Nella stagione estiva c’è un vero e proprio boom di segnalazioni relative al ritrovamento di giovani esemplari di mammiferi e uccelli che possono sembrare orfani dei loro genitori. Ma non sempre è così…
La stagione estiva segna non soltanto il momento clou della fase riproduttiva per la fauna selvatica, ma anche un vero e proprio boom di segnalazioni relative al ritrovamento di giovani esemplari di mammiferi e uccelli che possono sembrare orfani dei loro genitori. Attenzione però: non sempre è così. Cosa fare dunque in questi casi?
– Anzitutto, è necessario ricordare che tutti gli animali selvatici sono protetti dalla legge 157/92 sulla tutela della fauna, che vieta ogni forma di detenzione, anche quelle «a fin di bene». Ciò significa che prima di intervenire occorre valutare molto attentamente la situazione anche perché il più delle volte i cuccioli lasciati da soli non sono stati abbandonati; la loro madre, infatti, può essere nei paraggi alla ricerca di cibo. Prelevarlo significherebbe pertanto separarlo una volta per tutte dai suoi genitori e renderlo realmente orfano. Per questo, occorre non essere impulsivi e contattare la Sezione più vicina dell’Enpa e le autorità competenti in materia di fauna selvatica (tra cui: Corpo Forestale dello Stato e Polizia Provinciale) in modo di avere un consiglio prima di raccogliere il cucciolo, anche quando è ferito. Da ricordare anche che tutti gli animali selvatici considerano l’uomo come un predatore e potrebbero tentare di difendersi: un ulteriore motivo non fare da sé ma chiedere l’intervento delle autorità.
– Le «mamme» selvatiche sono molto protettive e adottano numerosi accorgimenti per tutelare il proprio piccolo, lasciandolo in prossimità delle tane o, come accade per i caprioli, nascondendoli tra l’erba. In questo modo il genitore (che tornerà comunque sul posto per sfamare il suo cucciolo) evita che la propria presenza possa attirare eventuali predatori.
– Se si dovesse trovare un cucciolo non toccarlo ma avvertire le autorità competenti. Quasi tutti i mammiferi, infatti, riconoscono i propri figli dall’olfatto: il contatto vorrebbe dire distruggere la loro firma olfattiva.
– I piccoli di pipistrello, gli unici mammiferi volanti del pianeta (riconoscibili per l’assenza o la scarsità di pelo oltre che per le piccolissime dimensioni) rinvenuti a terra vanno sempre prelevati e messi in una scatolina appositamente forata, alimentandoli con poche gocce di latte di capra ogni 2 ore circa. Al crepuscolo, si può tentare di posizionare il piccolo nelle immediate vicinanze del luogo di ritrovamento ma in alto: la mamma potrebbe riprenderselo. Se non accade nulla, allora bisognerà avvertire il Corpo Forestale e consegnare il piccolo al più vicino centro di recupero della fauna selvatica.
– Se ci si dovesse imbattere in un giovane volatile che, con il piumaggio appena sviluppato e con gli occhi aperti saltella pur non essendo in grado di volare, ci si trova di fronte ad un esemplare che non è caduto dal nido ma che sta semplicemente scoprendo il mondo. In questa fase il genitore lo segue fuori dal nido, fornendo non solo cibo ma le informazioni necessarie per la sopravvivenza come, ad esempio, saper riconoscere i predatori. In questi casi prelevare il piccolo pensando di salvarlo è un errore: nessuno all’infuori di «mamma merlo» è in grado di insegnare al suo piccolo che un felino rappresenta un pericolo. Cosa fare allora? Meglio non intervenire o prendere l’uccellino e spostarlo nell’arco di 15-20 metri, nascondendolo in una siepe: il suo piumaggio mimetico lo nasconderà alla vista dei predatori. La mamma ritroverà il suo piccolo con il canto. In città questo non è sempre possibile farlo e in strade trafficate dove non vi sono aiuole o giardini, è necessario contattare l’Enpa o il centro recupero fauna più vicino per farsi consigliare.
– Discorso diverso invece per rondini, rondoni, balestrucci ed esemplari totalmente implumi o con gli occhi chiusi, che vanno sempre prelevati.
– Da ricordare, infine, che come pronto soccorso ai piccoli uccelli non vanno mai somministrati pane, latte e uova ma carne. Inoltre, il ricovero deve essere costituito da una scatola e mai da una gabbia, perché con le sbarre il giovane potrebbe ferirsi. In ogni caso, mai fare da sé, perché intervenire, curare, far crescere e liberare un animale selvatico è compito di persone esperte e di strutture altamente specializzate.
(Fonte Enpa, Ente nazionale protezione animali)