Rilevati 166 tipi. Il 13,2% delle acque superficiali mostra livelli di tossicità per gli organismi acquatici superiori ai limiti. Nelle campagne si utilizzano circa 350 sostanze diverse per un quantitativo superiore a 140.000 tonnellate. A livello di macroarea geografica, la contaminazione appare più diffusa nella pianura padano-veneta ma anche al centro sud, i miglioramenti del monitoraggio stanno portando alla luce una contaminazione significativa
Ancora più evidente, rispetto al passato, lo stato di contaminazione delle acque italiane superficiali e sotterranee: nel 2010 sono stati rinvenuti residui nel 55,1% dei 1.297 punti di campionamento delle acque superficiali e nel 28,2% dei 2.324 punti di quelle sotterranee, per un totale di 166 tipologie di pesticidi (a fronte dei 118 del biennio 2007-2008) individuati nella rete di controllo ambientale delle acque italiane. Si tratta, per la maggior parte, di residui di prodotti fitosanitari usati in agricoltura (solo in questo campo si utilizzano circa 350 sostanze diverse per un quantitativo superiore a 140.000 tonnellate) ma anche di biocidi (pesticidi per uso non agricolo) impiegati in vari campi di attività. Anche se spesso basse, le concentrazioni indicano a livello complessivo una diffusione molto ampia della contaminazione.
Inoltre, nel 34,4% dei punti delle acque superficiali e nel 12,3% dei punti di quelle sotterranee i livelli misurati risultano superiori ai limiti delle acque potabili. Le concentrazioni sono state confrontate anche con i limiti di qualità ambientale, recentemente introdotti, basati sulla tossicità delle sostanze per gli organismi acquatici. In questo caso il 13,2% dei punti delle acque superficiali e il 7,9% di quelli delle acque sotterranee hanno concentrazioni superiori al limite.
È questa la situazione descritta dall’Ispra nel Rapporto nazionale pesticidi nelle acque 2013, realizzato dall’Istituto sulla base delle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente. Il rapporto, che analizza l’evoluzione della contaminazione sulla base dei dati raccolti a partire dal 2003, anche grazie alle maggiori dimensioni e completezza del monitoraggio rispetto al passato, mostra un aumento della frequenza di pesticidi nei campioni delle due tipologie di acqua prese in esame.
A livello di macroarea geografica, la contaminazione appare più diffusa nella pianura padano-veneta (a causa delle caratteristiche idrologiche di quell’area, del suo intenso utilizzo agricolo e al fatto, non secondario, che le indagini sono sempre più complete e rappresentative nelle regioni del nord), ma anche al centro sud, i miglioramenti del monitoraggio stanno portando alla luce una contaminazione significativa.
Per quanto riguarda la presenza di miscele nelle acque le analisi presentano fino a 23 sostanze diverse in solo campione. A causa dell’assenza di dati sperimentali sugli effetti combinati delle miscele e di adeguate metodologie di valutazione, esiste la possibilità che il rischio derivante dall’esposizione ai pesticidi sia attualmente sottostimato e si impone una particolare cautela anche verso i livelli di contaminazione più bassi. Le sostanze concepite per combattere organismi nocivi, infatti, sono potenzialmente pericolose anche per l’uomo. La rete ambientale è finalizzata alla salvaguardia degli ecosistemi acquatici e non al controllo delle acque utilizzate per scopo potabile, ma, queste ultime, spesso attingono agli stessi corpi idrici e l’uomo ha un’esposizione indiretta ai contaminanti, attraverso, ad esempio, la catena alimentare.
I pesticidi più rilevati nelle acque superficiali sono: glifosate, Ampa, terbutilazina, terbutilazina-desetil, metolaclor, cloridazon, oxadiazon, Mcpa, lenacil, azossistrobina. Nelle acque sotterranee, con frequenze generalmente più basse, le sostanze presenti in quantità maggiore sono bentazone, terbutilazina e terbutilazina-desetil, atrazina e atrazina-desetil, 2,6-diclorobenzammide, carbendazim, imidacloprid, metolaclor, metalaxil. Come in passato, continua ad essere diffusa anche la contaminazione da erbicidi triazinici come la terbutilazina, ma sono ancora largamente presenti anche sostanze fuori commercio da tempo, come l’atrazina e la simazina.
Quella che stiamo attraversando è una fase ancora transitoria in cui l’entità e la diffusione dell’inquinamento da pesticidi non sono sufficientemente note tenendo conto, ovviamente, che il fenomeno è sempre in evoluzione per l’immissione sul mercato di nuove sostanze.
L’edizione 2013 del Rapporto nazionale pesticidi nelle acque è disponibile sul sito web dell’Ispra.