Difesa del suolo, impegnato solo il 12% delle risorse…

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foto di Antonello Fiore
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…Dopo tre anni dallo stanziamento per «misure urgenti». «Sono indignato per questa lentezza che se pur attribuibile al complesso sistema degli appalti nel nostro Paese, e cioè alle insopportabili lungaggini burocratiche, non può esimerci dall’osservare che questi interventi salvano la vita e non si può dunque traccheggiare». Circa 200 comuni in Puglia sono ad alto rischio idrogeologico. In attesa di un altro commissario, in dirittura di nomina Paolo Campo, già Sindaco di Manfredonia

Il Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, all’epoca rispettivamente Silvio Berlusconi e Stefania Prestigiacomo, con Decreto del 10 dicembre 2010 nominano, il chimico messinese Maurizio Croce commissario straordinario delegato per il sollecito espletamento delle procedure relative alla realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per il territorio della Regione Puglia. L’incarico di Croce è scaduto poiché il decreto stabilisce in tre anni la durata dell’incarico; a giorni si attende la nomina da parte del ministro dell’Ambiente, il più quotato è Paolo Campo, già Sindaco di Manfredonia.
Dal recente rapporto, redatto dal ministero per la Coesione Territoriale, Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica (nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici «Programma controlli sugli interventi finanziati dalla delibera Cipe 8/2012 – Frane e versanti», risulta che degli 84 interventi di difesa del suolo previsti in Puglia dalla delibera Cipe 8/2012, le cui risorse disponibili sommano un costo complessivo di euro 194.690.000, sono stati appaltati i lavori, a pochi mesi dalla scadenza assegnata, per solo del 12% delle somme disponibili.
Spesso si sente da amministratori e politici che le somme per la mitigazione del rischio idrogeologico non sono sufficienti e pure sembra che quando ci sono non si riesce a spenderle nei tempi stabiliti. Abbiamo sentito il parere del consigliere regionale della Puglia Fabiano Amati già assessore ai lavori pubblici della seconda giunta Vendola e che ha rivestito fino a pochi mesi fa il ruolo importante di Presidente dell’Autorità di Bacino della Puglia.

Nel novembre 2010, in qualità di assessore alle Opere Pubbliche della Regione Puglia, ha firmato l’accordo di programma «finalizzato alla programmazione e al finanziamento d’interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio idrogeologico». Si aspettava che a distanza di tre anni la Puglia avrebbe appaltato solo il 12% delle somme a essa assegnate?
«Nel novembre del 2010 la regione Puglia ha sottoscritto un accordo di programma storico con il ministero dell’Ambiente per il finanziamento di un piano straordinario da 210 milioni di euro diretto a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico e idraulico ed eseguire opere di risanamento ambientale.
«Le azioni previste dall’accordo riguardano principalmente le zone della Puglia interessate da dissesto idrogeologico o da esondazioni ed hanno l’obiettivo di mettere in sicurezza il territorio, attivando politiche di difesa del suolo mediante la prevenzione e la mitigazione del rischio.
«Gli interventi prevedevano circa 90 lavori in oltre 60 comuni pugliesi. Naturalmente l’accordo nacque dalla urgentissima necessità di far fronte a una di quelle problematiche da ergere a priorità delle priorità, che riguardava e riguarda la sicurezza e la stessa vita dei cittadini. La Puglia presenta, per sua stessa natura, molte zone a rischio idrogeologico e idraulico ed è proprio per questo che la guardia deve sempre restare alta e la questione non può e non deve mai essere in alcun modo accantonata o trascurata.
«In verità la percentuale di opere appaltate credo, e spero, sia più alta del 12% e comunque mi risulta che le gare siano in evoluzione. È chiaro che i vincoli dettati dal Patto di stabilità interna abbiamo dettato le tempistiche di appalto dei lavori, creando alcuni “ritardi” rispetto alle tempistiche che tutti noi desidereremmo.
«Ovviamente, sono indignato per questa lentezza che se pur attribuibile al complesso sistema degli appalti nel nostro Paese, e cioè alle insopportabili lungaggini burocratiche, non può esimerci dall’osservare che questi interventi salvano la vita e non si può dunque traccheggiare. Non mi sento comunque a mio agio nella parte della denuncia e protesta, perché avrei desiderato avere una funzione amministrativa più direttamente impegnata nella questione; purtroppo da qualche mese non ho più la responsabilità su quest’argomento, per cui mi sento impotente e ciò non mi fa stare tranquillo».

