La sociologia vegetale

1154
Tempo di lettura: 3 minuti

Il complesso di questi studi botanici, definiti di sociologia vegetale, riveste grande importanza nella storia dell’ecologia perché individua le interrelazioni che esistono tra ciascuno degli elementi di un sistema strutturato e mette in evidenza il ruolo di specifici fattori ambientali, delimitando unità ecologicamente significative.
Antesignana in tal senso è la geografia vegetale di Alexander von Humboldt1 che si interroga sulle cause delle distribuzioni vegetali (Humboldt, 1998). Von Humboldt affronta lo studio dei legami del mondo vegetale con l’ambiente abiotico cercando di individuare le associazioni locali di piante in diversi climi, isolando le forme di crescita, cioè le caratteristiche strutturali della pianta adattata al proprio ambiente.
I botanici del XIX secolo, che dalle sue osservazioni traggono ispirazione, studiano le comunità vegetali, applicandosi in particolare alla ricerca della distribuzione geografica dei raggruppamenti. Le associazioni stabili tra piante diverse in determinati climi diventano così importanti che il concetto di specie, allora basilare, viene sostituito da quello di formazione fitogeografica.
La formazione fitogeografica, definita da August Grisebach nel 1838, indica un gruppo di piante con un carattere fisionomico ben definito che costituisce una formazione vegetale determinata (come una foresta, una prateria, etc.). Le cause della distribuzione di tali formazioni vegetali sono individuate, negli stessi anni, da Alphonse de Candolle2, non solo nel clima, come fino ad allora si riteneva, ma anche nel ruolo della vegetazione precedente, nel grado d’umidità e nel tipo di rocce e di suolo sottostante che impongono una sorta di rotazione naturale determinata (Candolle, 1855).
Lentamente si origina allora una scienza interessata alle relazioni tra vegetali e ambiente abiotico. Concentrandosi sullo studio dell’economia delle piante, August Warming per primo nel 1893, utilizza la parola ecologia e la visione ecologica in un trattato scientifico di geobotanica, la cui grande innovazione rispetto alle opere precedenti consiste nel considerare molteplici livelli d’integrazione (Acot, 1995). Con Warming il filone ecologico più vicino alla botanica si distingue da quello prettamente floristico, concentrandosi sullo studio dell’economia delle piante: le loro esigenze, i loro modelli d’adattamento alle condizioni esterne e i loro comportamenti. Allontanandosi dalla teoria darwiniana, Warming, conferisce un ruolo secondario alla selezione e insiste sull’adattamento diretto all’ambiente come fattore discriminante3. Sostiene che il campo specifico dell’ecologia è proprio lo studio di come specie e comunità reagiscono ai limiti e alle possibilità offerte dal mondo fisico. Con la sua opera la geobotanica lascia il posto all’ecologia vegetale che si applica a concrete questioni di fisiologia vegetale (Warming, 1909).
Negli stessi anni ad una ecologia europea che «fotografa» lo stato della vegetazione, gli statunitensi oppongono una ecologia «cinematografica», interessandosi non dell’oggetto ma del processo (Acot, 1989a). La loro attenzione è rivolta soprattutto alle successioni vegetali, quindi allo studio di una dinamica. Henry Cowles esamina lo sviluppo del paesaggio vegetale di una regione, sostenendo che il climax è sempre e soltanto illusorio perché uno stato di reale equilibrio non può mai essere raggiunto (Cowles, 1901). La nozione di climax è fondamentale anche nei lavori di Frederic Clements che per primo si accorge che la tendenza della vegetazione a stabilizzarsi è la base dell’omeostasi degli ecosistemi (cioè della loro tendenza a restare in equilibrio ed opporsi alle trasformazioni), ed estende all’intera comunità vegetale i modelli comportamentali validi per le singole piante, con una visione dichiaratamente organicista (Clements, 1905).

1 Von Humboldt, partecipa a numerosi viaggi d’esplorazione su incarico di Carlo IV, nelle zone costiere delle colonie spagnole. Le sue opere sono fortemente influenzate dalla tradizione romantica tedesca nella ricerca di un’unità della natura.
2 De Candolle si interessa, nei suoi viaggi, anche al problema della discontinuità degli esseri umani sul globo e ne individua le cause nella differenza di temperatura, luce, umidità, ammettendo tra i fattori esplicativi anche il tempo ma rifiuta l’idea di una evoluzione. Lo stesso problema, con una diversa risposta, sarà affrontato da Darwin.
3 Non bisogna dimenticare che nel caso delle piante, grazie alla rapida e intensa proliferazione, questo tipo di adattamento all’ambiente è molto più evidente che nel caso degli animali.

 

Chiara Certomà, Perfezionanda in Diritti Umani, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa