Ecomafie – Nel Lazio 7,7 illegalità al giorno

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Calano lievemente i reati legati al ciclo dei rifiuti e del cemento, ma crescono di ben 355 unità le illegalità commesse contro la fauna e continuano a salire gli illeciti legati agli incendi e quelli per l’arte rubata. Nel Lazio sono stati inflitti dalla Suprema Corte di Cassazione ben 131 procedimenti relativi a reati ambientali

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Nel corso del 2012, nel Lazio sono state accertate 2.800 infrazioni, che rappresentano l’8,2% del totale nazionale, ossia 7,7 illegalità al giorno, con un aumento di 463 infrazioni accertate rispetto al 2011 (quando erano 2.463), ossia una infrazione in più al giorno. Aumentano le persone denunciate che passano a 2.045 (rispetto alle 1.982 dello scorso anno), mentre calano seppure di poco le persone arrestate che sono 6 nel 2012 (rispetto ai 10 dello scorso anno). Una flessione si ha poi anche per quanto riguarda i sequestri effettuati che arrivano a 518. Preoccupa il balzo in avanti fatto dalla provincia di Roma per numero assoluto di infrazioni, con 787 illegalità in più rispetto all’anno precedente, così come l’escalation del reatino in tema di reati nel ciclo dei rifiuti. Questa è la fotografia che emerge dal Rapporto Ecomafie 2013 di Legambiente, che vede il Lazio piazzarsi stabile in quinta posizione nel Paese per numero assoluto di illegalità ambientali, appena sotto al podio dopo le Regioni a tradizionale presenza mafiosa nella triste classifica nazionale delle ecomafie, elaborata sulla base dei dati delle Forze dell’Ordine. In Italia sono nel complesso 34.120 i reati, 28.132 le persone denunciate, 161 le ordinanze di custodia cautelare, 8.286 i sequestri, per un giro di affari di 16,7 miliardi di euro gestito da 302 clan e il 45,7% dei reati concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia).

«Preoccupa l’aumento del numero complessivo dei reati ambientali accertati nel corso del 2012, causato dal balzo in avanti che il Lazio ha fatto per le illegalità in campo faunistico, degli incendi e dell’arte rubata – ha dichiarato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio -. È necessario e fondamentale che le istituzioni intervengano per stroncare la zona grigia di commistione fra criminalità e pezzi del tessuto economico, per lanciare un green new deal nella Regione. In questo senso, auspichiamo che il nuovo governo della Regione intervenga anche con leggi che siano in grado di fare chiarezza su molti temi ed inaugurare una nuova gestione del territorio, a partire dal piano rifiuti, dalla legge urbanistica e dalla riforma della normativa sui parchi. Bisogna però anche agire di più sul piano della prevenzione, sull’educazione alla legalità. In questo senso è fondamentale che la stessa Regione Lazio rilanci le attività dell’Osservatorio Ambiente e Legalità che proprio Legambiente Lazio gestisce da anni, per dare anche la possibilità ai cittadini di segnalare direttamente tutto ciò che sembra fuori dalle norme, e che riunisca finalmente la Consulta regionale Ambiente e Legalità con Forze dell’Ordine, Procure e parti sociali. Contemporaneamente l’escalation di infrazioni su Roma desta un serio allarme, sul quale la nuova Giunta comunale deve accendere un faro».

Nel ciclo dei rifiuti nel 2012 il Lazio scende all’ottavo posto della classifica nazionale per questi reati. Il numero delle infrazioni passa dalle 326 registrate lo scorso anno a 277, il 5,5% del totale nazionale. Aumentano i sequestri effettuati passando dai 163 del 2011 ai 175 di quest’anno e si registrano 4 arresti, a differenza del 2011 in cui non ve ne erano stati. Diminuisce poi, il numero delle persone denunciate che passano dalle 354 dello scorso anno alle 224 del 2011.

La Relazione finale della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti (XVI legislatura), approvata il 2 marzo 2011, a proposito delle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’intera filiera della gestione dei rifiuti scrive: «Il Lazio si presenta come una regione particolarmente interessata a questo tipo di illegalità, sia per la presenza di ampie porzioni di territorio morfologicamente adatte alla discarica e all’occultamento illecito dei rifiuti e sia per la vicinanza con quelle aree della provincia di Caserta ad alto rischio ambientale, dove in passato e ancora oggi nell’attualità sono state individuate presenze criminali nel settore.

