Riappropriarsi del benessere

681
Tempo di lettura: 3 minuti

«Oggi viviamo in un sistema quantitativo il nostro benessere è collegato all’idea della crescita del consumo, del “tanto più ho, più sto bene” o ad una migliore qualità della vita con sempre più servizi, ma questo concetto non ha nulla a che fare con “la vita di qualità”»

«Dobbiamo riappropriarci del benessere per un bene-essere». Don Giulio Meiattini, monaco del monastero benedettino di S. Maria della Scala di Noci, focalizza con un piccolo gioco di parole i termini di riferimento attorno ai quali ruota la società dell’oggi, così apparentemente attenta al proprio benessere da non rendersi conto che non raggiunge il suo «star bene». «Oggi viviamo in un sistema quantitativo – sottolinea don Giulio – il nostro benessere è collegato all’idea della crescita del consumo, del “tanto più ho, più sto bene” o ad una migliore qualità della vita con sempre più servizi, ma questo concetto non ha nulla a che fare con “la vita di qualità”».
Poco prima dell’intervento di don Giulio, Daniel Dahm, geografo ed ecologista tedesco aveva dimostrato, tra dati e tabelle, come la felicità di una società non sia in alcun modo correlata alla crescita del suo Pil. Per quanto si pensi che l’incremento economico sia la panacea di tutti i mali non è vero e le nostre società occidentali, ricche ed opulente, hanno indici di felicità inferiori rispetto, ad esempio, molti Paesi latino-americani o ancora in via di sviluppo.
Queste ed altre riflessioni hanno fatto da cornice qualche giorno fa ai «Colloqui di Martina Franca», tre giorni di lavori e dibattiti organizzati dal consorzio Costellazione Apulia di Bari dal tema per questa edizione 2014 «Quale economia per quale benessere» e che ha visto il confronto di imprenditori, ricercatori, docenti universitari, rappresentanti della società civile, attorno ai temi della sostenibilità e della decrescita, come unica via per salvare le risorse del pianeta ed essere felici. La felicità e il benessere sono temi trattati recentemente dal nostro Trimestrale.
«Oggi cerchiamo il nostro benessere nel piacere – ha spiegato don Giulio – mentre nel passato una vita di qualità, una esistenza felice era valutata nella tensione a raggiungere alti obiettivi. In realtà il piacere è un rincorrere desideri creati ad arte come prodotti di un sistema economico ossessivo. Siamo passati dalla ricerca del Bene a quello dei beni».
«In questo modo stiamo distruggendo il futuro del nostro pianeta (e di noi stessi, N.d.R.) consumando tutte le risorse – fa eco Dahm -. L’economia è un sistema costruito dagli esseri umani, non altrettanto la biosfera o la biodiversità, seriamente compromesse dall’attività umana».
E senza comprendere il baratro viviamo già in debito, non per la crisi economica attuale, ma perché già dal 20 agosto dello scorso anno abbiamo superato la capacità del nostro pianeta di rigenerare le sue risorse (overshoot).
«Basta parlare di crescita – ha spiegato Imri Seidl, docente di Economia ecologica presso l’Università di Zurigo – dobbiamo imparare a ragionare in termini di sviluppo. Un nuovo sviluppo per un nuovo benessere, usare meno le risorse del nostro pianeta, condividerle, per migliorare la vita di tutti quanti o rischiamo il collasso del sistema».
Un collasso di risorse e consumi che sta già avvenendo a «macchia di leopardo», come ha spiegato Ugo Bardi, docente di chimica fisica all’Università di Firenze, «crescono i prezzi delle risorse, scendono i consumi, si distrugge la domanda».
«Ecco perché dobbiamo necessariamente pensare ad un sistema di approvvigionamento energetico alternativo alle risorse fossili, che sono già troppo care – ha detto la Seild -. Dobbiamo impostare il cambiamento nel sistema dei trasporti, produzioni agroalimentari ed edilizia, che sono le tre aree di impatto ambientale più rilevanti, e dare un taglio netto alla nostra dipendenza da energie non rinnovabili».
Le soluzioni spesso ci sono. Ricercatori ed esperti lanciano sì allarmi ormai da decenni, ma indicano anche strategie, in entrambi i casi voci inascoltate dal mondo politico. «I politici sono poco propensi all’innovazione – viene evidenziato durante i Colloqui – non vogliono il cambiamento perché senza idee, mentre serve un New Deal ambientale e sostenibile per la riqualificazione dei beni nell’ottica della conservazione e non del consumo».
Sintesi dei lavori svolti sul sito www.colloquidimartinafranca.it o sulla pagina facebook.