dieci anni fa il rapporto Stern, quantificando l’impatto economico-sociale ove i cambiamenti climatici fossero stati affrontati con politiche “business as usual”, che cioè non ne tenessero conto com’era sostanzialmente accaduto fino all’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto (16 febbraio 2005)».

E così, continuando con queste visioni dogmatiche e ideologiche faremo la fine del pesce lesso nella pentola che si riscaldava poco per volta. Perché l’ideologia è solo e sempre nell’altro con cui non siamo d’accordo, e i fatti reali gridano vendetta.

 

Ignazio Lippolis