La Fusione fredda senza… «censure»

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Il lavoro interessante di Alessandro Bozzi, «Indagine giornalistica sulle anomalie termiche e nucleari nella materia condensata» che è prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza, realizzato all’Università di Ferrara. Tutta la ricerca svolta fino ad oggi e il pdf del lavoro scaricabile

Sono 24 anni che la Fusione fredda divide il mondo scientifico. Esattamente dal 23 marzo 1989 quando gli elettrochimici Martin Fleishmann e Stanley Pons dichiararono in una conferenza stampa all’Università dello Utah di essere riusciti a ottenere una Fusione fredda a temperatura ambiente in una semplice cella elettrolitica, in acqua pesante e con catodo di palladio.
Da allora i ricercatori si sono divisi, per una serie di ragioni scientifiche, in negazionisti e possibilisti. Una divisione che a noi è sempre sembrata stridente in sé poiché riteniamo che la ricerca debba essere ricerca e basta.
Poi, essendo uomini anche i ricercatori, gli interessi e la politica hanno contribuito ad alterare le cose ottenendo quel risultato collaudato che da sempre serve gli ambienti torbidi che sono ovunque: la disinformazione. E purtroppo i cittadini, che pur dovrebbero essere ora vaccinati, ci cascano sempre e forniscono tifoserie, più o meno qualificate.

Ora, per fare chiarezza e portare un po’ di ordine nell’affastellamento degli eventi, c’è un lavoro interessante di Alessandro Bozzi, «Indagine giornalistica sulle anomalie termiche e nucleari nella materia condensata» che è prodotto nell’ambito del Master in Giornalismo e Comunicazione istituzionale della Scienza, realizzato all’Università di Ferrara (relatore Pietro Greco).

Un lavoro ricco di riferimenti, puntuale nella «cronaca» scientifica in cui è possibile ritrovare, le università che svolgono ricerche, i risultati, gli studi, le controversie scientifiche, gli incontri internazionali svolti fino alla ricerca che si svolge in Italia.

Bozzi è corretto nel riportare la situazione ed osserva che «Attualmente siamo davanti ad una situazione abbastanza paradossale, con le ricerche sulle reazioni nucleari a bassa energia che vanno avanti decisamente in ambito privato senza però aver ancora ottenuto quel riconoscimento tanto agognato da parte della comunità scientifica, nonostante vari enti di ricerca pubblici e privati nel mondo ne abbiano portato avanti lo studio per oltre 23 anni».

E di fronte alle prese di posizione degli scettici, Bozzi cita la Hack, che a noi non era sfuggita quando in una sua lezione agli studenti di Giulianova aveva indicato le linee di ricerca del futuro nella, «Materia oscura e fusione fredda le opportunità future». 
«Per fortuna – scrive la Hack citata da Bozzi – c’è sempre qualcosa che ci sfugge, perché è proprio quell’anomalia a spingerci a mettere in discussione quel che sappiamo, a rivedere i dati raccolti, ad affinare i nostri metodi di indagine e ad adattare la rigidità delle nostre conclusioni ai ritmi di un universo che tutto è meno che banale e prevedibile».

Negli interventi e nelle email che spesso arrivano a commento dei nostri articoli, l’interlocutore dimostra quasi un senso di insofferenza di fronte all’insistenza di alcuni ricercatori verso questo filone della Fusione fredda, e Bozzi, a conclusione del suo lavoro, osserva: «A volte qualcuno si meraviglia che alcuni ricercatori abbiano proseguito le ricerche in questo controverso settore per oltre venti anni. Questo fatto invece ci sembra una ulteriore conferma che probabilmente qualcosa di finora sconosciuto e potenzialmente molto importante è stato scoperto».

Ci sarebbe piaciuta qualche osservazione sulla comunicazione che viene fatta dai media non accreditati dal mondo scientifico e che poi, in fin dei conti, sono coloro che contribuiscono alla vera diffusione delle conoscenze.
Anche qui la divisione è la medesima, quelli più «gettonati» e quelli che nel silenzio e sopraffatti dall’ingombrante presenza dei primi, cercano di fare comunicazione corretta.
La battaglia sul trionfo della liberazione autentica dai legacci che imbrigliano l’uomo (anche quello che fa ricerca), si vince a tutti i livelli e, forse, soprattutto a quelli più «bassi». Sono questi quelli che creano consenso e che ora, per fortuna, stanno prendendo il sopravvento in vari paesi, come insegnano le «agitazioni» dei paesi dell’Africa del Nord o del Brasile o di Wikileaks.
Perché i cittadini sanno bene cosa c’è dietro la Fusione fredda o altri sistemi di propulsione «fantasiosi» e messi nel frigorifero da multinazionali e governi.
Il «giocattolo» della comunicazione paludata è al capolinea ed è bene che la comunicazione scientifica faccia un altro passo avanti, saldando la ricerca con le ricadute per i cittadini.