Il respiro di Dio? Ne parlavano già i testi Veda

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Migliaia di anni fa si sapeva che l’universo una volta si espande, poi si restringe e poi ancora si espande all’infinito, proprio come i nostri polmoni che si espandono e si restringono al ritmo del respiro. Anche la cosiddetta massa oscura, scoperta dalla scienza da pochi decenni e che rappresenta il 90% del peso dell’universo, che nessun strumento è ancora riuscito a «fotografare», i Veda già la conoscevano

Per noi tutti era assodato che l’universo fosse nato circa 14 miliardi di anni fa da un atomo «primevo» dopo un’imponente esplosione. Prima di quest’evento, secondo la teoria del big bang, non esisteva nulla, neppure il tempo. Ora questa teoria è stata rivista e, in parte, ridisegnata. Il Big Bang non fu per il nostro cosmo l’evento primo, unico irripetibile, ma solo uno dei tanti eventi che caratterizzano la vita degli universi, il nostro compreso. Si è cominciato a pensare ad un origine diversa del nostro universo, ma più che all’origine si è postulato il teorema che il nostro è nato da altri universi o che da un universo già preesistente in fase di «restringimento» sia scoccata un «scintilla» capace di farlo nuovamente espandere.
La teoria dell’inflazione, cioè della espansione uniforme dell’universo dopo un inizio «esplosivo» non è stata comunque confutata dalle ultime ricerche, infatti grazie al telescopio orbitante Hubble si è potuto verificare che l’espansione è ancora in pieno svolgimento, al contrario di quanto si pensasse fino a qualche decennio fa.
L’esempio è quello di un palloncino di gomma, se iniziamo a soffiare al suo interno, esso tenderà a gonfiarsi e ad estendersi in maniera uniforme, ma se continuiamo a soffiare esso scoppierà. Per molti scienziati questa è la visione attuale del nostro universo, alcuni però teorizzano che non ci sarà una fine come il nostro palloncino. Secondo questi quando il calore latente iniziale che ha dato vita a questo universo si sarà del tutto esaurito (Big Freeze) esso inizierà a contrarsi (Big Grunch), fino a diventare una specie di infinitamente grande buco nero. Dopo di che la materia concentrata in esso eserciterà un calore di miliardi e miliardi di gradi tale da farla riuscire da un’altra parte dando vita ad un nuovo Big Bang. E così via all’infinito. Questa teoria è stata battezzata: «il respiro di Dio».
Il respiro di Dio? Sono rimasto quasi folgorato da questa breve frase perché ne ho già sentito parlare, ma molti anni fa. Così sono tornato con i ricordi quando avevo soggiornato nel 1985 ad Auroville in India, regione del Tamil Nadu, a sud di Madras.
Noi occidentali eravamo soliti incontrarci il tardo pomeriggio ad Auroville, nella città di Sri Aurobindo e della Mere, ed esattamente nei pressi del Matri Mandir con i maestri induisti. In uno di questi incontri si parlò dell’origine di tutte le cose, universo compreso. Il maestro Nata, citando vecchi testi Veda (Upaniṣad; Mahabharata; Ramayana), tradusse per noi, direttamente dal sanscrito, una parte dove si diceva che tutto è sempre esistito e che l’universo si espande e si restringe in continuazione perché non è altro che il respiro di Brahma. Per il nostro mondo tuttavia c’è stato un inizio: nella Manu Smriti o Leggi di Manu, si afferma che Brahma, già presente nel tempo e nello spazio, crea dall’universo già esistente il nostro mondo attraverso l’uovo cosmico. L’uovo cosmico per alcuni potrebbe essere la nube incandescente da cui nacque il nostro sistema solare e con esso la nostra Terra.
Quindi migliaia di anni fa si sapeva che l’universo una volta si espande, poi si restringe e poi ancora si espande all’infinito, proprio come i nostri polmoni che si espandono e si restringono al ritmo del respiro. Giorni prima, sempre il maestro Nata, da un altro antico testo, ci aveva resi edotti sul fatto che i saggi Veda avevano, migliaia di anni fa, diviso il giorno in 24 ore, le ore in minuti, i minuti in secondi e i secondi in ulteriori frazioni. Queste ed altre meraviglie, scoperte dalla nostra scienza, sono riportate nei sacri testi Veda, antecedenti e di molto alla nascita di Cristo (si parla che i primi testi furono scritti nel 4.500 a.C.).
Anche la cosiddetta massa oscura, scoperta dalla scienza da pochi decenni e che rappresenta il 90% del peso dell’universo, che nessun strumento è ancora riuscito a «fotografare», ma che esiste, i Veda già la conoscevano. Pensate: tutto quello che noi vediamo con gli occhi e con strumenti elettronici sofisticati è solo il 9,9% della realtà. Per l’induismo invece la massa o forza oscura è sempre stata una realtà scontata, conosciuta come Prana, l’energia vitale invisibile che pervade ogni cosa dalle stelle ai corpi umani.
Allora se i nostri saggi avi sapevano già tutto, perché la scienza attuale non «abbassa un po’ le penne» e comincia a studiare questi testi. Sicuramente avrebbe degli spunti interessanti per continuare sulla strada della conoscenza. Ma questo difficilmente avverrà perché conosciamo bene l’alterigia del mondo scientifico che ancora pensa che tutto ciò che proviene dal passato è solo superstizione o legenda… Ma noi che non apparteniamo alla casta scientifica ufficiale sappiamo che quasi tutto, in un lontano passato era conosciuto, e questa conoscenza ci è stata tramandata attraverso monumenti enigmatici, scritti sibillini e miti. E allora perché non cominciamo ad interessarci del nostro lontano passato, attraverso la rivisitazione e reinterpretazione delle nozioni storiche che ci hanno propinato fino ad oggi. Heinrich Schliemann aveva creduto nelle storie e nei miti descritti da Omero e, non curante delle critiche e derisioni dell’allora mondo accademico, scoprì Troia. È un esempio questo per farci riflettere che miti e leggende infondo hanno una base si verità.