Quella giraffa uccisa e data in pasto ai leoni

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L’Unione europea ancora una volta compare come protagonista al negativo nella vicenda: l’animale stante alle norme comunitarie non poteva essere trasferito in altra struttura, né tanto meno castrato. È gara di proteste on line. Una materia che va regolarizzata al più presto

Ricordo che da piccolino con i miei fratelli e i miei genitori andammo a vedere gli animali allo zoo di Fasano, in provincia di Bari. All’epoca non conoscevo cosa significasse la locuzione animale in cattività. Ma una cosa la ricordo bene, non mi divertii per niente. Indubbiamente è stata un’esperienza formativa, che in qualche modo lego anche alla vicenda dei circhi che prevedono spettacoli con animali ammaestrati, ma quella esperienza posso dire che è stata l’occasione per iniziare una lunga riflessione sulla vita dietro le sbarre degli animali cosiddetti esotici. Tutto ovviamente al solo scopo di produrre utili. La vita sofferente in gabbia di grandi carnivori o erbivori per divertire ignari bambini.
Non credo affatto alla barzelletta della tutela delle specie. Le bestie rinchiuse soffrono. E questo dovrebbe bastare per cambiare questo sistema di sfruttamento della vita a scopo di lucro. Questa storia mi è tornata alla mente quando su RaiNesws24 ho ascoltato con apprensione la fine ingloriosa che è capitata alla giraffa Marius nello zoo di Copenhagen. La vita di questo giovane esemplare di giraffa si è interrotta bruscamente, con un colpo di pistola perché era il frutto di un accoppiamento tra consanguinei. Questa cosa avrebbe, secondo il direttore dello zoo, potuto creare problemi alla perpetuazione della specie. Ai responsabili di questa azione scellerata non è bastato uccidere la giraffa sotto gli occhi di decine di bambini visibilmente scossi dello spettacolo, costoro hanno fatto a pezzi il corpo senza vita dell’esemplare e l’hanno dato in pasto ai leoni presenti anch’essi nella struttura della capitale danese. Questa è la storia.
L’Unione europea ancora una volta compare come protagonista al negativo nella vicenda: l’animale stante alle norme comunitarie non poteva essere trasferito in altra struttura, né tanto meno castrato.

Ovviamente in rete, com’era prevedibile, sono state create petizioni: segnalo a proposito quella promossa da Rosella Sguerrini che vuol gridare al mondo «basta agli abusi sugli animali e sul potere dell’uomo di decidere sulla vita di poveri animali in cattività. Firmiamo perché sia fatta». Le email sono indirizzate al primo ministro danese Helle Thorning-Schmidt e al direttore dello zoo di Copenhagen Bengt Holst.
È importante precisare che la giovane giraffa non è stata soppressa con un’iniezione letale, perché in tal caso la sua carne sarebbe stata contaminata. La sua vita è finita non per la legge della natura, ma per quella dell’uomo. La sua colpa? Come detto, la sua colpa è stata quella di essere stata frutto di un rapporto endogamico (tra esemplari parenti). Questo principio è vietato dalle regole degli zoo europei: anche per questo sono state inutili le proposte fatte da altre strutture del Vecchio Continente che si erano offerte di adottarlo.

«A nessuno – si legge nel testo della petizione sulla piattaforma Firmiamo.it – è importato che l’animale godesse di ottima salute. Neanche per meritarsi la castrazione, altra opzione prevista per impedirgli di riprodursi. A nulla soprattutto sono valse le migliaia di firme raccolte in un petizione online con la quale si chiedeva di non uccidere il cucciolo. Bengt Holst, direttore scientifico dello zoo, ha spiegato che i geni di Marius sono già ben rappresentati tra le giraffe dello zoo».

«Eliminarlo è necessario – ha detto alla Bbc – per evitare la consanguineità nel gruppo e mantenere bene la popolazione delle giraffe. Se tutte le specie si riproducono bene, poi si deve accettare che ci sia un surplus di animali che non possono essere inclusi nella catena genetica senza causare problemi di consanguineità».

Per chi ha promosso la petizione quelle del direttore dello zoo sono «scuse per racimolare carne da dare ai felini affamati: bastava castrare il cucciolo e consentirgli di vivere la sua vita, anche se in cattività. Cosa ancora più grave è stato lo spettacolo dell’uccisione esposto anche ai bambini: davvero disgustoso! Diciamo basta agli abusi sugli animali e sul potere dell’uomo di decidere sulla vita di poveri animali in cattività».

Emblematica la dichiarazione del direttore dello zoo di Copenhagen. Parlare di surplus è quanto di più squallido si possa fare. Abbattere un esemplare in salute per una ragione discutibile e giustificare l’azione con l’eccesso numerico della specie nella struttura. Se questo è un uomo, parafrasando Primo Levi, dovrebbe ricordare che la vita umana o animale che sia non può essere ridotta a codificazioni giuridico o peggio ancora a definizioni economicistiche. La vita va rispettata sempre. Del resto la «formativa» lezione data ai bambini che hanno assistito al macabro spettacolo la dice lunga sulla necessità di rieducare gli adulti al rispetto del prossimo prima che siano loro a «educare» le nuove generazioni.