Quella scelta scellerata del Deposito unico dei rifiuti radioattivi

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Intervista a Piero Castoro, referente del Coordinamento Noscorie Puglia e Basilicata

֎Una costruzione in cemento armato di ben 110 ettari, alta oltre 20 metri e profonda oltre 10 metri. Una discarica nucleare in cui depositare 17.092 metri cubi di rifiuti radioattivi per migliaia di anni, 36.927 metri cubi di rifiuti radioattivi per centinaia anni, 37.727 metri cubi di quelli radioattivi per decine di anni֎

È avvenuta il 13 dicembre scorso la pubblicazione della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) che ha ridotto da 67 a 51 i siti idonei in Italia per allocare il Deposito nazionale di scorie radioattive. Come previsto dal D.lgs. n. 31/2010, la Cnai è stata elaborata da Sogin sulla base delle osservazioni emerse a seguito della consultazione pubblica che si è svolta dopo la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), ed è stata approvata dall’Ispettorato nazionale per la Sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin).

A seguito di questa pubblicazione, entro i successivi 30 giorni, gli Enti territoriali già presenti nella Cnai e quelli di tutto il territorio italiano interessati ad ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco tecnologico (Dnpt), nonché il ministero della Difesa per le strutture militari interessate, potranno presentare la loro autocandidatura al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) e a Sogin.

Abbiamo voluto porre qualche domanda a Piero Castoro, referente del Coordinamento Noscorie Puglia e Basilicata.

«Deposito nazionale delle scorie nucleari. Governo e Sogin perseverano nella disastrosa gestione», titola così il documento redatto a gennaio 2024 dal comitato Noscorie Puglia e Basilicata… facciamo il punto della situazione.

Dopo un’attesa durata circa 6 anni, il 5 gennaio 2021 la Sogin Spa pubblicò la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) dove collocare un deposito unico di scorie nucleari; una costruzione in cemento armato di ben 110 ettari, alta oltre 20 metri e profonda oltre 10 metri. Una discarica nucleare in cui depositare 17.092 metri cubi di rifiuti radioattivi per migliaia di anni, 36.927 metri cubi di rifiuti radioattivi per centinaia anni, 37.727 metri cubi di quelli radioattivi per decine di anni (di questi solo una piccolissima parte sono prodotti dall’attività medica). Tra le 67 aree individuate, ben 17 si trovano tra la Puglia e la Basilicata, principalmente nei comuni di Genzano di Lucania, Oppido Lucano, Irsina, Gravina in Puglia, Altamura, Matera, Laterza, oltre che Bernalda e Montalbano Jonico.

Il 13 dicembre scorso è stata invece pubblicata la carta delle aree idonee (Cnai). I siti sono stati ridotti solo di 16 unità, passando da 67 a 51, mentre tra Puglia e Basilicata 14 risultano i siti confermati. Naturalmente, nulla è possibile sapere circa le ragioni per le quali si sono escluse o confermate tali aree. In realtà l’iter risulta confuso e assai poco trasparente. A parte la farsa della cosiddetta «consultazione pubblica» (fatta in remoto con qualche decina di partecipanti), tra le non poche contraddizioni che l’iter presenta vi è il fatto che non vi è alcuna distinzione tra controllore e controllato. Infatti a valutare (si fa per dire) le migliaia di pagine di Osservazioni, pervenute da tutta Italia, è stata la Sogin, la stessa che dovrà costruire il deposito e gestirlo. Ma la lista delle inadempienze non finisce qui…

Ma la nota pubblicata dal Comitato prosegue affermando come «il Comitato Noscorie continui a pensare che il lavoro di scrittura delle Osservazioni tecniche inviate a Sogin nella fase di consultazione non siano perse: la loro bontà e le considerazioni a tutela delle aree idonee della Puglia e della Basilicata sono ancora valide». Ricordiamo allora quali sono le considerazioni alla base del documento inviato a Sogin…

