La carta per gli usi e la quantità a nostra disposizione, è oggi oggetto di fondate preoccupazioni: da supporto per raccogliere dati e comunicare informazioni di vario tipo e finalità, si è trasformata in un importante rifiuto, complesso anche da gestire (solo in Europa se ne riciclano 2 tonnellate al secondo). Materiali compositi, contaminazioni chimiche e biologiche, modalità di raccolta, tipologie finali della carta riciclata, fattori che pesano sul rapporto Costo/Benefici (logistica, produzione, limiti del numero dei riciclaggi possibili per la carta già riciclata, richieste del mercato e utili che se ne possono ricavare) non permettono di immaginarla come una risorsa rinnovabile di un ciclo di semplice suo uso e riuso.
In un tempo, ormai lontano, i supporti per la scrittura non si buttavano e, in alcuni casi, quando il loro contenuto appariva privo d’interesse, si cercava di riutilizzarli intervenendo anche meccanicamente per la rimozione di precedenti scritture. La carta era un bene pregiato sia come materiale (non di facile consumo), sia per i significati che accompagnavano i segni su di essa tracciati. Stampare un libro non era semplice come oggi. I libri che venivano stampati erano frutto di estreme selezioni e, ancora oggi, molti di essi sono fonti, di insostituibili informazioni e di riferimenti unici, per la conoscenza della complessa storia umana.
Certo, oggi abbiamo i supporti tecnologici dell’informatica che mettono a nostra disposizione intere biblioteche riversate nel trascurabile spazio occupato dagli Hard Disk che li mettono in rete. Abbiamo procedure di ricerca e consultazione elettroniche imparagonabili con quelle cartacee. L’uso della carta, però, non pare sia diminuito. Le agenzie d’informazioni riportano dati, per certi versi, anche preoccupanti di aumento del suo consumo (fra il 1991 e il 2000, anni di notevole diffusione delle tecnologie informatiche, il consumo di carta in Europa è aumentato addirittura del 41%). Con l’informazione on line si prevedeva, anche, la scomparsa di riviste e quotidiani cartacei, ma ultime indagini hanno rilevato una tendenza al recupero dei consumi di carta per queste forme tradizionali d’informazione.
La carta è divorata dalla pubblicità (che la fa vivere solo nel brevissimo tempo di un’informazione commerciale, di un invito a consumi di beni e servizi anche non necessari, che possono essere promossi, cioè, solo con seduzioni pubblicitarie), ma è anche ben impiegata per rendere disponibili raccolte di segni e di argomenti che vorremmo fossero attivamente partecipi di una storia di progresso umano e che non vorremmo fossero, invece, destinati a scomparire nei rifiuti: sono carte che contengono ben fondate riflessioni, appuntamenti vitali per creare sinergie, indirizzi per nuove relazioni creative, risposte ai bisogni materiali e immateriali per tutti (e non consumi solo per alcuni), richieste e offerte di collaborazione e di aiuto, buoni pensieri da condividere nella loro diversità, segni creativi istintivi e informali (tracciati anche distrattamente ma che possono esprimere gioie, delusioni, attese), disegni personali e meditati (che liberano la nostra mente da architetture concettuali preordinate, ideologiche, materiali e immateriali), progetti di progresso che possono dare futuro alla qualità del nostro esistere. Tutte cose che sono patrimoni unici di umanità che arricchiscono di buone conoscenze il nostro esistere, che danno senso a storie vissute e alle nostre attese, che orientano e danno speranze ai nostri progetti ancora da realizzare, che valorizzano le nostre capacità con risultati concreti, frutto del nostro impegno.
Dal piccolo foglietto di un appunto, ai grandi volumi di un’enciclopedia (che riporta un’intera raccolta di conoscenze umane) tutto, ancora oggi, può apparire, però, come un mondo preordinato e di parte (estraneo alle nostre vere esperienze di vita) che sembra sempre più offrire la drammatica prospettiva di una società destinata a disgregarsi con l’esaurimento delle risorse e, forse, anche a finire nel nulla che rimarrà a nostra disposizione.
Anche la tecnologia offre un suo emblematico contributo nella direzione di una preoccupante perdita del senso del nostro vivere (non più alimentato dalle nostre memorie, dalle nostre riflessioni e dalle opportunità creative di costruzione del progresso e di scambio di patrimoni documentati delle nostre esperienze di vita): ormai si stampa tutto in offset, l’inchiostro non viene più impresso da caratteri di piombo e assorbito dalla carta, ma è fatto solo aderire sulla sua superficie. La pellicola plastica, che viene, così, instabilmente incollata sul foglio, nel tempo perderà la sua aderenza e ritrasformerà le pagine stampate in pagine bianche (qualcuno, in riferimento a questa prospettiva, afferma sarcasticamente che, se si prende atto dell’attuale scarsa qualità dei contenuti di molti testi, non sarà una grave perdita per l’umanità, anzi sarà la nemesi di un’epoca nella quale l’uomo si è troppo impegnato nel «fare le cose» che si trovava a poter fare (approfittando solo di estemporanee, incontrollate e devianti opportunità di fare profitti) e si è mostrato, invece, irresponsabilmente incapace o negligente nel cercare e realizzare cose che avessero «senso» e, come tali, da destinare ad una larga diffusione, attraverso una documentazione cartacea, per alimentare fertili confronti.