Finalmente le mani sui parchi…

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parco Abruzzo ingresso
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Per effetto del Ddl risulterebbero «premiati», in termini di finanziamenti, non più i Parchi che sanno bene conservare la biodiversità e il paesaggio (vere ricchezze delle aree protette), bensì quelli che autorizzeranno nel proprio territorio il maggior numero di impianti «aventi un impatto ambientale». Nessuno più difende in Italia la natura, il paesaggio, l’archeologia tutto finisce in un calderone indistinto di ipocrisia, interessi e demagogia

In 4 motivi il no delle Associazioni

Finalmente le mani sui Parchi. La lunga corsa di logoramento è giunta ad un punto di svolta. Infatti, si è votata, ed è passata, oggi al Senato, l’urgenza per un Ddl di cui non se ne aveva assolutamente bisogno dato che i partiti sostenitori del Ddl hanno dichiarato la bontà e l’efficienza della legge Quadro e hanno assicurato l’appoggio di Associazioni ambientaliste e di settore, cosa non vera a giudicare dal tono dei comunicati che proponiamo nel seguito di questo articolo.
Al momento, l’unico risultato, sembra lo sveltimento delle procedure per eliminare i filtri che erano stati imposti per proteggere la biodiversità e il territorio in zone del Paese emergenti dal punto di vista naturale e per questo meritevoli di essere salvaguardate.
Per effetto del voto verranno rivisti gli equilibri fra le rappresentanze negli Enti di gestione, si aprirebbe alla caccia mediante la distinzione fra attività venatoria e controllo della fauna selvatica, si evita di fare un’analisi sulla gestione dei parchi, sulle procedure di nomina dei Presidenti e dei Direttori e si introducono norme di finanziamento mediante royalty che rischiano di condizionare la gestione delle risorse naturali. A seguire quanto avevamo pubblicato questa mattina.

 

Anni a studiare e spiegare perché è importante quella piantina o quel bruco, anni e anni e anche convegni a dimostrare le relazioni fra quell’insetto e le piante e quindi l’uomo, anni e anni a battersi per salvaguardare quel tratto di territorio e a proteggerlo.
Mentre nel resto del mondo gli studi continuano, le scoperte anche e le forme di tutela restano e si rafforzano, in Italia no. Da anni è iniziata una lenta erosione delle aree protette, da anni tutto il territorio del Bel Paese, dalla natura al paesaggio, dalle aree archeologiche alle ricerche sul campo, sono in lenta ma inarrestabile decadenza.
E così oggi si vota la dichiarazione d’urgenza del disegno di legge S.119 (D’Alì), ovvero il testo di modifica della Legge quadro sulle aree protette, n. 394/91, approvato in Commissione Ambiente in sede deliberante il 21 dicembre 2012 (il giorno precedente lo scioglimento anticipato del Parlamento). Si tratta del testo presentato dallo stesso senatore D’Alì, ovvero il noto «1820», sul quale in molti avevano manifestato forte contrarietà, anche con un acceso dibattito fra le associazioni ambientaliste più rappresentative.
Ma urgente per chi?
Come se in Italia non ci fossero vere urgenze… e d’altra parte una ragione ci deve essere se, come risulta nel rapporto di Ubs e Wealth-X sulla ricchezza nel mondo, mentre la povertà aumenta a spese dei cittadini e del territorio, gli italiani che hanno una ricchezza superiore a 30 milioni di dollari (23 milioni di euro), nell’ultimo anno è cresciuto del 7%, superando quota 2mila e arrivando a 2.075, questi nostri connazionali controllano 235 miliardi di dollari (178 miliardi di euro), con una media di 86 milioni di euro a testa.

Allora perché questo Ddl è urgente, si chiede l’Associazione394?

L’Associazione riporta uno stralcio significativo del Ddl in discussione, che introduce le cosiddette royaltyes: «I titolari di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, di potenza nominale superiore a 1 MW e aventi un impatto ambientale, presenti nel territorio dell’area protetta sono tenuti a versare annualmente all’ente di gestione dell’area protetta, in unica soluzione e a titolo di contributo alle spese per il recupero ambientale e della naturalità, una somma il cui ammontare è definito da apposita convenzione stipulata con l’ente di gestione. Il presente comma si applica agli impianti che entrano in esercizio successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione». E successivamente l’Associazione commenta: «Impianti di grandi dimensioni e impattanti che oggi sarebbero logicamente vietati. Un evidente conflitto, considerato che il Parco è anche deputato al rilascio dei nulla osta. Risulterebbero così addirittura “premiati”, in termini di finanziamenti, non più i Parchi che sanno bene conservare la biodiversità e il paesaggio (vere ricchezze delle aree protette), bensì quelli che autorizzeranno nel proprio territorio il maggior numero di impianti “aventi un impatto ambientale”».

Si parla tanto di priorità della politica rispetto all’economia ma deve essere tutto un bluff vista l’incapacità di aprire un serio confronto su questioni vitali per l’Italia. Basti pensare alle pressioni dei petrolieri e alla pronta disponibilità per trivellare le coste italiane…
E per quanto riguarda i parchi oltre alle promesse del ministro dell’Ambiente Andrea Orlando, oltre alle posizioni contrarie per la procedura d’urgenza di molte associazioni ambientaliste e degli operatori del settore siamo arrivati alla procedura d’urgenza.
Questa classe politica è assolutamente indifferente ed insensibile anche di fronte al principio di precauzione.
Speriamo di essere smentiti dal voto…

…Ma purtroppo così non è stato.