Ripensare gli spazi espositivi

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Quale sarebbe, al contrario, il modo migliore per affrontare i problemi legati alla conservazione ottimale dei beni artistici museali?
Gli spazi espositivi dovrebbero essere progettati e realizzati in funzione dei beni e delle opere che intendono ospitare: statue in metallo, tessuti, porcellane, vetri, libri ecc. hanno caratteristiche e necessità differenti, sia dal punto di vista conservativo quanto da quello espositivo. Il problema si pone quando, nello stesso ambiente, sono presenti o sono da prevedersi esposizioni di opere almeno composizionalmente molto diverse tra loro.
La risposta alle condizioni climatiche (ma non solo, si ricorda in tal caso l’analoga importanza degli inquinanti gassosi, polveri, illuminazione naturale ed artificiale, contaminazioni microbiologiche, flussi di visitatori, ecc.) di ogni bene, ovvero le strategie di conservazione preventiva, dovrebbero essere oggetto della valutazione ed attuazione scrupolosa di un team composto da varie figure professionali tra cui conservatori, storici dell’arte, restauratori, tecnologi e fisici-tecnici, possibilmente coordinati dalla figura del ?curatore museale?.
Le strategie di intervento (nel caso di condizioni inidonee pregresse) possono essere molteplici: vi sono attività definibili come ?interventi passivi?, per esempio la sistemazione degli infissi, la riduzione dell’impatto luminoso (con tende, lampade opportune), la pulizia programmata dei locali, l’uso di tappeti speciali, l’uso di pannelli o prodotti igrofili, l’uso ragionato degli impianti di riscaldamento, ecc. che complessivamente possono ridurre i fattori di stress sulle opere, ed attività definibili quali ?interventi attivi?, termine sotto cui passano tutta una serie di interventi tecnico-impiantistici (per es. l’installazione di impianti di condizionamento, illuminotecnici e gestionali) che, appunto, interagiscono in modo ?attivo? con l’ambiente espositivo, variandone in modo opportuno e programmabile le condizioni complessive stesse. Sarebbe di certo auspicabile il simultaneo ricorso a entrambe le soluzioni prospettate, per limitare il più possibile le aggressioni sia di tipo antropico sia climatico-ambientali, ma spesso intervengono in tal caso insormontabili problemi di bilancio per la gestione di tali sistemi (si pensi ai tanti piccoli centri con ridotte risorse finanziarie), per cui a volte è decisivo il lavoro di ?efficienza? del gruppo di lavoro per l’ottenimento dei migliori risultati possibili pur con limitate risorse.

Quali altri aspetti condizionano lo stato di conservazione dei beni museali?
Una serie di problemi a lungo sottovalutati e per certi aspetti paradossali si sono riscontrati su opere e manufatti custoditi in contenitori e bacheche protettive: spesso ancora si ignora che alcune di esse, a causa della presenza di vernici, sviluppo di polveri e muffe, rivestimenti vari, rappresentano a loro volta un pericolo per la conservazione a causa, soprattutto, del rilascio di particolari sostanze gassose, come numerosi composti organici volatili o composti acidi, magari attivati da esasperati valori di temperatura e umidità, estremamente dannosi anche nei confronti di materiali metallici e/o inorganici.

Esiste una regolamentazione in questo settore?
Certamente. Un protocollo ufficiale è stato definito dal Cti (Comitato termotecnico italiano), che identifica ed emana norme relative anche ad ambienti museali e conservativi (vedasi, tra le altre, la Norma Cti E02.01.304.0 ? Analisi e valutazione delle condizioni ambientali, tecniche, igrometriche e luminose per la conservazione di


beni di interesse storico ed artistico). Altrettanto dicasi per l’Uni (Ente normativo italiano) che soprattutto negli ultimi anni, avendo annesso i gruppi di studio NORMAL, emana periodicamente norme anche nel vasto settore della conservazione di Beni di interesse culturale. In ambito internazionale, l’esperienza è ancora più estesa e pregressa ed estremamente importante risulta il lavoro svolto in tale settore da gruppi Iaq (Indoor air quality), che sviluppano studi ed applicazioni sulla qualità dell’aria in ambiti museali, con particolare attenzione per la composizione chimica, il particellato solido, gli aspetti aerobiologici della stessa ed alle sinergie che spesso si sviluppano tra questi a danno di beni di interesse culturale.

Può farci un esempio di area espositiva virtuosa da questo punto di vista?
Ce ne sono diversi in Italia soprattutto tra le più prestigiose sedi espositive di settore, ma direi che Galleria Borghese, per citare uno spazio conosciuto e prestigioso, può essere considerato un esempio importante e significativo, dopo l’ultimo recente intervento di riqualificazione. Molto resta da fare ancora in molte realtà medio-piccole, ma non solo, soprattutto in termini di presa di coscienza del concetto di ?prevenzione programmata?, alla base di qualsiasi strategia conservativa museale.

(Giuliana Bevilacqua)