Va comunque rilevato che sul territorio della regione molte discariche sono ormai in via di esaurimento, vi sono impianti obsoleti che richiedono forti investimenti per tornare a essere produttivi e che in molti comuni, compreso quello di Roma, la situazione si avvicina pericolosamente all’emergenza». Una situazione esplosiva, quindi, a cui hanno certamente contribuito le pessime scelte, o meglio, le non scelte, sul fronte dell’adozione di un sistema moderno ed efficiente nel campo dei rifiuti, improntato principalmente alla riduzione, al riutilizzo e al riciclo, come ci chiede d’altronde l’Unione europea.

Nel ciclo del cemento, il Lazio rimane stabile ad un preoccupante 5° posto subito dopo le tradizionali regioni ad insediamento mafioso, con 519 infrazioni accertate ovvero 1,4 illecito al giorno, 1 arresto, 165 sequestri, 571 persone denunciate. Con questi numeri la regione incide sul totale nazionale dei reati edificatori con l’8,2%.

«Il Lazio, e in particolar modo Roma, già da tempo sono stati scelti dalle organizzazioni criminali mafiose per costituirvi articolazioni logistiche per il riciclaggio di capitali illecitamente accumulati e per l’investimento in attività imprenditoriali». È da qui che si deve partire, secondo la Relazione 2012 della Procura nazionale antimafia, se si vuole comprendere il ruolo delle organizzazioni criminali nel ciclo del cemento. «L’azione di contrasto che è stata svolta anche nell’ultimo anno – ricorda il consigliere Diana De Martino, che ha curato la sintesi relativa al Lazio – è risultata efficace e importante, ma nello stesso tempo ha evidenziato quanto il fenomeno sia radicato». Altro che semplici «infiltrazioni»: «Tutte le tradizionali organizzazioni mafiose (ma soprattutto ‘ndrangheta e camorra) sono presenti sul territorio, con il chiaro intento di riciclare i proventi criminali e di reimpiegarli in attività imprenditoriali, confondendo così il flusso di denaro che proviene da delitto con i guadagni, apparentemente leciti, derivanti dalle attività imprenditoriali». La strategia dei clan ha un obiettivo preciso: «A tale scopo esse tendono mantenere una situazione di apparente tranquillità in modo da poter agevolmente realizzare la progressiva infiltrazione nel tessuto economico e imprenditoriale della regione». Partendo, ovviamente, dalle filiere più redditizie: «I settori d’interesse sono soprattutto l’edilizia, le società finanziarie e, nell’ambito del commercio, la ristorazione, l’abbigliamento, le concessionarie di auto». La presenza delle mafie «è dimostrata dall’arresto, sul territorio laziale, di alcuni importanti latitanti, circostanza che presuppone la necessaria presenza di un “dispositivo criminale” idoneo ad assicurare, per un tempo più o meno lungo, la clandestinità degli stessi – spiega sempre la De Martino -. Ma sono soprattutto i provvedimenti di sequestro patrimoniale o di confisca, eseguiti sul territorio laziale e che hanno colpito patrimoni riconducibili a esponenti di clan mafiosi, a dare la misura dell’infiltrazione criminale nel tessuto economico finanziario».

«Attività illecite e criminalità ormai si sono radicate nel tessuto economico della regione – ha dichiarato Valentina Romoli, vicepresidente regionale e responsabile ambiente e legalità di Legambiente Lazio – reati ambientali e reati contro la pubblica amministrazione si saldano in un connubio pericoloso che va stroncato intervenendo con decisione, supportando il lavoro incessante delle forze dell’ordine e della magistratura sul territorio, come anche dimostrano i numeri dei procedimenti in materia di reati ambientali definiti dalla Corte di Cassazione. Bisogna favorire l’introduzione di delitti ambientali nel codice penale e rafforzare il ruolo fondamentale svolto dalle confische, quale misura di sicurezza patrimoniale sempre più centrale nel nostro ordinamento penale. In questo senso, crediamo che l’Abecol debba e possa giocare un ruolo centrale per la gestione, l’assegnazione e la destinazione dei beni confiscati».