Il riscatto sociale, la terra ai contadini e, in seguito, l’industrializzazione, con l’abbandono delle campagne e l’inurbamento, furono un potente motore di sviluppo e rappresentano certamente un beneficio per la popolazione italiana. Anche il progetto di scolarizzazione, basato sui principi di Croce e Gentile, ebbe grande successo, nel dopoguerra, e l’analfabetismo fu debellato.
I costi di queste imprese, però, furono calcolati male.
Il costo della bonifica, per esempio, fu la distruzione delle zone umide, con un dissesto idrogeologico di scala nazionale. Oggi le poche zone umide rimaste, le paludi costiere, sono protette attraverso i parchi ma, paradossalmente, chi dovesse pensare di bonificarle sarebbe difficilmente perseguibile (se difeso da un buon avvocato) perché la bonifica è imposta dalla Costituzione e, quindi, sono in fallo gli amministratori che non distruggono questi ambienti. Altro che proteggerli!
I costi dell’industrializzazione sono sotto gli occhi di tutti. Il paese è devastato da impianti industriali che inquinano e deturpano l’ambiente, e persino il paesaggio. Il Bel Paese sta diventando sempre più brutto e, inoltre, l’inquinamento rende la vita difficile, con enormi costi sociali in termini di qualità della vita, per non parlare delle spese sanitarie.