Ecobioevoluzione

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Samuele Venturini, Gruppo Editoriale Castel Negrino

Il nome è di quelli difficili, alloctono (ovvero «proveniente da un altro luogo»), ma il concetto che esprime è molto chiaro, e duro: specie, vegetale o animale, che non fa parte di un tradizionale ecosistema e che viene qui introdotto volontariamente o, più spesso, in maniera involontaria se non proprio casuale. Un vero e proprio «alieno», insomma, capace però di causare danni talvolta enormi: a livello economico (si parla di 12 miliardi di euro all’anno per l’intera Europa), ambientale (scomparsa di specie selvatiche sia animali sia vegetali) e salutistico (comparsa di nuovi virus, diffusione di agenti tossici e allergenici). A questa invasione silenziosa e forse per questo trascurata fino al momento in cui fa sentire i suoi effetti, il biologo Samuele Venturini dedica il suo libro «Ecobioevoluzione. Ecosistemi urbani, rurali e naturali: vecchi e nuovi equilibri della natura» (Gruppo Editoriale Castel Negrino, gennaio 2012).

Il volume di Venturini, che comprende scritti anche di altri esperti, si presenta come un’analisi lucida, ma finanche impietosa, di quelli che possono essere definiti gli ulteriori effetti della «globalizzazione», intesa come scambio planetario di merci e persone. Pochi ad esempio sanno che l’ormai famigerata zanzara tigre (potenziale portatrice, da sola, di una ventina di virus) è stata probabilmente introdotta in Europa da un carico di gomme usate. O che la Ambrosia artemisiifolia, responsabile di numerosi casi di allergia, è stata introdotta con le sementi usate per nutrire gli uccellini. O ancora che il tarlo asiatico, vero incubo in Lombardia, probabilmente è arrivato tramite materiale da imballaggio in legno, come pellet, casse, bobine per cavi elettrici provenienti da Oriente. In altri casi a certi animali le porte sono state invece aperte volontariamente. È il caso della nutria, o «castorino» (Myocastor coypus) importato anche in Italia dal Sud America per farne pellicce, fin dalla fine degli anni Venti. Ben ambientato nel nostro ecosistema, questo roditore si è sviluppato a dismisura e i soggetti liberi sono spesso causa di gravi danni agli argini dei corsi d’acqua. In aggiunta alla casualità e la volontarietà, a determinare questa invasione di «alieni» ci pensano poi i cambiamenti climatici. Così capita che nel Mediterraneo (grazie anche al passaggio rappresentato dal Canale di Suez) arrivino pesci tropicali che si adattano facilmente ad un mare sempre più caldo.

A fronte di questo scenario inquietante la cui colpa va fatta ricadere solo sull’uomo («è bene ribadire che le specie aliene non hanno nessuna colpa dei danni che provocano agli ecosistemi», sottolinea l’autore) le soluzioni ci sono: «ognuno di noi – spiega Venturini – può tutelare la biodiversità del proprio Comune, della propria Provincia o Regione (…) applicando le norme che tutelino la fauna e la flora autoctona e collaborando con gli organi competenti segnalando le eventuali presenze o osservazioni di specie esotiche». Per il resto, poi, a rimettere le cose a posto ci penserà a suo tempo madre natura: attraverso un ennesimo riequilibrio biologico che non esclude un’ulteriore grande estinzione, come le cinque che si sono già verificate tra i 450 e i 65 milioni di anni fa.

Samuele Venturini lavora nel campo delle biotecnologie e porta avanti diversi progetti in ambito faunistico e naturalistico. Da alcuni anni si occupa in modo particolare di specie alloctone.

(Fonte Gruppo Editoriale Castel Negrino)