Lontra

2862
Tempo di lettura: 3 minuti

In Italia non ne sopravviverebbero che tra i 100 e i 150 individui, di solito assai difficili da incontrare, anche perché sfuggenti, elusivi e di abitudini prevalentemente crepuscolari e notturne

Superbo ornamento di ogni proda lacustre e fluviale là dove la natura è ancora sovrana, l’invisibile e solitaria Lontra sta oggi scomparendo silenziosamente da gran parte del suo territorio, annientata da tutto il male che l’uomo riesce scioccamente a perpetrare ai danni di ambienti tanto preziosi. Regimazioni e invasi, inquinamenti e captazioni delle acque, disboscamenti e cementificazioni delle ripe scandiscono gli inesorabili rintocchi di un conto alla rovescia, che non segna soltanto il destino di una specie, ma l’avvenire stesso di un intero ecosistema di fondamentale importanza anche per l’uomo. Perché nessun animale più di questo può costituire l’efficace indicatore ecologico di una buona situazione fluviale e lacustre, offrendo positive speranze di conservazione o recupero di antichi equilibri. Conservare le poche superstiti Lontre del nostro Paese, aiutarle addirittura a riespandersi sui fiumi sottratti alla devastazione (arginandoli sì, ma di verde) vuol dire allora pensare non solo alla sorte di un bellissimo frammento del mosaico della vita, ma all’avvenire di una parte essenziale del mondo, e quindi di noi stessi.Dovunque fossero corsi d’acqua, laghi e paludi ricchi di pesce, là era anche, nei tempi passati, il regno della Lontra (Lutra lutra), prima che una caccia spietata, all’insegna di una assolutistica condanna come animale «nocivo», originata dall’erronea convinzione che essa rappresentasse un temibile concorrente per i pescatori, oppure determinata dall’avidità di appropriarsi della sua straordinaria pelliccia, non ne decretasse la scomparsa quasi totale dal territorio italiano.

Negli acquitrini padani e nelle zone umide venete ed emiliane, ad esempio, oggi è praticamente sparita: ma un tempo vi era abbondante, perché proprio quello rappresentava l’habitat ideale, ricco di Tinche, Anguille ed anche di canneti e nascondigli. In tempi più lontani, anzi, quelle paludi ospitavano certamente persino il Castoro (Castor fiber), altro leggendario animale legato agli ambienti acquatici, ma poi scomparso da quasi tutta l’Europa centro-meridionale (dove una piccola colonia è sopravvissuta, incredibilmente, quasi alle foci del fiume Rodano in Francia); ed oggi finalmente in fase di riespansione, e di pacifica riconquista di molti territori perduti. Della sua antica presenza in Italia ci attestano antichi documenti anche d’epoca romana, qualche toponimo e soprattutto Fazio degli Uberti, allorché parlando dei boschi ferraresi ricorda che, «ne’ suoi laguni un animal ripara, ch’è bestia e pesce, il qual bevero ha nome».La Lontra era pure numerosa in qualsiasi altra regione ricca di paludi e di acquitrini: come in Maremma, a Maccarese, a Fiumicino e nelle Paludi Pontine del Lazio. Ma un altro elemento che, insieme alla caccia e al bracconaggio, ha concorso inesorabilmente al declino di questa specie è stato il progressivo avanzamento delle assurde, costosissime bonifiche condotte all’insegna di fallimentari battaglie del grano; nonché l’alterazione, la captazione e l’imbrigliamento dei principali bacini fluviali, cui si aggiunge il pericoloso inquinamento delle acque interne anche lacustri, dilagante ormai su proporzioni sempre più vaste. La Lontra ha perso così l’ambiente di vita e, a volte, persino la stessa alimentazione abituale.

Così avviene ad esempio nel Parco Nazionale d’Abruzzo e nelle montagne molisane, lucane e calabresi. La Lontra manca invece del tutto nelle isole, dove peraltro non è mai esistita. Il Dorotea, storico della caccia nel Saraceno, così narrava della Lontra e dei suoi costumi nell’anno di grazia 1862: «È comune nel Sangro. Difficile la sua cattura, perché non esce da’ ridotti che si scava nelle ripe, di sotto alle radici degli alberi che ne orlano le sponde; e di dove non muove se non la notte, allorché dà la caccia alle Trote, di che è ghiottissima, e che in quel fiume abbondano, e a’ Topi acquatici».
I cento anni successivi non sono riusciti a modificare sostanzialmente le abitudini della Lontra, i cui superstiti esemplari sono diventati, semmai, ancor più circospetti e sfuggenti. E risultano quindi assai difficili da incontrarsi e vedersi alla luce del giorno, nel tentativo disperato di sfuggire alla crudele quanto cieca e ingiusta persecuzione dell’uomo. Secondo le più attendibili statistiche, in Italia non ne sopravviverebbero che tra i 100 e i 150 individui, di solito assai difficili da incontrare, anche perché sfuggenti, elusivi e di abitudini prevalentemente crepuscolari e notturne. Ma una oculata tutela dei fiumi e dei laghi, con il progressivo incremento della loro pescosità, potrebbe garantire al Mezzogiorno e all’intera Italia una popolazione ben più ricca e florida, restituendo alle acque vita e bellezza.