Ecco che cosa non va nel «conto termico»

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Cosa migliorare per l’incentivazione di interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell’efficienza energetica di piccole dimensioni. Le potenzialità tecniche ed economiche del solare termico esigono un quadro legislativo chiaro e stabile. Fondamentale pubblicarlo subito. Le osservazioni Assolterm

L’8 novembre scorso il ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il ministero dell’Ambiente e dell’Agricoltura ha varato il decreto ministeriale sul conto termico e lo ha inviato alla Conferenza unificata Stato Regioni che dovrà esprimere il proprio parere vincolante proponendo eventuali emendamenti.
Ancora prima che uscisse il Decreto 28, Assolterm aveva maturato al proprio interno la convinzione che bisognasse andare verso un nuovo meccanismo di incentivazione che ovviasse alle carenze delle detrazioni fiscali del 55%, il cosiddetto «conto energia termico». Poi uscì il Decreto 28 nel marzo del 2011 con quell’articolo 28 che introduceva proprio questa nuova tipologia di incentivo. Si trattava, infatti, di un meccanismo che avrebbe dovuto incentivare «interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell’efficienza energetica di piccole dimensioni» a partire dal gennaio del 2012.

Il Decreto 28, è storia nota, rimandava a un decreto attuativo da pubblicarsi entro la fine di settembre dell’anno scorso.

Con più di un anno di ritardo e in un contesto di crisi economica che sta pesantemente coinvolgendo anche il nostro settore, i ministeri hanno finalmente trovato un accordo e licenziato lo schema di decreto che è attualmente al vaglio delle Regioni.
Molti sono gli elementi di positività di questo decreto per il quale, d’altra parte, siamo stati, insieme ad altre associazioni e parti interessate, chiamati ad esprime un parere e a inviare osservazioni anche su aspetti specifici.

Il primo aspetto positivo riguarda il fatto che l’incentivo, che per il solare termico è rivolto sia ai privati sia alle amministrazioni pubbliche, amplia, rispetto alle detrazioni fiscali, il numero e la tipologia di soggetti che potranno usufruirne.
In generale, ma a maggior ragione in un momento così difficile per le nostre aziende, inoltre, è positivo il fatto che il periodo di diritto all’incentivo sia sufficientemente breve (2 anni per impianti sotto i 50 m2 e 5 anni per impianti da 50 a 700 m2 di superficie), permettendo così ai fruitori di acquisire l’incentivo in tempi rapidi.
Va detto, d’altra parte, che la spesa complessiva annua di 900 milioni di euro (di cui 200 per le amministrazioni pubbliche e 700 per i soggetti privati), prevista per l’incentivazione di tutte le rinnovabili termiche e per le misure di efficienza energetica (in quest’ultimo caso solo per le amministrazioni pubbliche) non può certo essere considerata adeguata, soprattutto se si considera quanto sostenuto nella Sen con riferimento all’importanza di puntare sulle rinnovabili termiche come «elemento fondamentale della strategia italiana di raggiungimento degli obiettivi 20-20-20», e se confrontata con i fondi destinati alle rinnovabili elettriche. Ma è comunque un buon inizio.

Un altro elemento di positività è l’aver puntato sulla semplificazione. Per impianti sotto i 50 m2, per esempio, non è necessaria l’asseverazione di un tecnico abilitato ma è sufficiente una dichiarazione sostitutiva (v. art. 7).
A nostro avviso però, proprio nel tentativo di semplificare il più possibile il meccanismo, si è scelta una modalità di attribuzione dell’incentivo che di fatto non lega l’entità dell’incentivo (nemmeno a livello di stima) alla producibilità dell’impianto, in questo modo tradendo lo spirito del Decreto 28 che all’art. 28 indica che «l’incentivo ha lo scopo di assicurare un’equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio ed è commisurato alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili».
Siamo consapevoli che in questa fase non ci siano i tempi tecnici per introdurre una tale modalità di incentivazione (anche se auspichiamo che si prenda seriamente in considerazione questa questione fra un anno o almeno nell’ambito della revisione prevista all’art. 1 del decreto), pensiamo però che già in questa fase, per assicurare un’equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio, per dirla con le parole del Decreto 28, sia opportuno riconoscere agli impianti a circolazione forzata, che hanno un costo superiore a quello previsto dalle simulazioni fatte dai Ministeri (v. il documento «Esempi di attuazione del decreto» che come terzo esempio riporta l’incentivazione di un impianto solare termico che ha un costo di 900 euro/m2), un incentivo superiore (in percentuale) a quello previsto nel decreto che, lo ricordiamo, è di 170 euro/m2 per 2 anni per i piccoli impianti e 55 euro/m2 per 5 anni per i grandi impianti. Se non si operasse in questa direzione, con un incentivo troppo basso rispetto ai reali costi di investimento, si correrebbe il rischio di favorire prodotti di bassa qualità e sistemi poco efficienti, con conseguenze negative sull’efficacia stessa del «conto termico».

In un momento di crisi economica che sta coinvolgendo pesantemente anche il nostro settore e in particolare le piccole imprese, pur consapevoli, come già sottolineato, dell’assoluta necessità di puntare sulla qualità e il buon funzionamento degli impianti, per quanto riguarda i criteri di ammissibilità all’incentivo per il solare termico, sarebbe opportuno andare incontro alle piccole imprese premettendo loro di scegliere, solo per il primo anno di funzionamento dell’incentivo, tra il Solar Keymark e il marchio Solar Pass1.

In ultimo ci preme in ogni caso ribadire che apprezziamo lo sforzo fatto per dare finalmente un quadro incentivante chiaro e stabile alle rinnovabili termiche. E diciamo con forza che bisogna partire subito, prima che sia troppo tardi: quello che proprio non auspichiamo per le nostre aziende è che la pubblicazione del decreto venga ulteriormente rallentata o posticipata.