In base alla sua esperienza, come Assessore ai LLPP con delega alla Protezione Civile e Presidente dell’Autorità di Bacino della Puglia, la Regione Puglia è riuscita a costruire politiche in grado di supportare gli enti locali nel contenere i rischi legati al dissesto idrogeologi?
«I comuni pugliesi ad alto rischio idrogeologico sono circa 200, gli interventi necessari a mitigare il rischio idrogeologico sono tantissimi e la loro eventuale esecuzione comporterebbe lo stanziamento di milioni e milioni di euro. Naturalmente le Regioni, e anche la Puglia, non dispongono delle enormi quantità di risorse necessarie; il Governo nazionale e la Comunità europea dovrebbero contribuire quanto prima e senza perdere ulteriore tempo ad affiancare le regioni all’esecuzione di opere di messa in sicurezza dei territori, destinando maggiori risorse a un ambito che riguarda la tutela della vita dei cittadini. L’accordo sottoscritto con il ministero dell’Ambiente rappresenta certamente un ottimo segnale di attenzione nei confronti del problema ma non basta a garantire a tutto il territorio una condizione di completa sicurezza dei luoghi dal rischio idraulico e idrogeologico.
«È stato fatto molto in Puglia, ma questo molto non è nemmeno parente stretto del necessario».

Come si può contrastare il precariato tra il personale tecnico altamente qualificato dopo averlo faticosamente formato?
«Con provvedimenti legislativi nazionali che sappiano valorizzare le esperienze accumulate dai precari attualmente in servizio, evitando in futuro il ricorso ai contratti a tempo determinato. La regola vorrebbe che nella Pubblica Amministrazione si entra per concorso e a tempo indeterminato».

Gli eventi dello scorso autunno a Ginosa (TA) hanno dimostrato che la Puglia è una regione soggetta a rischi naturali con conseguenze anche molto gravi. Come riuscirà la Puglia, con i cambiamenti climatici in atto e il consumo di suolo denunciato da decenni ma mai arrestato, a prevenire e mitigare gli effetti del dissesto idrogeologico?
«Io penso solo che fatti come quelli accaduti a Ginosa si possano prevenire solo ed esclusivamente finanziando le opere di mitigazione del rischio idrogeologico, così come specificamente e scientificamente individuate dal Piano di Assetto Idrogeologico, unico e fondamentale strumento di pianificazione urbanistica con le relative aree di pericolosità entro cui già ora non si può aggiungere nemmeno una pietra. Oltre ad eseguire le opere, fare appello al senso di responsabilità delle collettività e del rispetto del territorio, l’unico strumento di prevenzione del rischio nelle nostre mani è proprio il Piano di Assetto Idrogeologico, redatto dall’Autorità di Bacino con l’obiettivo specifico d’individuazione delle aree a rischio di frana e di alluvione e di previsione di azioni finalizzate alla prevenzione e mitigazione del rischio sul territorio; si tratta di una realtà di cui la Puglia dispone per impedire un uso dissennato del territorio, valutandone il rischio idrogeologico.
«Fare poi una graduatoria delle necessità al cospetto della scarsità delle risorse finanziarie, riducendo spese meno importanti in favore del dissesto, sarebbe politica giudiziosa: di questi tempi pare mancare proprio la ponderazione giudiziosa».

Quando la Puglia sarà pronta a non parlare più di emergenze ambientali e gestire il proprio territorio? Quando sarà pronta a non affidare la gestione del suo territorio e delle risorse a essa assegnate a strutture commissariali che nella maggior parte dei casi hanno dimostrato tutti i loro limiti nell’attuazione dei compiti e tempistiche attuative a esse assegnate?
«Prima lo faremo meglio sarà. Bisogna “scassare” un po’ tutto nel nostro modo di vedere le cose, per raggiungere gli obiettivi che ci prefissiamo. Allo stato diventa impossibile perseguire tale obiettivo a causa di molteplici resistenze alla riforma e al rinnovamento».

La tutela del territorio oggi vede una frammentazione di competenze fra Stato, Regioni ed Enti Locali. Anche nell’ambito della stessa Regione la tutela del territorio non sempre trova armonizzazione tra i vari assessorati. Come si potrebbe superare questa complessità che in alcuni casi rende più difficile definire politiche unitarie di difesa del territorio?
«Nella materia della difesa del suolo anche i confini amministrativi regionali sono poca cosa. Bisognerebbe avere il coraggio di ampliare la gestione unitaria della questione almeno a livello di Distretto Idrografico Meridionale».