Oltre a quanto già detto, va ribadito che la Sogin dovrà procedere ad effettuare la Valutazione ambientale strategica (Vas) e la Valutazione di impatto ambientale (Via) a valle e non a monte, così come prescritto all’art. 27 del Decreto legislativo 15 febbraio 2010 n. 31. Poi le novità intervenute con l’approvazione del Decreto Legge del 9 dicembre 2023 n. 181, che ha aperto la possibilità (entro trenta giorni) a qualsiasi Comune italiano, anche se non presente nella Cnai, e al ministero della Difesa, responsabile delle aree e delle strutture militari, di autocandidarsi ad ospitare sul proprio territorio il Deposito nazionale e il Parco tecnologico (art. 11). Perciò, ad essere candidate, non vi sono solo le aree considerate finora idonee, ma ogni luogo, anche se escluso, potrà autocandidarsi ed essere suscettibile di ulteriori valutazioni. In questo quadro così poco edificante, le aree militari rappresentano una sorta di escamotage e di minaccia conclusiva, nel caso di eventuali resistenze da parte dei territori.

Le osservazioni elaborate da parte di Enti e associazioni sono state fatte con il contributo di esperti, scienziati e profondi conoscitori dei territori. Perciò riteniamo che anche le osservazioni che come Coordinamento Noscorie Puglia e Basilicata abbiamo inviato, costituiscano, malgrado la «sufficienza» con cui sono state recepite da parte della Sogin, una documentazione valida per esaminare realmente l’idoneità o meno dei territori ad ospitare il Deposito nazionale.

Quali sono gli scenari futuri e come intende il Comitato procedere nel mobilitare i cittadini per dire No alla individuazione del Deposito nazionale sul territorio?

Il nostro obiettivo è fermare la scelta scellerata di realizzare un unico deposito che raccolga ogni genere di scorie radioattive, senza alcuna distinzione tra esse, e ciò si intende fare in uno dei pochi Stati che dal 1987 ha fermato un’energia così rischiosa e la cui distruttività dura migliaia di anni.

Siamo consapevoli della necessità di mettere in sicurezza le scorie nucleari dei circa 20 depositi temporanei di materiale radioattivi conservati in uno stato «precario» presenti sul territorio nazionale (di cui l’80% dislocati nelle regioni settentrionali), ma siamo altrettanto convinti che il deposito unico non sia la giusta soluzione e che la decisione non può essere presa senza aver valutato tutte le opzioni possibili e affrontando la questione con tutti gli Stati dell’Unione europea.

Allo stesso tempo riteniamo necessario continuare ad informare correttamente e a rendere trasparente un procedimento che sinora è rimasto totalmente oscuro e racchiuso in una ristretta cerchia di sedicenti esperti la cui società, la Sogin si regge esclusivamente grazie al contributo di tutte le famiglie italiane attraverso la voce ingannevole di «oneri di sistema» incluso nelle bollette elettriche.

Perciò la nostra mobilitazione continua: La prossima settimana sono previste assemblee pubbliche nei comuni tra Puglia e Basilicata interessate direttamente, per pervenire all’inizi di febbraio ad un incontro pubblico congiunto in cui prevediamo di coinvolgere enti e associazioni di base e metter in campo diverse iniziative dirette ad approfondire la conoscenza e a socializzare le attività di sensibilizzazione popolare. La posta in gioco è così alta che occorre l’impegno di tutti per evitare errori e scelte scellerate che potrebbero pesare sul futuro di noi tutti e, soprattutto, per le future generazioni.

Per seguire le iniziative in itinere:
Fb: No Scorie Puglia Basilicata
Per ascoltare una sintesi dell’intera questione:
Intervento di Piero Castoro nella manifestazione pubblica ad Altamura (28 febbraio 2021)

Per visionare le osservazioni del Coordinamento Noscorie Puglia e Basilicata insieme a tutte le altre

Elsa Sciancalepore